“Ragazze pronte a tutto, sorelle costrette alla ragione sino a morirne…perchè parlare sia generoso come baciare, per dare alle donne la forma delle carezze che avevano immaginato, dare il mio bene, dare il mio diritto” parafransando Paul Eluard.Pochi versi per introdurre il cammino di una lunga battaglia delle donne per il rispetto di una loro scelta.Ventisei anni sono trascorsi da quel lontano 18 maggio 1978 in cui diveniva legge dello stato l’aborto, meglio conosciuta come legge 194. Da quel giorno, mentre si sanciva a livello legale un diritto e si depenalizzava l’aborto, continuava contro le donne e gli operatori sanitari una vera e propria crociata mai interrotta dei prodi
Anselmi, lancia in resta, da parte degli integralisti cattolici, di destra e di sinistra, in nome di una difesa della vita che ha sempre ucciso i più elementari bisogni della vita stessa e la libertà di scelta delle persone e in primo luogo delle donne, la loro autodeterminazione..

{{Autodeterminazione}} che è far uscire il bisogno di maternità dal cerchio di un destino inamovibile per farlo entrare in quello di una scelta consapevole, non imposta ma voluta. Abortire e partorire quindi come diritti di libera scelta della donna non obbligo o destino.{{Lottare per l’aborto}} era ed è adesso come anni fa lottare per la riappropriazione del proprio corpo e della propria vita da parte delle donne, per il loro rispetto com persone e come donne, per il rispetto di una scelta anche nelle relazioni amorose e sessuali.

Sappiamo che sostenere una legge non significa quasi mai applicare giustizia ma occorre{{ fare in modo che l’obiezione di coscienza non sia una posizione di comodo o di boicottaggio}}, dobbiamo lottare per non difenderla perchè di fatto ferma un servizio pubblico alle donne, ricacciandole negli studi privati di medici e “falsi non obiettori”.

Quando una società non si accorge di ‘sentinelle’ in piedi o sedute e di ‘milizie’ in difesa di una presunta e ipocrita morale è ora di ripensare e valutare bene i rischi che si possono correre a sottovalutare l’invasività del fondamentalismo nello spazio pubblico e privato.

Ora negli ospedali dove l’aborto dovrebbe sempre venir praticato si fa un uso politico della coscienza individuale anche da parte di alcuni non obiettori, lasciando che siano le minoranze oltranziste e le strane maggioranze ad appropriarsi di etica o bioetica, di sessualità e relazioni tra i generi.

La Spagna ci insegna che alcuni diritti sono fragili, e mai conquistati del tutto.Ecco perchè non possiamo accettare che medici non obiettori che hanno espresso la loro
posizione su vari giornali, sul “Manifesto” ed altri organi di informazione antepongano diritti di categoria e di ordine professionale, fatica e turni massacranti per i pochi non
obiettori che vivono una condizione inaccettabile, costretti a fare solo aborti in ospedali, problemi di malasanita e disorganizzazione alla difesa di un diritto di scelta
delle donne.

Invitiamo i medici tutti e non obiettori a {{lottare per i consultori,}} in gran parte chiusi, a bloccare negli ospedali contro passaggi di carriera per gli obiettori, a {{non creare “ghetti” nelle strutture pubbliche}} per le donne che vogliono abortire, a lottare per {{avere più medici ed operatori sanitari}}, a lottare per {{una educazione e formazione alla diversità e di genere }} nelle scuole di ogni ordine e grado, a lottare {{contro l’obiezione di coscienza per non far “abortire” la legge 194.
}}

Gina Di Francesco, Associazione Eulalia donneinparola (AFFI)