Pubblichiamo di seguito stralci dell’intervento di Lalla Trupia, deputata al Parlamento per il gruppo Sinistra democratica per il socialismo europeo, al seminario “La Nato nella geopolitica dell’era globale” (18 maggio, Casa internazionale delle donne di Roma), portando – all’interno della seconda sessione di lavoro “basi militari e accordi bilaterali” – la voce di “questo movimento difficile ma straordinario che sta vivendo una città qualsiasi del Nord-Est”.[…] Io credo sia urgente domandarsi oggi perché, a sessant’anni dalla fine della guerra e a quasi 20 anni dalla caduta del muro di Berlino, l’Italia, i nostri governanti, a differenza di altri paesi europei, come la Germania e la Spagna, non solo non dismettono le dislocazioni militari americane, ma le potenziano e le ampliano. Purtroppo, la sciagurata decisione di ampliare la base di Vicenza, raddoppiandola, è l’esempio più concreto.

Questa controtendenza dell’Italia, cioè fare le basi americane mentre gli altri le dismettono, ha caratterizzato il governo Berlusconi. Ma, purtroppo, non è stata smentita neanche dal governo Prodi, il mio governo e quello di molti di voi. Di volta in volta vengono accampate ragioni diverse. Si è parlato di cogenza, di accordi internazionali esistenti, fino a dire un’enormità in politica. Il presidente Prodi, che io appoggio e al quale darò sempre la fiducia, ha detto che è necessaria una continuità tra i governi rispetto agli impegni presi precedentemente in politica estera. A parte il fatto che, per quanto riguarda Vicenza, non era stato preso nessun impegno formale di carattere militare e internazionale, diciamo che è una continuità neanche dovuta. A me è venuto spontaneo chiedermi se il {{ritiro delle truppe dall’Iraq sia stato un errore di percorso o una scelta importante di discontinuità}}. Io penso sia stata una scelta importante e coraggiosa di discontinuità. Se si è fatta quella scelta più di fondo, perché non si è riusciti a fare una scelta su Vicenza?

Mi domando ancora, {{se è un punto strategico il rafforzamento dell’Europa, politica e anche della difesa europea}}, come uno dei possibili sbocchi, quale elemento antistrategico di {{contrappeso all’unilateralismo americano}} nel mondo, questo come farlo diventare un obiettivo concreto, in questo caso cogente per il governo di centro-sinistra. Se siamo amici, alleati degli Stati Uniti, bisogna esserlo tra stati sovrani e non tra stati dispari, dove c’è un padrone e un suddito.

Io ho ricordato questo per dire che {{le donne, che hanno fatto molte volte da apripista}}, avendo ragione, continuino e riprendano la parola su temi così decisivi, inizino non tanto a farsi sentire ma a pretendere di farsi classe dirigente in questo paese. Abbiamo cose importanti da fare: rivisitare gli accordi internazionali e anche i negoziati, a partire da quello della NATO; chiedere con coraggio al nostro governo che vengano desegretati alcuni accordi come è stato fatto in Spagna e in altri paesi, parlo degli accordi bilaterali del 1954.

Io sono curiosa di sapere non solo cosa c’era scritto ma anche sapere se questa seconda base a Vicenza fosse iscritta negli accordi bilaterali del ’54 come si è fatto credere. Ma non è così. Allora {{come hanno fatto altri paesi desegretiamo}}. Dobbiamo avere l’ambizione di chiederlo al nostro governo. Inoltre sarebbe importante e urgente dare trasparenza e riscoprire una forte autonomia politica.

Credo che tutte queste scelte, ivi compresa quella di Vicenza, nascono da un grande problema, da {{una patologia della politica italiana e delle sue classi dirigenti.}}
_ {{È la mancanza di autonomia}} dai tanti, troppi, poteri forti, che rende le classi dirigenti italiane, rispetto alle classi dirigenti dell’Europa, meno rinnovate, più insicure, più fragili, meno autorevoli, più subalterne. Credo che le donne siano una grande risorsa contro questa subalternità, perché rappresentano una risorsa del rinnovamento di classi dirigenti bloccate. Si faccia questa grande conferenza sulle servitù militari, presente nel programma dell’Unione, si decida la desegretazione – come dicevo – di accordi internazionali e militari vecchi di sessant’anni. Sento poi l’urgenza che circolino idee e cultura nuove.
_ {{Su Vicenza}} si è fatto appello a categorie culturali, a termini generalisti, per coprire ben altro. Sono quei termini di sottocultura come l’anticlericalismo, il laicismo, che se non sono indagati seriamente, diventano degli scudi dietro ai quali si rifugiano conformismo, subalternità e lontananza da chi si permetterebbe di rappresentare, o peggio, di catalogare. Si è detto su Vicenza che è un movimento antiamericano, estremista… ma vi pare possibile che una città tra le più bianche d’Italia, che continua ancora a dare la sua fiducia al centro-destra, che si è resa famosa, con mia sofferenza, manifestando e furoreggiando con Berlusconi contro la finanziaria, a voi sembra possibile che oggi questo movimento di popolo sia un movimento di antiamericani che sbraitano estremismi? Non è possibile.

Ma {{è accaduta una cosa enorme in quella comunità}}, perché quella città e quella comunità non sono più le stesse dopo questa decisione. Quella stessa comunità che aveva accolto negli anni ’50 con amicizia la prima base, oggi dice no in modo risoluto e verticale. Vicenza si sente beffata perché ha avuto un sindaco di Forza Italia e il governo Berlusconi che per tre anni hanno preso decisioni di nascosto, e non hanno voluto sentire col referendum i cittadini. Poi, da Bucarest, hanno subito un editto del governo Prodi. Ci sono dei simboli che fanno male. Dirlo da Bucarest, senza che nessuno – li aspettiamo ancora oggi – dei 104 sottosegretari e dei ministri abbia sentito l’esigenza di andare a vedere effettivamente dove è questa base, e perché i cittadini si ostinano a dir di no.

{{Vicenza diventa, secondo me, la parafrasi della distanza, della crisi della politica}}. La distanza tra chi governa il territorio, le comunità locali, i cittadini in carne ed ossa. […]

Io ed Elettra Deiana siamo tornate dagli Stati Uniti qualche giorno fa. Abbiamo scoperto che nessuno sapeva niente, ma quando sapevano, perché mostravamo le foto di dove viene costruita la base, dalle donne italo-americane, dal gruppo di parlamentari democratici, dai rappresentanti all’ONU, perfino i funzionari dell’Ambasciata, il console generale e anche l’ambasciatore dicevano: ma come? […]

{{Quella base è una insensatezza}}. […] È una città d’arte militarizzata, circondata. Per andare dove, visto che ci sarà una base in Bulgaria che diventerà più strategica verso il Medio oriente? I vicentini, che saranno stati moderati, di destra, hanno detto: a noi sembra diventi strategica verso l’Africa, verso l’Iran. Mette in discussione non solo le bellezze artistiche ma anche la sicurezza dei cittadini.

{{A me pare che un movimento di buon senso, che non si ferma}}, è un movimento che se non trova risposta può andare a finire nell’antipolitica o nell’estremismo pericoloso. Adesso, invece, è un movimento trasversale, di popolo e, non a caso, diretto dalle donne, che sono più radicali, hanno un’altra idea pratica del realismo. Il realismo non è dire: purtroppo non possiamo fare niente, e chinare il capo. Il realismo è sapere che cosa succede tra la gente nella vita quotidiana delle persone. Noi faremo tutte le azioni, le donne e anche le parlamentari, che non hanno ceduto. Continueremo la nostra battaglia. […]

Io {{chiedo a nome dei comitati dei cittadini, delle donne di aiutarci a non spegnere i riflettori su Vicenza}}. Vi propongo una trasferta per rifare una discussione come questa. È un movimento che sta cambiando la geopolitica di quella terra .[…]

Io non ho perso la fiducia, credo che sia giusto essere esigenti col nostro governo. Io lo sono. Il governo Prodi non può essere un governo che ha avuto paura dell’ambasciatore Spogli, che ha detto bugie, perché ha detto che questa base era stata già finanziata.
_ Ma, negli Stati Uniti, a noi hanno detto che non è ancora vero. Si può, quindi, dire di no, e si può dirlo restando amici degli americani ma dimostrando di essere una nuova classe dirigente. Una classe dirigente che ha la schiena dritta, ama la sovranità nazionale, rimane alleata degli americani, ma che non è suddita e subalterna, perché così si vince, sennò si diventa più deboli.