Roma, 4 marzo 2014. L’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria con le parlamentari Roberta Agostini, Monica Cirinnà, Dorina Bianchi e Titti Di Salvo hanno convocato una conferenza stampa poco prima dell’inizio dei lavori alla Camera dove si inizierà a discutere in aula la legge elettorale. Tutte le intervenute hanno manifestato {{una triste consapevolezza:}} anche questa volta l’arroganza maschile la farà da padrona. La strada si presenta tutta in salita.

{{Tre gli emendamenti presentati}} per modificare in senso paritario il testo della legge. Gli emendamenti portano le firme di tutte le parlamentari ad accezione delle elette con Fratelli d’Italia e 5 Stelle. Molte anche quelle di deputati e senatori convinti dell’importanza di una democrazia paritaria.

Il testo di questa nuova legge elettorale non prevede né il 50 e 50 a capolista, né la presenza nelle liste di un uomo e una donna alternati (la proposta è due uno – due uno) né la sicurezza che al Parlamento siederanno donne e uomini secondo le regole civili di una democrazia paritaria.

Alla domanda, fatta al Presidente del Consiglio, affinché questi emendamenti venissero accettati c’é stata una risposta non elusiva: {{ il testo sarà modificato solo se gli emendamenti saranno votati a maggioranza in aula}}.

Da qui la richiesta -della parlamentari e di tutte le associazioni che fanno parte dell’Accordo- di chiedere {{il voto palese}}. Una richiesta che, se accolta, spiazzerà non poco. Le previsioni sono tutte contrarie.

Solo con il voto palese si può sperare di avere una legge che garantisca la democrazia paritaria. Sarebbe, infatti, difficile anche per il parlamentare più cinico, sostenere il proprio voto negativo mettendoci la faccia.

Ma sappiamo che molti parlamentari eletti da una legge incostituzionale non sono così inclini a modifiche democratiche e partecipative.