Bene ha fatto la CGIL ad avere un rigurgito di dignità, e analogo rigurgito dovrebbero dimostrare le forze politiche nel Parlamento…
Ciò che più mi indigna- oggi mi è apparso con estrema chiarezza- è la considerazione dei lavoratori come merce. E’ questo uno slogan che abbiamo ripetuto tante volta nelle strade attraversate dalle nostre manifestazioni, ma oggi mi appare con un’evidenza nuova, lucida e dolorosa .

Non si pensa che un lavoratore/trice “desideri” lavorare nell’azienda in cui sta prestando quotidianamente il proprio tempo, la propria abilità, con la speranza che il suo lavoro consegua fini utili per il benessere della collettività.

Ciò che viene ripetutamente predicato da questo governo, “che non bisogna stare attaccati al prorio posto di lavoro, che bisogna essere flessibili etc.etc.,” oggi mi appare in tutta la sua crudeltà: non si tiene conto dell’aspetto umano del lavoratore, della soddisfazione che dal proprio apporto lavorativo il lavoratore può estrarre, nella stessa misura-e forse ancora più- dell’apparato della dirigenza….. I rapporti umani che si instaurano quotidianamente nella contiguità dell’operare…

Tutto questo è contenuto nello slogan ” il lavoratore non è merce “, ma gli slogan si ripetono spesso senza troppo rifletterci sopra. Ciò che sta accadendo in queste ore ci sollecita a una riflessione profonda.

Chi oserebbe dire a un accademico: vai, l’Università è in crisi , cercati un altro posto? E’ questa la grande discriminazione sociale. {{Al lavoratore puoi dire a cuor leggero “trovati un altro posto”.}}

Questo, a prescindere dal fatto che il posto non c’è…pensi che con un pugno di euro puoi risarcirlo della sua “funzione”, del suo ruolo, pensate, voi, Governo, Presidente della Repubblica, che per lui , umanità senza pretese, un posto valga l’altro… Tu, azienda, puoi anche essere ritenuta truffatrice ( avere gabellato per reale una supposta crisi finanziaria; avere gabellato per comportamento indisciplinare un comportamento non ritenuto tale dal giudice), ebbene, quel lavoratore, puoi non più reintegrarlo nel suo posto di lavoro, {{perso per sempre senza giusta causa}}.