Mercoledì sera è morta Chiara Stanghellini, dopo una lunga malattia. Chiara si era impegnata con grande generosità nel progetto di Donne Pensanti, aveva scritto due testimonianze per il nostro “Svegliatevi, bambine! – Voci dal pluriverso femminile“: molto belle, da ogni punto di vista, per l’intensità e il senso critico che esprimevano, per il mondo che racchiudevano e per come lo sapevano raccontare .

Bellezza, sensibilità, intelligenza: uno sguardo vivace e profondo insieme.

Aveva un viso aperto e luminoso e una voce vibrante, dal timbro potente, una voce che lasciava trasparire le emozioni e trascinare chi era lì ad ascoltarla dentro la sua magia. Ci ha regalato la sua voce per alcune delle letture musicate che abbiamo fatto per presentare il nostro libro, cantando brani di musica popolare accompagnata alla fisarmonica da un suo caro amico: Toscana, Romagna e il suo amato Sudamerica, che sapeva cantare con la sua pronuncia perfetta, da ispanista esperta.

Le dedichiamo questo brano che tante volte deve aver cantato e che ricongiunge due artiste che molto hanno significato nel suo sentito percorso di militanza e impegno: Gracias a la vida di Violeta Parra, interpretata da Mercedes Sosa.

Questo il bellissimo scritto che Chiara ci aveva mandato, poco più di tre anni fa:

“Essere bella? Una bella figlia? Ambire alle nozze con il principe? Fidarsi di Madama Doré?

Io non mi fido per niente. Non voglio il principe. Non mi interessa essere scelta solo perché sono bella.

Poi passano gli anni, e la fila di principi azzurri, fuori dalla porta, non c’è più. E essere figlia non ha mai dato grandi soddisfazioni. Se avessi puntato tutto sulla mia avvenenza, adesso sarei povera, e comunque sarei troppo vecchia. Troppo poco alla moda. Se avessi puntato sul principe ora mi ritroverei un marito che canticchia, infervorato dal successo facile e dal passaggio televisivo con altri mostriciattoli meno blasonati. Se avessi puntato su Madama Dorè, ahimè, adesso farei il suo mestiere: toccherebbe a me cercare altre belle figlie, per metterle in contatto con porci senza ali, utilizzatori finali di vergogna e umiliazione.

Come passare il tempo, allora? Come indirizzare la vita?

Senza ricette, con un po’ di sale. Senza aglio e con molto pepe. Senza uccidere animali e con molte verdure colorate. Con respiri profondi e qualche gatto. Vivendo come un dettaglio di un puzzle, come una tessera di un mosaico, che si incastra alla perfezione con altri dettagli, con altre tessere. Pezzi di me stessa in una volta stellata, infinita, buia, profonda e lucente. Puntino luminoso fra tante stelle. Alcune pulsanti, altre in via di estinzione, altre morte da miliardi di anni.

Osservando con tenerezza punti di forza e banalità, l’autonomia di pensiero e il ricordo dei cattivi maestri, le espressioni prevedibili e gli impeti sconosciuti. Mercedes Sosa, Coldplay e Sanremo, in un unico CD.

Attingendo a un serbatoio infinito di realtà, di ricordi, di relazioni finite o infinite, di momenti bui o di consapevolezza.

Osservando. Analogie o differenze, versioni successive dello stesso pensiero.

Meditando: studio, prove, esercizi. Impegno sui libri e sugli spartiti, ricerca del filo che lega gli avvenimenti, empatia e confidenza di persone affini, una realtà talvolta ostile, l’affermazione della natura selvaggia, la vita reale, il gioco. Saper fare mille cose e non poter fare quasi nulla. Sapendo di non sapere. Provando sempre. Credendoci.

Ancora mancano alcune tessere per completare il mio mosaico. So che sono un regalo, un mistero, una libertà. Me le hanno lasciate in eredità nonni romagnoli e la confusione del caso. Una responsabilità, un segreto prezioso. Per me è tutto, non c’è altro. Inaspettatamente trovo nuove soluzioni, sperimento le diverse strade della sopravvivenza, nel riconoscimento e nell’accettazione della realtà, spesso feroce e dura. Provando, cambiando i dettagli del puzzle. Il talento da rimettere in gioco. Un anagramma continuo di un nome che ancora non ho scoperto, un sogno che rivivo per incanto, la magia nel collegare mille piccoli frammenti di mondo, dando loro un senso.

Mi sorprende mentre scrivo una canzone o preparo un compito in classe. Procede per identiche direttrici, quando contemplo un vetruzzo vellutato sulla spiaggia o il cedro del Parco Talon, quando mi stupisco della perfezione delle Variazioni Goldberg o sogno una gita in bicicletta, canto per un pubblico o leggo un romanzo. Nell’emozione dell’incontro con le Madres de Plaza de Mayo o nel piangere mio padre.

Come un quadro che si dipinge da solo. Come una risata di mio figlio o una telefonata con mia sorella, come gli amici che mi vogliono bene, che mi insegnano lo yoga, mi invitano al mare, mi accompagnano con la chitarra, mi ascoltano e accolgono nella loro casa. Come i medici che mi curano con amore e mi regalano un portafortuna.

In questa evidenza sono, moderatamente, felice. E non c’è veramente nient’altro, oggi, che mi mantenga viva. Questo è il mio presente: unicamente questo strano, incomprensibile, limitato, a volte doloroso spazio fatto di energia, che agisce senza riconoscere padroni. E’ il fluire, il duende, il mistero.

Occorre fantasia per inventarsi la vita.”

Chiara Stanghellini

Marzo 2010

Nell’immagine un disco del Canzoniere delle Lame di Bologna, che Chiara ha frequentato da quando era giovanissima.