La fotografa Francesca Chiacchio – Nata a Napoli nel 1970, ha iniziato a scattare e sviluppare foto mentre studiava architettura. Nel 1999, dopo la laurea, ha frequentato un corso di fotografia presso Nigma Fotografi (Napoli) e ha preso parte a due mostre collettive. Dal 2000 al 2008 ha vissuto a New York lavorando come architetto. Si è trasferita a Napoli alla fine del 2008. Nel 2015 si è avvicinata a Street Photography e ne è diventata davvero appassionata. Ha partecipato a diversi workshop di fotografia in Italia e in Germania. Nel 2017 ha avuto la sua prima mostra personale a Parigi e nel 2018 ha avuto la sua prima pubblicazione.

SCHEGGE DI STRADA: mura, mani, cappelli; ombre, vetri, mattoni. Materia e respiri.

Materia urbana, quello che è al centro delle visioni di strada di Francesca Chiacchio, ma non in senso metaforico: peculiare è infatti il modo in cui, nella ricerca della fotografa, oggetti concreti e particolari – normalmente inavvertiti nello scorrere del flow e dei passi quotidiani – si solidifichino, letteralmente, in attributi caratterizzanti atmosfere e personaggi. Unicorni gonfiabili, cappelli glam, righe di tessuto, reticoli di metallo, pali, segnali, carrozzini, pettinature, hijab: tutta la materia di cui commercio, moda, miti e riti della modernità hanno sommerso le strade infinite, reali e simboliche, dell’interfacciarsi umano diviene appiglio, pretesto, osservatorio per svelare ciò che al termine del percorso è il vero interesse degli scatti: la verità e la natura umana, nella sua variegata possibilità. In ultima analisi, il suo inarrestato respiro.

Non semplici abitanti di uno scenario a loro estraneo, ma veri e propri protagonisti di un ambiente che senza di essi rischia di perdere ogni senso, i ragazzi e bambini, anziani e adulti di Francesca non a caso divengono un tutt’uno, nelle prospettive appiattite delle immagini, col contesto: le loro ombre estremizzate o silhouettes e i colori vividi di cielo, pareti, manifesti si intarsiano e combaciano sullo stesso piano prospettico, senza gerarchie di importanza, come preziose schegge policrome di un unico disegno in perpetuo rinnovamento urbano.” (Diana Gianquitto)

Kromìa inoltre proroga SOLILOQUIO, mostra personale della fotografa cubana Ana Gloria Salvia, che resterà visitabile fino al 16 febbraio.

Ana Gloria Salva – Nace neòm1973 Holguín, Cuba – Regista di un gruppo di teatro nella sua città natale, si trasferisce nel 1994 in Austria e poi a Parigi dove, nel 2008, conclude i suoi studi con un Master in Lingua, Letteratura e Civililtà Romanza alla Sorbona. Già dal 1998 dà i suoi primi passi nella fotografia che diventerà in seguito la sua professione. Attualmente vive e lavora fra Parigi ed Il Cilento.

Dal testo critico di Diana Gianquitto (curatrice della mostra, con la direzione artistica di Donatella Saccani): «Un alfabeto argenteo, una tavola magica, note musicali, uno spartito cadenzato in architettura e bellezza. I segni sinergici di Ana Gloria Salvia ci interrogano, e solo a un secondo sguardo rivelano l’origine vegetale della loro natura. (…) C’è una telepatia sottile tra semi, petali, foglie delle piante rappresentate. E siamo tirati dentro anche noi, in quelle sottili corrispondenze o contrappunti di segni, tra i quali siamo quasi chiamati a immaginare il nostro posto. È qualcosa di più della semplice sinergia o empatia, e che partecipa della stessa forza con cui, intrinsecamente ma misteriosamente, le particelle costitutive dell’Universo si aggregavano e attraevano nell’atomismo greco. Di più, è un’armonia matematica intesa come vera e propria archè o materia e legge primigenia del mondo, regola musicale pitagorica, forza dinamica vivente di una natura ilozoista che ha per sé e in se stessa scintilla generatrice, movimento e anima (…) Che, col diapason dell’anima in ascolto di sincronicità post-junghiane dell’autrice, ritrova nell’infinito magma dei casi della vita il suo senso. E anche voi, se qui vi ritrovate ad accordare occhi, percezioni e cuore sul suo alfabeto visivo, sarete stati qui portati, a leggere e osservare, da quell’imperscrutabile e infallibile armonia universale per cui, come nota Ana Gloria Salvia, azar, che in spagnolo vuol dire caso, in persiano si colora della musicalissima timbrica dell’accento di azâr, ed è legato al numero nove. Secondo l’antichissima sapienza numerologica pitagorica, il numero dell’amore universale, che di certo è alla base di ogni incontro».

 Spazio Kromìa (Napoli, via Diodato Lioy 11 – piazza Monteoliveto)