Diversi i film e i documentari presentati a Locarno che affrontano tematiche sociali e politiche di casa nostra, ossia dell’emisfero nord-occidentale del pianeta.

Tra i film un grosso successo di pubblico ha ottenuto, meritatamente, e non solo perché giocava in casa, il film Die gottliche Ordnung (L’ordine divino) della regista svizzera Petra Volpe, che racconta attraverso la storia di Nora, giovane casalinga di un piccolo villaggio, la lotta delle donne svizzere per il diritto di voto, ottenuto a livello federale solo nel 1971. (Ma sarà necessario aspettare il 1990 perché tali diritti vengano estesi anche alle elezioni locali e cantonali in ogni angolo della Confederazione Elvetica). Un film impegnato ma leggero, divertente ma di denuncia. Un titolo fortemente evocativo di un sistema  fondato su regole immodificabili e garantite da tradizioni secolari e “santificate”.

Did You Wonder Who Fired the Gun?  (Vi siete chiesti chi ha sparato?) di Travis Wilkerson, regista e produttore indipendente statunitense, racconta il tentativo del regista stesso di definire una volta per tutte le responsabilità del bisnonno nell’omicidio di un nero avvenuto in Alabama nel 1946. Una vicenda autobiografica vera, utilizzata per ripercorrere le storie e la cultura razzista radicate nel sud degli Stati Uniti e purtroppo riemersa agli orrori delle cronache in questi giorni con le azioni dei suprematisti bianchi e l’accondiscendenza o comunque la mancata netta denuncia delle loro azioni da parte del presidente Trump. Un film diventato quindi di estrema attualità, probabilmente oltre le stesse intenzioni del regista. Un’opportunità per ricordare alcuni dei passaggi fondamentali della lotta di liberazione razziale negli USA, anche se il racconto procede non sempre in modo fluido e la pellicola spesso risulta incerta e statica nella narrazione.

L’incessante ricerca dell’identità –  La difficoltà dei giovani, in particolare maschi, nel trovare un loro posto nella nostra società occidentale è stato uno dei temi ricorrenti in diversi film in varie sezioni  del Festival.

Il passaggio verso l’assunzione di una responsabilità genitoriale con l’abbandono dell’adolescenza  prolungata, caratteristica della nostra società,  è rappresentato come uno dei momenti più critici, nel quale  ansie e paure d’inadeguatezza spingono verso scelte gravide di conseguenze per sé e per la propria famiglia. E’ la difficoltà a crescere in una realtà che non offre più solidi modelli di riferimento e nella quale non emergono modelli alternativi collettivamente condivisi; ognuno è solo di fronte alla vita – la propria e quella in arrivo. Una solitudine esistenziale che caratterizza il protagonista di Goliath, del regista svizzero Domink Locher, che nel mito del corpo, della forza e quindi degli anabolizzanti cerca una soluzione che non trova dentro di sé.

Matej, il protagonista di Druzina (The Family) del regista sloveno Rok Bicek, vive da tempo una situazione di disagio psicologico con la quale riesce a convivere più o meno bene a tempi alternati, ma la situazione si complica con la paternità. In questo caso è presente una rete sociale istituzionale con la quale il ragazzo deve imparare a entrare in contatto, rispettando i limiti delle competenze di ogni servizio.

Due film costruiti molto bene, percorsi da una vena drammatica capace di non diventare mai opprimente, con una narrazione intensa che coinvolge lo spettatore.

Sull’adolescenza e la ricerca di un’identità sessuale si sofferma Beach Rats, produzione statunitense con la regia di Eliza Hittman, che ben alterna lo studio introspettivo sulle emozioni del protagonista con un’accurata descrizione del ruolo sempre determinante del gruppo di pari. Particolarità che potrebbe stimolare qualche riflessione: anche in questa pellicola, come in quelle precedenti, la crisi adolescenziale/giovanile è tutta al maschile, mentre le figure delle coetanee appaiono, in tutti e tre i film, come personalità solide, decise, sicure delle proprie scelte, con un futuro davanti a sé.

Se la crisi adolescenziale a Locarno è maschile, non c’è dubbio che quella di mezza età sia femminile; più che una  crisi è l’antica e sempre attuale ricerca di un equilibrio tra il rispetto dei propri sentimenti e della propria e altrui libertà. Temi al centro di due bei film, che certamente arriveranno presto nelle nostre sale: Freiheit (Libertà), produzione tedesca del regista Jan Speckembach e Amori che non sanno stare al mondo, un film di Francesca Comencini, dove il punto di osservazione è tutto al femminile.