La conferenza stampa del 9 luglio nella Casa internazionale delle donne, indetta dall’omonima Aps, ha fatto il punto sulla trattativa con il Comune in merito al rinnovo della gestione e al Bando “Estate Romana 2019”.

Due temi esemplari per capire quale sia il vero sentire, l’intendimento, la decisione della Sindaca Virginia Raggi che, negli ultimi mesi di una lunga trattativa, fortemente richiesta e sostenuta dalla Casa, alterna parole rassicuranti a un silenzio formale, mentre dai suoi Dipartimenti arrivano atti altrettanto contradditori e pericolosi. Situazione ben descritta nel Comunicato Stampa e ribadita nell’affollata sala Simonetta Tosi.

Francesca Koch, Presidente dell’Aps Casa Internazionale delle donne, dopo i sentiti ringraziamenti a giornaliste/i, alle presenze istituzionali e al molto associazionismo che, dentro e fuori la Casa, soffre le medesime tattiche comunicative della Sindaca, ha ribadito la volontà e la necessità di porre fine alla trattativa “per dare certezze, per dare futuro alla Casa”. Ha posto con chiarezza la questione di una urgente risposta, che è politica e che è amministrativa, entrambe dipendenti dalla Sindaca, in merito alla proposta di transazione.  Su questo argomento, la Presidente ha letto la lettera del 26 febbraio (prot. 4/19) in cui Virginia Raggi apprezza “lo sforzo da Voi compiuto per raccogliere fondi e risorse che Vi consentissero di formulare una proposta di transazione. La campagna che ha mobilitato cittadini e coscienze, a cui molti hanno aderito, è un segnale di vitalità molto rilevante per l’intera nostra Città, non solo per il movimento che rappresentate.” Nella frase successiva, il rimando della proposta della Casa agli Uffici del Dipartimento Patrimonio per una valutazione conclusiva, “a breve, tale che possa indurci a una giusta e corretta decisione.”

Il “breve” si è prolungato per mesi e a oggi non c’è. “Non essere soggetti degni di risposta, essere invisibili, è offensivo” ha detto Francesca Koch “la Casa vuole la trattativa ma è una realtà che deve poter agire pienamente nell’oggi e nel futuro.” Ha poi parlato della raccolta fondi e della solidarietà internazionale, dando lettura di una commovente testimonianza, colma di gratitudine verso la Casa e d’impegno nelle politiche di liberazione e di aiuto alle donne, appena giunta dal Guatemala (pubblicata a seguire).

A sua volta Loretta Bondi (Direttivo Aps) ha arricchito il tema della solidarietà e della stima internazionale, esemplificando alcune richieste, anche istituzionali, giunte dall’estero (es. Norvegia), per aprire Case sul modello di quella alla Lungara (es. Norvegia): “La Casa dovrebbe essere il gioiello di questa città, il Comune andarne fiero, aiutarla”.

Durante la conferenza sono stati esibiti carteggi con alcuni Dipartimenti, anch’essi fonte di preoccupazione per le tante contraddizioni e la tangibile incomunicabilità.

Esempio, il Dipartimento Patrimonio e Politiche abitative, diretto da Aldo Barletta, invia in data 8 marzo 2019, una richiesta urgentissima d’intervento, all’Aps, per risanare l’infiltrazione d’acqua da locali della Casa ubicati sopra la chiesa (ndr. sconsacrata), nella parte seicentesca del complesso dell’ex Buon Pastore. A rischio gli affreschi del soffitto. Al proposito, Giulia Rodano (Direttivo Aps), dopo aver assicurato che i lavori verranno eseguiti, ha sottolineato come il Dipartimento in quella occasione ritenga l’Aps curatrice del bene in gestione, per negarlo, poco tempo dopo, in merito alle manifestazioni estive de “La Casa (s) piazza” che avrebbero dovute essere finanziate da 28.000,00 euro, come da Bando, vinto, del Dipartimento Attività Culturali.

La vicenda è esemplare: il 17 giugno c. a., giunge all’Aps, vincitore del Bando, la lettera firmata da Tommaso Angelini con in oggetto: la Commissione Comunale di Vigilanza Locali Pubblico Spettacolo. Insieme all’elenco dei vincitori (pubblicato a seguire), il Dipartimento Attività Culturali trasmette copia del verbale (n. 152, prot. QD17927 del 13/06/2019). Lo stesso Dipartimento, il 28 del mese, invia altra lettera, firmata da Rita Pelosi (Direttore di Direzione), che “archivia l’istanza di autorizzazione temporanea per effettuare trattenimenti danzanti, concerti, spettacoli musicali rappresentazioni cinematografiche e videoproiezioni nell’ambito della manifestazione “La Casa (s)piazza”. Nello scritto, la notizia che a Rita Pelosi “è stata trasmessa la determinazione dirigenziale rep. QC/709/2018, prot. QC20899 del 12/07/2018 avente per oggetto: revoca della concessione a favore del Consorzio Casa Internazionale delle Donne di porzioni immobiliari all’interna del complesso denominato Buon Pastore sito in Roma, Via della Lungara n. 19”. Come è noto, la Casa è ricorsa al Tar.

Cosa è accaduto in pochi giorni? “Cosa significa archiviato, parola che non ha senso in questo contesto” chiede Giulia Rodano; a sua volta, Marina del Vecchio (Direttivo) sottolinea gli effetti della “archiviazione” che non permetterebbe più nulla, fermerebbe la Casa che invece resta e resterà aperta: “serve al più presto l’autorizzazione al pubblico spettacolo per evitare situazioni pericolose.”

Anche Maura Cossutta (Direttivo) ha ringraziato chi, con generosità ed alto livello di partecipazione, ha confermato la sua presenza nelle manifestazioni estive della Casa, ben sapendo che la somma prevista non ci sarà.

Tra loro, Miki Nicolai che, sull’onda della precedente affermazione di “disobbedienza” fatta da Maria Brighi, si è dichiarata “disobbediente” – lo sono sempre stata, ha detto – ha parlato di “gioco delle tre carte” nel trattare, il Comune, nella sfera amministrativa e politica, ed ha aggiunto qualcosa.

Sedeva in seconda fila Lorenza Fruci, da tre giorni nella Commissione delle Pari Opportunità del Comune. Richiesta di quale ruolo avesse, si era detta inviata da Virginia Raggi a rappresentarla, atto gentile, molto apprezzato dalla Presidente, Direttivo e partecipanti tutte/i. Ella aveva appena onestamente dichiarato di non avere avuto il tempo di entrare nel merito delle cose, di non poter rispondere e tanto meno a nome della Sindaca, oltre a dare un generico apprezzamento desunto dalla stessa presenza: “Mi occupo del settore culturale e sociale”. L’argomento in questione riguardava altri assessorati.

All’esordiente, cui si rivolgevano sorrisi, Miki Nicolai ha chiesto qualcosa di più: le scuse della Sindaca per l’offensivo riferirsi alle donne che manifestavano in piazza del Campidoglio come femministe radical chic. Non lei, dall’adamantina nascita in borgata e vissuto faticato e per nulla facilitato nelle gore dell’arte; come lei tante, tantissime femministe, non appartenenti alle classi alte, ai circoli prestigiosi, alle carriere familiari; donne senza cognomi che aprono le porte o che abitano nei quartieri “buoni”, se tale aggettivo abbia mai avuto significato diverso dal misurare con il censo la moralità e il civismo della gente, perciò da subito oggetto di contestazione femminista.

Ridicolo dare della radical chic a “Lucha y Siesta” (dal nome della Via Lucio Sestio 10, quartiere periferico), centro contro le violenze e le discriminazioni, che ospita 14 donne e 6 minori, coprendo il 60% del territorio comunale. Da tempo in lotta, sotto sfratto, LyS “resiste”, “disobbedisce”, è femministicamente “resiliente”. Una volta di più, nella conferenza stampa si è rinnovata la vicinanza tra “Lucha y Siesta” e la Casa.

A chiedere alla Sindaca una parola chiara, in prima persona, sono stat* molt* degli intervenut*-

Sabrina Alfonsi, Presidente 1° Municipio, ha dichiarato “dopo sei mesi, solo ambiguità dalla Giunta Raggi”; ha ribadito sostegno e solidarietà alla Casa e ricordato “il gemellaggio del 1° Municipio con la città di Bari dove si sono trovati finanziamenti per una Casa delle donne: “si può se si vuole”.

Cecilia D’Elia ha ribadito la vicinanza e il riconoscimento politico della Giunta Zingaretti (Regione Lazio). “abbiamo il dovere di trovare una soluzione” ha detto, “Quale è la verità sulla Casa del Comune di Roma? La prima Sindaca, donna, ci deve dire se riconosce il valore di questa Casa.”

Massimo Gudetti (Cielo azzurro), si è chiesto quale sia la visione di questa amministrazione per una città dove tante realtà vitali e radicate sono disconosciute e a rischio di chiusura: “l’estate della Casa è una forma di resistenza in questa palude occorrono forme di resistenza in questa che non siamo più disposti ad accettare”.

Patrizia Sterpetti (Presidente Wilpf-Italia, la più antica delle associazioni di donne per la Pace), ha parlato dello Sportello sociale aperto nella Casa, dove da sempre condivide le lotte per la sua piena realizzazione, è ha annunciato un’iniziativa estiva, di sostegno, nell’anniversario della nascita di Ghandi (1869)

Non in ultimo, Anna Maria Ilardo (CGIL, il più antico sindacato italiano che nel 2016 ha proposto una Carta universale del lavoro), ha espresso soliddarietà: “La Cgil sa dove stare ed è vicina a voi, alla Casa”.

Nel descrivere le politiche sul territorio del più antico sindacato italiano (1944), Ilardo ha sottolineato l’interesse della Cgil anche verso la storia della Casa, a seguito delle visite approfondite che la stessa organizza per scuole e gruppi, italiani e stranieri; chi scrive ha avuto il piacere di far visitare l’antico complesso dell’ex Buon Pastore, dal 1619 abitato da comunità femminili recluse laiche e religiose, dal 1983 sede di associazionismo femminista che ne hanno riscattato il simbolico, rendendolo un luogo identitario, di genere,  di riferimento delle politiche femministe, di cultura, di servizio alle donne e alle famiglie della città; aperto a quella cittadinanza femminile, ampiamente intesa, di cui ha sempre difeso i diritti e dato spazio ai saperi. Per questo motivo, con grande sorpresa di tutt* e massimamente di chi scrive, Anna Maria Ilardo ha annunciato che la Cgil vuol ristampare il libro La città della dea Perenna (1995) che pubblica la mia ricerca sulle origini della Casa e sulle comunità che l’hanno abitato. Colgo l’occasione per ringraziare vivamente di tanta attenzione verso la storia di genere e la Casa.

LA LETTERA A Francesca Koch DAL GUATEMALA

Cara Francesca, 

sono passata alla Casa delle Donne qualche anno fa, dopo aver pernottato all’ostello in attesa del mio colloquio alla Focsiv per il Servizio Civile, che mi ha aperto le porte del Sudamerica.

Ricordo di essere entrata, e di aver sentito sotto pelle il profumo dell’impegno e della lotta. Della Casa delle Donne avevo solo sentito parlare, ma questo profumo mi era familiare. Da adolescente ho dedicato tutto il mio tempo libero alla sezione giovanile di un partito di sinistra, periodo che ha senza alcun dubbio formato la persona che sono oggi e il mio percorso accademico. A seguito della trasformazione del partito, la mia generazione delusa e frustrata si allontanó dalla politica come partecipazione attiva, limitandosi a mantenersi informata e a partecipare al dibattito, nel proprio piccolo. 

Per dieci anni mi sono concentrata sugli studi, sul lavoro per supportare quegli studi, sulle svariate esperienze all’estero, non lasciando molto tempo alla cittadinanza attiva come partecipazione politica. 

Poi, un anno e mezzo fa, mi sono trasferita in un piccolo paesino in un’area rurale del Guatemala. Dovevo stare due mesi, e dopo quasi un anno e mezzo eccomi ancora qui, con un lavoro malpagato che amo (e questo potrebbe suonare quasi italiano) al servizio della comunità indigena locale e parte di una collettiva di donne straordinarie. 

La situazione delle bambine, delle adolescenti e delle donne in Guatemala è disarmante, soprattutto nelle aree rurali. A parte la cultura machista supportata e fomentata dalle chiese di qualsiasi professione che s’incontrano ogni tre passi, l’applicazione delle leggi è ostacolata da una corruzione dilagante e da un livello di ignoranza sconcertante. 

Da qualche mese la situazione nel luogo in cui vivo, che appena arrivata dopo un anno in Ecuador mi era sembrato sicurissimo, si é fatta intensa. Casi di molestie e violenze si sono fatti più frequenti, così come l’assoluzione dei colpevoli. Io stessa sono stata perseguita una sera, tornando a casa, e costretta a telefonare ad un amico per chiedere aiuto a nemmeno 20 metri dalla porta di casa mia. 

Le donne denunciano poco, per lo stigma sociale, per la religione opprimente, per la scarsità di educazione e risorse economiche. E quando lo fanno nella maggior parte dei casi vengono rivittimizzate, e i colpevoli rimangono impuniti. Il numero di gravidanze infantili e abuso di minori é straziante. 

L’8 marzo di quest’anno, a seguito di un caso di violenza sessuale che ha coinvolto la fondatrice di una ong locale che ha avuto la forza di denunciare, dando forza ad altre donne a fare lo stesso portando alla luce un sistema organizzato di violazioni in serie perpetrato da un notissimo personal trainer e da un gruppo di suoi amici tra cui svariati medici, insieme ad un gruppo di donne dalle più svariate provenienze, classi sociali, professioni, abbiamo organizzato un giorno intero di eventi pubblici sulla via principale, con marcia, teatro dell’oppresso e concerto a conclusione. 

Da quel momento, abbiamo iniziato a riunirci una volta la settimana, nel tentativo di armare una rete di appoggio per le donne, di proteggerci a vicenda, di creare un ambiente più sicuro, di avere a disposizione contatti ed alleati per ogni evenienza, di condividere i nostri saperi (alcune di  noi hanno una lunga esperienza con i collettivi e/o con il femminismo, altre sono completamente, nuove a tutto questo, altre lo stanno riscoprendo), di organizzare seminari per continuare a formarci, di formare un gruppo che possa avere un peso nel contesto locale, di considerare la questione sicurezza nell’esporci in un luogo piccolo, in cui tutti si conoscono e in cui tutti ci conoscono o é molto facile individuarci. Dall’8 marzo di quest’anno ho riscoperto la partecipazione politica attiva, impegnata e impegnativa, la lotta, il metterci la faccia, il corpo, il cuore e tutto il resto. Ho scoperto, perché in Italia non mi era mai successo, il femminismo e la parola sorellanza, e soprattutto ne ho sentito il piú profondo significato. 

Spesso, siamo andate alla corte penale dove si discutono i casi di molestie e violenza, in appoggio alle donne, mettendoci la faccia soprattutto quando queste preferiscono non presenziare per non dover vedere i l loro aggressore. Oggi, per la prima volta sono andata anche io, chiedendo un permesso a lavoro. Era una delle audienze per la donna menzionata sopra, che nel frattempo é ritornata negli Stati Uniti per continuare con il supporto terapeutico. L’imputato in questione, che lavora in un’altra palestra e cammina libero per le strade del paese, é figlio di una famiglia nota, ricca e potente, ha contrattato due avvocati (di cui una ahimé donna) senza scrupoli e conosce moltissime persone in posizioni importanti in Istituzioni chiave. 

Siamo riuscite ad organizzare un gruppo di quasi 25 persone, uomini e donne, con le magliette #yositecreo che avevamo creato per l’8 marzo, cartelli, e protesta silenziosa. É stato duro metterci il corpo e la faccia, sapendo che ce lo possiamo incontrare per strada domani, che siamo facilmente rintracciabili e che in generale l’ambiente non ci supporta. Ma é stato anche trementamente potente, ed empowering. Nessuno credo avesse mai visto, qui, qualcosa del genere. Nel gruppo con noi, molte donne straniere che hanno fatto le lotte degli anni ’80. Sedute per strada con i cartelli bene in vista, nel tentativo di sensibilizzare una popolazione assopita, ho parlato a lungo con una di loro. ‘Negli anni ’80, in Texas, facevamo esattamente questo. Spesso non cambia il risultato di un processo. Spesso non cambia la vita di qualcuna. Ma pianta semi. Nulla é perfetto, ma in 40 anni le cose sono migliorate, abbiamo partecipato alla creazione di leggi, abbiamo, goccia a goccia, migliorato le cose. Quello che state, che stiamo facendo adesso, é piantare semi, che cresceranno’. 

Alcune persone ci hanno mostrato il loro appoggio. Negli occhi di alcune altre, che hanno chiesto cosa stavamo facendo, ho visto una piccola luce accendersi. Il pensiero che le nostre azioni possono cambiare le cose, e che a volte bisogna urlare perché il mondo ci ascolti, ha finalmente sfiorato i loro pensieri. 

Come sempre, un pensiero è volato a casa. Chi dice che andarsene è facile e che chi se ne va non merita di stare in Italia, non ha idea di cosa significhi vivere col cuore diviso da un oceano. Non sa cosa vuol dire guardare casa con tristezza crescente vedendo quel che succede, pensando che sei da un parte facendo tanto, dando tanto, ma che a casa… anche a casa, c’è così tanto da fare! Un messaggino alle mie amiche ‘comuniste’, che sono sempre con me, soprattutto in questi casi. E poi, dal nulla, mi é venuto alla mente quel mio ingresso alla Casa delle Donne, quel sentirmi in un luogo pieno, quel profumo. 

E la voglia di dirvi GRAZIE. Per tutte le lotte di quando la mia generazione non era nemmeno nata, che ci ha permesso di godere di diritti imprescindibili e senza prezzo, se non quello del vostro impegno. Per tutte le lotte che continuate a portare avanti in un territorio che continua ad essere ostile, per quelle che hanno sentito la sorellanza e per quelle che ancora no, per quelle che col pañuelo verde sempre attaccato allo zaino e per quelle che ancora no, per quelle che il femminismo è l’unica religione e per quelle che sono più patriarcali degli uomini, per quelle che stanno in Italia e per quelle che se ne vanno, per quelle che muoiono e per quelle che sopravvivono, per le amiche con cui ci si accompagna da lontano, e per le loro bellissime figlie appena nate per cui porto avanti la lotta. 

Buon martedì!

Abrazos dal Guatemala, 

Serena