Riceviamo e ci sembra utile pubblicare le seguenti note informative dell’on.le Elettra Deiana (Prc) sulla sessione primaverile dell’Assemblea dei parlamentari della Nato, svoltasi a Madeira nei giorni dal 24 al 28 maggio e dedicata ai principali temi che l’Alleanza ha di fronte in questo periodo. In particolare hanno tenuto banco la questione afgana, lo scudo spaziale e i rapporti con la Russia, la ridefinizione strategica del ruolo della Nato in vista della scadenza del sessantesimo anniversario del Trattato (cioè, alcuni dei temi affrontati nell’incontro del 18 maggio alla Casa internazionale delle donne a Roma “{{La Nato nella geopolitica dell’era globale”}}).
L’Assemblea dei parlamentari, cui partecipano delegazioni dei parlamenti dei Paesi membri e di quelli in via di inclusione, funge o dovrebbe fungere, nelle intenzioni dei settori più atlantisti, da cassa di risonanza e lobby di supporto delle iniziative pratiche e delle intenzioni strategiche della Nato. In larga misura è proprio così ma dai parlamenti europei arrivano anche voci critiche, spesso molto critiche. Della delegazione italiana, formata da 18 parlamentari, fa parte, oltre la sottoscritta, il senatore Francesco Martone.

Il segretario generale della Nato, mister Iaap de Hoop Scheffer, ha partecipato alla giornata di apertura con un lungo intervento di saluto e, soprattutto, di pressante richiesta ai presenti perché si facciano carico presso i propri parlamenti e governi di {{una maggiore assunzione di responsabilità militare nella vicenda afgana}}. Ha usato espressioni forti, una particolarmente significativa. “Gli aiuti umanitari – ha detto de Hoop Sheffer – e l’impegno civile in Afghanistan non devono diventare un alibi per un disimpegno sul terreno militare”. La critica era esplicitamente diretta a quei Paesi europei, tra cui l’Italia, che, sia pure tra continui negativi scivolamenti, continuano a mantenere formalmente regole di ingaggio che escludono i combattimenti diretti e dichiarano di volersi attenere in Afghanistan a compiti di nation building e peace keeping.

Il segretario della Nato, con toni quasi da assemblea di addetti militari, ha anche insistito sul noto tasto della sfida decisiva che l’Afghanistan rappresenta per l’Alleanza e quindi della necessità di un impegno straordinario e di una forte unità di intenti da parte dei Paesi membri per vincere questa sfida. E’ stato ed è un tema ricorrente e quasi ossessivo del dibattito che si svolge in ambienti Nato o para Nato, indicativo da una parte delle {{inequivocabili intenzioni belliche}} che l’Alleanza esercita in Afghanistan dall’altro dell’incertezza e delle difficoltà strategiche che stanno di fronte.

Anche la lunga relazione, che il britannico Franck Cook ha svolto nella commissione Difesa e Sicurezza dell’Assemblea sulla situazione nel Paese asiatico, era ispirata agli stessi motivi, alle stesse preoccupazioni e toni di stampo militare e militarista, con una totale {{esclusione degli aspetti di natura politico-diplomatica}} attraverso cui cercare una soluzione alla tragedia di quel Paese, e con pressanti allusioni alla questione delle regole di ingaggio.

{{La prospettiva di una Conferenza internazionale di pace}} appare da questo osservatorio del tutto improbabile e lontana. E tanto più grave appare questa sordità politica se si pensa che lo stesso presidente Karzai è impegnato in queste settimane alla realizzazione di una Jirga (assemblea) di pace formata da notabili afgani e pachistani, da convocare entro il prossimo agosto, per cercare di risolvere la questione del controllo del confine tra i due Paesi. Confine come si sa particolarmente poroso attraverso cui passa di tutto e grazie al quale i Taliban godono di una notevole agibilità logistica. Karzai d’altra parte sta cercando di coinvolgere nella sua Jirga anche quei settori di Taliban disposti a trattare.

Anche per quanto riguarda i rapporti con la Russia il clima che si respirava a Madeira era piuttosto pesante, con {{aspetti da guerra fredda}} in molti interventi delle due parti. La Federazione russa, con una sua delegazione, partecipa ai lavori dell’Assemblea dei Parlamentari in quanto usufruisce dello status di Paese membro associato della Nato. Ma che la Russia entri nell’Alleanza appare del tutto remoto e le contraddizioni si vanno moltiplicando.
_ Mosca giudica negativamente il crescente inglobamento di Paesi dell’ex blocco sovietico nella Nato e la linea fortemente filoatlantista di alcuni di questi Paesi. La sindrome dell’accerchiamento e del contenimento è evidente e sembra difficile dare torto a quei delegati russi che hanno sollevato il problema. I rapporti con la Russia sono resi difficili anche dalla questione Kossovare e dallo {{scudo antimissile}}.

A Madeira la Russia si è trovata di fronte all’intransigente difesa del piano Athisaari per l’indipendenza del Kossovo e agli attacchi dei rappresentanti della Macedonia e della Georgia che hanno aperto i lavori con Jaap de Hoop Scheffer. Come è noto Mosca non vuole che si compiano passi verso l’indipendenza del Kossovo così come non vuole – anzi è decisamente contraria – al {{piano di difesa antimissile programmato dagli Usa per l’Europa}}, in particolare quella orientale. Con il coinvolgimento della Polonia e della Repubblica Ceca. Ma questo piano è stato ribadito a Madeira con un definitivo chiarimento circa l’esistenza di {{un piano di egual natura della Nato}} che si dovrebbe connettere, completandolo, a quello statunitense. Al di là delle chiacchiere circa la finalità di autodifesa dello scudo contro per il momento inesistente rischio di essere aggrediti da missili iraniani, è evidente che la decisione dello scudo si inserisce in un contesto nel quale gli Usa hanno deciso di perseguire la superiorità nucleare su scala globale, rafforzando la capacità di “first strike” (primo colpo) che, come è noto, è una preoccupazione strategica del Pentagono.