Mi sembra che al primo punto in agenda ci sia la questione dell’efficacia, e
su questo aspetto credo che sia necessario partire da una sorta di A, B, C della
comunicazione e della strategia politica.”Punto G: Genere
e Globalizzazione”, che si è tenuto a Genova dal 25 al 26 giugno il meeting internazionale è stata un’esperienza energizzante soprattutto per il vivace scambio generazionale
che ha caratterizzato il dibattito; interessanti in questo senso gli interventi di
Eleonora Cirant, Susanna Camusso e Dacia Maraini.

La presenza di giovani donne e di
femministe di antica data ha consentito di mescolare esperienze e di sperimentare
nuovi percorsi. Produzione e riproduzione, lavoro e maternità, da sempre al centro
del dibattito, si sono incrociati con i temi del rispetto dell’ambiente e della
convivenza civile.

A 10 anni dal Genova Social Forum e dal Punto G del 2001 che
raccolse 1000 donne, 140 gruppi femministi nazionali ed internazionali, a rileggere
i documenti e le elaborazioni prodotte allora si raccolgono indicazioni ancora
preziose e profetiche: per l’allargamento del fenomeno sessista e razzista, per la
riduzione complessiva delle libertà, per l’inquinamento del pianeta.

E proprio su quest’ultimo aspetto si sono concentrati i lavori del laboratorio: la
terra siamo noi. Tema affascinante, scelto da Monica Lanfranco e dalle sue amiche
per uno dei laboratori del meeting.

La terra siamo noi sintetizza in maniera molto efficace un percorso millenario
avviato dalle donne già dal Paleolitico e che arriva fino ai giorni nostri. _ Di
questo lunghissimo percorso, nel tempo, si sono cancellate le tracce; la cultura
patriarcale, in questo senso, è stata molto pervasiva e devastante, quasi quanto il
fondamentalismo cattolico che ha provveduto a sbiancare le madonne nere e a coprire
i seni nudi delle grandi madri, a dimagrire progressivamente i fianchi larghi della
madre terra, fino a farla diventare minuta e vestita da suora.

Queste due culture come le lame affilate di una stessa forbice hanno provveduto nei
secoli, nei millenni a tagliare, rimuovere il culto della madre terra, e con essa
hanno rimosso i valori di speranza e trasformazione, di pace e rigenerazione, di
accoglienza e compassione.

Ma nonostante questo lavoro costante e sistematico di cancellazione, è possibile
rinvenire qua e là tracce, reperti archeologici significativi.

In Puglia vicino ad Ostuni è possibile visitare, prenotandosi, la grotta di S. Maria
di Agnano dove, accanto ai resti di una giovane madre in attesa di epoca
paleolitica, possiamo ammirare un dipinto del ‘700 di una Madonna con bambino.

Questa grotta spiega quasi didatticamente la trasformazione del culto millenario
della dea-madre nella venerazione della madonna.

E’ possibile trovare tracce, se solo lo desideriamo e abbiamo occhi per vedere,
rinvenire reperti, documenti, esperienze di vita quotidiana che testimoniano la
persistenza del culto della madre terra, e di un particolare modo di concepire la
propria esistenza e il proprio posizionamento nel mondo, dell’ io e del noi sulla
terra nella continua ricerca di armonia con i suoi elementi e con i suoi abitanti.

E’ possibile osservare tracce archeologiche e testimonianze quotidiane della
persistenza del culto della madre terra in tutto il mondo. Esistono studi
multidisciplinari ormai accreditati in ambito accademico (dal genetista Luca Cavalli
Sforza a Marija Gimbutas, da Heide Göttner-Abendroth a Lucia Chiavola Birnbaum),
sono tante, inoltre, le esperienze di movimento che si richiamano al rispetto della
terra madre; entrambi i percorsi sono rintracciabili, se solo abbiamo la curiosità
di approfondire questo tema che è una sorta di motivo di fondo che accompagna da
sempre la nostra esistenza.

Allora scopriamo che c’è qualcosa di profondo, direi quasi di ancestrale, che
risveglia le coscienze intorpidite da un quotidiano che nega sistematicamente i
diritti, i doveri, che ci mostra un mondo in cui i più furbi hanno la meglio e
l’intelligenza profonda viene messa ai margini.

Uno dei video realizzati per il
Punto G ci mostra che la crisi economica in atto era stata ampiamente prevista, i
segnali dal mondo erano già piuttosto evidenti dieci anni fa ma non c’erano occhi
per vedere, orecchie per sentire.

Ma c’è qualcosa che ad un certo punto squarcia il velo di bugie, che rimette insieme
i pezzi di una realtà distorta, che fa decidere a Lorella Zanardo di girare il
video sul corpo delle donne, che fa esultare Alex Zanotelli per la vittoria dei sì
per l’acqua, e affermare che è la terra che ha vinto .. è la madre!

Quando i veleni, sia quelli che inquinano la terra e le acque, sia quelli
quotidiani che inquinano la democrazia raggiungono livelli di non ritorno, accade
che il 13 febbraio si scenda tutte-i in piazza per la DIGNITA’ delle donne, tutti
insieme più di un milione di persone per strada donne, uomini, anziani, bambini.

Accade che in Calabria si raccolgano migliaia di firme per fare luce sulle navi dei
veleni della ‘ndrangheta e degli affaristi senza scrupoli del nord.

Quando i calabresi hanno avuto la consapevolezza che veniva messa in discussione
l’esistenza stessa, la vita dei loro figli e dei loro futuri nipoti non ci sono
stati tavolini e braccia sufficienti per raccogliere le firme e l’indignazione
delle persone. E’ così che i referendum diventano incredibilmente chiari a tutti e
consentono il raggiungimento del quorum . cosa che non avveniva da anni. L’acqua,
le centrali nucleari, il legittimo impedimento potevano diventare punti di non
ritorno, ma non è stato così.

E’ la terra, la madre terra rigeneratrice che è dentro di ciascuno di noi che ci
chiama, che ci fa dire ora BASTA, che ci fa dire SE NON ORA QUANDO? che ci fa
prendere treni, auto con il caldo e che ci ha portate ancora a Genova, donne del
sud, dell’area mediterranea, del nord, tutte insieme.

Dieci anni fa mentre erano in atto i preparativi per il Genova Social Forum, mi
stavo organizzando anch’io per partire, ero al quinto mese di gravidanza e mi
sentivo in gran forma, ma ad un certo punto dal tenore dei messaggi che giravano
sulla rete ho capito che non sarebbe stata una passeggiata e neppure una festa ed ho
deciso di non partecipare, proteggendo mia figlia Gaia che placidamente cresceva e
prendeva forma. Sono però ritornata lo scorso anno con lei nel febbraio 2010 per una
iniziativa sull’eco femminismo organizzata da Monica Lanfranco e dalla rivista
Marea, un trimestrale di attualità e riflessioni, critica e informazione per dire
lo stare al mondo delle donne.

E proprio pensando alle maree che oggi mi sento di dire che dobbiamo evitare
le risacche, dobbiamo porci il problema di come facciamo a trasmettere i nostri
saperi, a mettere in campo politiche efficaci per far cambiare realmente il vento e
spazzare via gonnelline leziose su gambette incerte.

Abbiamo elaborato negli ultimi
quarant’anni saperi di genere sofisticatissimi, abbiamo istituito Centri di Women’s
studies nelle università, Torino e l’Università della Calabria sono state tra le
prime, abbiamo creato centri di documentazione autorevoli, realizzato strumenti di
comunicazione, utilizzato tecnologie dell’informazione .

Ma in che modo abbiamo cambiato le nostre vite e quelle delle nostre figlie, delle
nostre compagne di viaggio?

Allora mi sembra che al primo punto in agenda ci sia la questione dell’efficacia, e
su questo aspetto credo che sia necessario partire da una sorta di A, B, C della
comunicazione e della strategia politica.

Come facciamo per fare in modo che le ragazze più preparate dei loro compagni
abbiano pari e dignitose opportunità di lavoro, come facciamo per evitare
discriminazioni?

Come facciamo a trasmettere i nostri saperi alle bambine, ai bambini, alle ragazze
ed ai ragazzi?

Come facciamo a progettare moduli specifici per le scuole? Poiché uno dei nodi è
proprio l’efficacia della trasmissione dei saperi ed abbiamo la consapevolezza che
su questo terreno, in passato, i nostri femminismi hanno fallito.

Come facciamo per proporre bilanci partecipati e di genere alle amministrazioni
pubbliche? E come controlliamo che siano realmente partecipati?

Come facciamo a vivere in armonia con la terra e i suoi abitanti?

I punti di non ritorno sono stati superati, l’indignazione si è resa palese, è tempo
di evitare le risacche, sempre in agguato, e procedere spedite.

Mi rendo conto che in poche righe è difficile tenere insieme tanti temi, ma c’è
bisogno di esercizi di equilibrismo per tenerci tutte insieme nelle nostre
differenze culturali, generazionali. Siamo confortate da studi e ricerche compiute
negli anni da donne autorevoli e da esperienze di vita quotidiana di movimento. E
come sempre intrecciare teorie e pratiche politiche può servirci per avere
indicazioni sulla rotta.

Quello che non ci serve è un banale spiritualismo fai da te.