Sarà perché sono cattolica, ma non mi sento esaltata dalla misericordia del Papa nei confronti della pratica abortiva. L’aborto è uno dei peccati gravissimi che ha bisogno di un’autorità superiore per essere assolto, ma da sempre solo i preti integralisti (o misogini) negano l’assoluzione alla donna che si confessa pentita. Papa Francesco infatti cerca anche clamorosamente di rieducare anche i cattolici alla dottrina “autentica”: la misericordia rilanciata da un intero anno “santo” (speriamo che se ne accorgano gli ungheresi la cui xenofobia è più grave di un aborto) è semplicemente la norma per chi è cristiano.
Tuttavia il Papa (e tutti i commentatori della sua presa di posizione) non si rende conto della solitudine in cui lascia la donna. Con lei sono perdonati i medici e gli infermieri, ma non c’è menzione di quello che il can 1398 chiama “il mandante”, espressione che non lascia capire se riferito a un padre che caccia di casa la minorenne incinta oppure il partner. Come quando il rappresentante del Vaticano nega il voto alle delibere internazionali sui “diritti riproduttivi”, anche il Papa sostanzialmente conferma che l’uomo è autorizzato all’irresponsabilità procreativa.
Se Francesco avesse voluto innovare davvero, avrebbe tolto il divieto alla contraccezione abrogando l’Humanae Vitae di Paolo VI che cinquant’anni fa deluse i vescovi del Concilio. E avrebbe non solo autorizzato, ma vivamente consigliato alle famiglie laiche e cattoliche e alle scuole l’educazione sessuale, eventualmente chiarendo che non si tratta di conoscere la fisiologia del corpo umano o la biologia compreso il moralista che spiega che “la vita inizia dal concepimento” e che “l’embrione è una persona”.
E’ necessario educare alla responsabilità nell’uso del corpo che non è così separato dallo spirito se riguarda la vita e la sua trasmissione. Educare in particolare i maschi, che sfuggono alla radice del problema e sono implicitamente autorizzati a sentirsi irresponsabili (anche se cattolici) quando la ragazza o la moglie dice di essere incinta. Se il numero maggiore degli aborti riguarda le coniugate, qualcuno deve spiegare che razza di matrimonio sia quello in cui i due non decidono insieme se lei vuole o non vuole una maternità. E se lei dice no, il valore normale della parola libertà comporta che il rapporto non sia procreativo e, se il maschio cattolico è osservante, mantiene la castità. L’indulgenza della donna educata all’accettazione senza riserve delle ineducate pulsioni maschili impone di scegliere di avere un figlio in più (che forse non potrà andare all’università perché i soldi non bastano) o un aborto. Che pagherà sempre lei, nella carne viva e nel tormento interiore che non coincide quasi mmai con il pentimento.
Possibile che i carichi umani siamo sempre a carico delle donne?