Il titolo dell’ultimo libro di Jennifer Guerra, Il capitale amoroso, suona quasi come un ossimoro: come può l’amore costituire un capitale, cioè generare profitto? Se l’amore è “trascendenza duratura”, ciò significa che si dà nelle vite degli individui come dispendio energetico, come un’istanza privata che sottrae energia all’efficienza della prestazione e che, perciò, non si subordina al diktat dell’incremento del plusvalore a cui il neoliberismo ci ha abituati, stigmatizzando la solitudine da un lato e incrementandola dall’altro.

L’analisi che Guerra conduce in questo insolito testo sull’amore – insolito perché non intende descrivere l’amore bensì mostrarne le potenzialità -svela la portata semantica dell’apparente ossimoro. Se il capitalismo influenza il nostro modo di amare, tanto da renderci cinici, sprezzanti e delusi dal sentimento amoroso oppure succubi degli stereotipi romanzati delle love stories, d’altro lato le modalità d’amore che mettiamo in atto possono influenzare il capitalismo perché, pur non portando né profitti, né utilità immediata, l’amore è una forza politica che ha un valore sociale profondo. L’espressione capitale amoroso, che richiama per analogia i neologismi di Pierre Bourdieu a proposito di capitale umano, culturale e simbolico, assume una forza iconica divergente rispetto alle rappresentazioni usuali: mostra come l’amore sia una pratica culturale con un potenziale rivoluzionario e antisistema quando è in grado di passare dal singolo alla comunità.

Il testo si dispiega attraverso un’originale esplorazione della tradizione letteraria, della letteratura filmica e di alcuni topoi filosofici: una rivisitazione di concetti, idealizzazioni e stereotipi che fa apparire come le rappresentazioni dell’amore, nonostante le diversità culturali e sociali tra un’epoca storica e le successive, siano state sempre segnate da forme di privilegio, di classe e di genere.  La riflessione femminista del Novecento ha denunciato tali difformità: mentre i poveri non hanno tempo di amare, quasi l’amore fosse solo una cosa per ricchi perché dissipa il tempo, le donne, nell’istituzione matrimoniale, hanno sempre subito l’adulterio degli uomini perché socialmente accettato. Nonostante le denunce del pensiero femminista, nel secondo ventennio del secolo XXI il sistema simbolico perpetua ancora gli stessi stereotipi e avalla gli stessi privilegi, nutre l‘immaginario dell’idea sdolcinata dell’amore romantico, e, di fatto, promuove il dispregio verso questo sentimento che per l’individuo performativo di oggi è un lusso adolescenziale.

Fin dalle prime pagine appare l’intento dell’autrice: l’evocazione dei personaggi di Hemingway, da un lato, mostra che l’amore, “come un’ideologia”, spinge a trasformare la vita e quindi a farsi prassi di cambiamento; in antitesi, le citazioni filmiche da Pretty Woman e Sex & the City segnalano l’idealizzazione del sentimento amoroso (o la sua opportunistica riduzione a difesa dalla solitudine) quale ci viene consegnata dalla divulgazione mediatica, destinata soprattutto a un pubblico femminile.

L’esplorazione di Jennifer Guerra si avvale delle sei tipologie d’amore (eros, ludos, storge, mania, pragma e agape) coniate nel 1973 da John Alan Lee, che fanno da sfondo all’intenzionalità politica dell’autrice. All’ideologia dell’amore come pragma, cioè come scelta realistica, compatibile con la convenienza economica e sociale di una relazione, che ben si coniuga con “la fabbricazione simbolica che lo rende al tempo stesso attrattivo e respingente” (Guerra, p. 72) così funzionale ai canoni della società post-moderna, l’autrice oppone agape, quel sentimento basato sull’altruismo e la comprensione che costituisce la sola forma d’amore in grado di riverberarsi sulla società e di costituire un argine all’individualismo esasperato, effetto alienato dell’ideologia neoliberista. Un sentimento, cioè un’affezione ben diversa dall’emozione: il capitalismo, sostiene l’autrice, ha imparato il valore economico delle emozioni più immediate, tanto che la comunicazione aziendale e mediatica punta soprattutto a suscitare emozioni, così da catturare l’assenso affettivo del consumatore. I sentimenti non sono reazioni immediate, hanno bisogno del tempo della stratificazione cognitiva per formarsi e per durare.

L’amore, inteso e agito come agape, non è un sentimento passivo ma è una forma attiva, si dà come un’azione appunto, azione atta a contrastare la cronofagia con cui il capitalismo erode il tempo delle vite individuali non direttamente impegnato nella produttività, cronofagia estesa ormai anche alla sfera affettiva e relazionale, in una progressiva accelerazione di tutti gli ambiti dell’esistenza. La prima connotazione di agape è infatti la sua natura attiva, non passiva, il suo essere una prassi, un’azione.

La valenza politica di tale asserzione, già evidente di per sé, è supportata da autorevoli riferimenti letterari e filosofici: primo tra tutti il nome di bell hooks, noto pseudonimo di Gloria Jean Watkins, che in Tutto sull’amore dà una profonda significazione etica all’amore, inteso come compassione e responsabilità nei confronti dell’altro. A fine testo appaiono due citazioni tratte dall’Elogio dell’amore di Alain Badiou: l’amore ‘securitario‘ di oggi obbedisce “alla categoria fondamentale dell’assenza di rischi” (è convinzione diffusa, infatti, che i legami amorosi non diano alcuna sicurezza, ma espongano se mai al rischio) mentre l’amore autentico “fa paura perché […] ci sposta. Sposta la nostra prospettiva, ci permette di “costruire un mondo da un punto di vista decentrato rispetto al [nostro] semplice istinto di sopravvivenza o al [nostro] interesse”. (Guerra, p. 116/117). Spostamento esemplificato emblematicamente dal riferimento alla beloved community di Martin Luther King che si basava sull’accoglienza delle singolarità ed era innanzitutto una pratica, un esercizio quotidiano, un amore collettivo contrapposto alla concezione privatistica dell’amore borghese. Il rimando all’etica affermativa di Rosi Braidotti, la cui origine filosofica sta nella distinzione spinoziana tra passioni gioiose e passioni tristi e il cui antecedente politico sono le pratiche  del  femminismo del 900, costituisce una specie di fondazione teorica del messaggio di Luther King: “una comunità amorevole non può basarsi sulla tristezza, perché nella tristezza non si formano le nozioni comuni necessarie a tenerci insieme.[…] L’amore è uno strumento di gioia perché è amando che raggiungiamo il nostro massimo potenziale di esseri umani.” (p.101).

Il lettore comprende così, attraverso la scansione dei capitoli, il significato emblematico del sottotitolo di questo testo, Manifesto per un eros politico e rivoluzionario: il Capitale amoroso è un vero e proprio manifesto dell’amore inteso come eros, prima ancora che agape, perché sappiamo dalla lezione di Diotima nel Simposio di Platone che eros “vuole generare nel bello, fa nascere una nuova vita nella bellezza” (p.19). Se si coniuga l’erotica platonica con ciò che scrive Spinoza nella sua Etica a proposito della gioia o letizia, un “affetto” che accresce la potenza di agire (Spinoza, Etica, parte III, proposizione 15), appare il messaggio politico del manifesto di Jennifer Guerra: “l’amore non è uno stato di grazia o un obiettivo lontano, è una pratica quotidiana di resistenza che ci ricorda che c’è qualcosa di bello e di buono anche in una realtà difficile da cambiare. E soprattutto che se non possiamo cambiare la realtà, possiamo perlomeno cambiare noi stessi” (p.121).

J. Guerra, Il capitale amoroso, manifesto per un eros politico e rivoluzionario, Bompiani, 2021


Jennifer Guerra nata nel 1995 a Brescia, è scrittrice e giornalista. Ha lavorato come redattrice a The Vision, per cui ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Nel 2020 ha pubblicato Il corpo elettrico (Edizioni Tlon).

Elisabetta Zamarchi filosofa di formazione fenomenologica e consulente filosofica, vive e opera a Verona, nel Veneto, in Lombardia, a Napoli e a Roma. E’ stata tra le fondatrici della comunità filosofica Diotima, negli anni ’80, presso l’ateneo di Verona. Fa parte del consiglio direttivo dell’Associazione lacaniana italiana di psicoanalisi; dirige la rivista di Counseling filosofico, organo ufficiale di Pragma, associazione di filosofi pratici (www.pragmasociety.org) e la rubrica Assiotea, dedicata alle politiche della differenza sessuale.