fotoUltimo di una serie di saggi dedicati da Noemi Crain Merz alle donne dell’antifascismo e della fase costituente, appartenenti a Giustizia e Libertà (GL) e al Partito d’Azione, il testo indaga – sulla scorta di un dottorato di ricerca in storia contemporanea nell’Università di Lucerna e di una lunga ricerca negli Annali della Fondazione La Malfa – il loro essere donne tra gli uomini, avere per riferimento Mazzini e Croce, svolgere un determinato ruolo nel movimento.

Quale? E  quali il contesto e gli esiti?

Anticipando l’attenzione che le celebrazioni del Settantennio stanno dando alle donne impegnate nell’opposizione al fascismo, dai primordi, e nella Resistenza, tutte Madri della patria anche se solo in 21 Madri Costituenti.

Nell’occasione, ci uniamo al cordoglio per la scomparsa di Tina Anselmi, figura gigantesca, per onestà e competenza e coerenza nel panorama politico italiano, la prima delle Ministre, probabilmente la prima nostra Presidente della Repubblica se non avesse svolto con tanto coraggio e scrupolo e fedeltà ai valori costituzionali il suo compito nella Commissione sulla P2, opponendosi anche a una parte del suo partito, la Democrazia Cristiana.

L’A., in 11 capitoli, traccia un magistrale arazzo di vita pubblica e privata delle iscritte; riflette sul modello patriarcale sopravvivente nel fascismo e nell’antifascismo; evidenzia la lungimiranza, la perseveranza e la capacità di pensare/creare futuro delle gielliste ma anche le contraddizioni, lo scarto tra parola politica e azione politica. Tema quanto mai attuale.

I profili di alcune grandi donne dei due movimenti in esame, visti da un’angolazione diversa dal consueto, e inedita, rafforzano l’analisi dell’A. che dedica un capitolo a Barbara Allason e al suo salotto antifascista torinese definito «la più autentica versione in chiave post-risorgimentale del salotto della contessa Maffei». Diversamente da Giovanni Gentile che esaltava la continuità tra Risorgimento e Fascismo, Allason equiparò i/le giellist* cospiranti nelle sue stanze ai/alle patriot* risorgimentali e scrisse su Silvio Pellico una biografia romanzata (Mondadori, ’33).

Anche se Barbara Allason, in altro suo studio su Caroline Schlegel, «definisce la ‘contemplazione’ e non ‘l’attività’ la più alta manifestazione del suo sesso» svolse alcune missioni antifasciste molte pericolose nei primi anni Trenta, ma ciò che più le stava a cuore erano «le attività con le quali può esercitare un’influenza diretta sugli altri, sia per mezzo di conversazioni personali sia tramite la letteratura.»

In Allason si prefigurano le politiche, precedenti e successive, di mediazione, consulenza, suggerimento svolto da infaticabili donne in nome dei loro ideali ma anche le contraddizioni del del Movimento femminile di Giustizia e Libertà (MFGL), e del Partito d’Azione, proseguite nel dopoguerra, e ritenute dall’A. «le ragioni del loro fallimento», perciò acutamente e approfonditamente indagate.

«Essere donna l’ho sempre considerato un fatto positivo, un vantaggio, una sfida gioiosa e aggressiva. Qualcuno dice che le donne sono inferiori agli uomini, che non possono fare questo e quello? Ah sì? Vi faccio vedere io! Che cosa c’è da invidiare agli uomini? Tutto quello che fanno, lo posso fare anch’io. E in più so fare anche un figlio.» Lo disse Joyce Lussu in una «orgogliosa dichiarazione che rappresenta efficacemente l’entusiasmo e la consapevolezza di sé delle protagoniste di questo libro. Antifasciste, partigiane, combattive nel ritagliarsi uno spazio di partecipazione in un ambito, quello della politica, tradizionalmente riservato agli uomini.»

Uno spazio che si voleva chiudere una volta esaurita “la necessità” di riconoscere e avvalersi del  protagonismo femminile, nella generale cecità di quanto esso, sempre e ovunque, avesse segnato la grande e la micro storia.

Il conflittuale percorso di democratizzazione e parità tra i generi, nei due movimenti, era trasversale agli altri soggetti politici che mantennero assunti e gerarchie maschili anche se talvolta camuffati da benevolenza, vicinanza, amicalità.

L’A. descrive Ada Gobetti, partigiana torinese e Madre Costituente, entrata in Parlamento al posto della defunta Bastianina Musu, impegnata nel confronto con le forze tradizionaliste del suo partito che ostacolavano alle iscritte riconoscimenti e carriere. D’altronde, il successo delle Madri Costituenti nell’indirizzare i primi undici capitoli della Costituzione – ricordandole mentre, all’approvazione dell’art. 3, si tenevano tutte per mano – derivò in gran parte dalla caduta delle resistenze di chi, come loro, insieme a loro aveva rischiato la vita, sperimentato la prigione, la deportazione, il confino. Tuttavia, una cosa è la legge e altra la sua applicazione e l’A. esamina dettagliatamente i passaggi inerenti una parità non del tutto effettiva.

 

Si legge: «Il fatto che uomini e donne del Partito d’azione intendano in modo diverso la complementarietà contribuirà al fallimento politico delle donne. Poiché le azioniste insistono nell’affermare che i problemi delle donne e quelli degli uomini sono gli stessi, esse finiscono sulla difensiva. La parità presupporrebbe che gli uomini diventassero consapevoli delle  diverse condizioni di base di uomini e donne, nonché degli stereotipi sessuali radicati tanto profondamente in loro e nella società, ma ciò non avviene (…) Le azioniste per lungo tempo si erano sentite a loro agio in un ambiente concentrato sui valori comuni dell’uguaglianza e della giustizia, nel quale occorreva trattare separatamente i problemi delle donne: in questo modo, tuttavia, le donne si erano assoggettate e a lungo non se n’erano accorte, a una definizione maschile della loro identità di genere.»

Nel capitolo dedicato alla ‘Politica e ruoli di genere: il conservatorismo di un partito progressista’, l’A. riporta i timori, fondati, delle iscritte, blandite o richieste di pazientare in attesa del tempo ‘giusto’ per rivendicazioni neanche ugualmente intese.

«Il desiderio delle donne dei due movimenti di fare della ‘questione femminile’ un tema di rilievo per l’intera società collide con le strutture mentali patriarcali dei dirigenti del Partito d’Azione i quali considerano la politica delle donne al massimo come un’appendice, ma non come una parte importante dei problemi d’interesse comune» afferma l’A., e non sembra ci sia molta differenza dalle argomentazioni maschili post-unitarie nemmeno nel discorso di  Ferruccio Parri al I° Congresso nazionale dell’Unione Donne Italiane (Udi) in cui la ‘complementarietà tra i sessi’, per la quale anche le azioniste dell’Udi si erano battute, «viene interpretata nel senso che le donne, a causa della loro diversa ‘natura’ non dovrebbero avere alcun ruolo nel campo in cui sono attivi gli uomini.»

Alla trasversale aspirazione delle donne di raggiungere «un’unità armonica tra i due sessi, che si completano a vicenda a partire da un piano paritario» s’oppone quella degli uomini «che invece concepiscono la politica come dominio esclusivamente maschile e rafforzano il carattere asimmetrico delle relazioni di genere.»

L’A. riserva le ultime righe a una riflessione sul fatto che nel Partito d’Azione, portatore di una visione di società più giusta e paritaria, avessero trovato casa donne eccezionali ed emancipate «che vi si trovavano bene: che non riflettessero approfonditamente sul mondo androcentrico in cui si muovevano, senza sottoporlo a critiche sostanziali, dipendeva dall’interpretazione universalistica che esse davano del programma di partito e dal loro modo d’intendere la femminilità. Esse si sentivano ‘diverse’ e rimarcavano le differenze di genere, ma tali differenze ai loro occhi nulla avevano a che fare con la politica.» E ancora: «Al contrario dei loro compagni maschi, gli argomenti messi in campo a riguardo della parità avevano una base logica e razionale, esibendo caratteri ‘maschili’ che contavano più di ogni altro nel modo dei giellisti e azionisti di concepire l’impegno politico.»

S’accorsero troppo tardi della diversa, opposta interpretazione della complementarietà che «contribuirà al fallimento politico delle iscritte nel Partito d’Azione»

Alla ricchezza documentale e bibliografica, il testo rivela una grande capacità di comunicazione e di scrittura, perfettamente mantenuta dalla traduzione dal tedesco di Elisa Leonzio.

Un testo importante, esaustivo e divulgativo.

 

Noemi Crain Merz, L’illusione della parità. Donne e questione femminile in Giustizia e libertà e nel Partito d’Azione, Franco Angeli, 2013.