Il 29 novembre, in concomitanza con le piazze dei Fridays for Future in occasione dello sciopero per il clima, si è svolto un altro appuntamento che meriterebbe di comparire fra le principali notizie dei media: la manifestazione all’Aja, davanti al Tribunale Penale Internazionale (TPI), nella Giornata di solidarietà con la Palestina. Per ore, sfidando il freddo, centinaia di persone provenienti da diversi paesi europei (Francia, Belgio, Olanda, Germania, Italia, Inghilterra, Svizzera), hanno denunciato, con slogan e interventi, il silenzio del Tribunale di fronte ai reiterati  crimini di guerra israeliani, a partire dall’attacco alla nave Mavi Marmara del 2010.

Alcune righe tratte da Wikipedia rendono conto di cosa stiamo parlando: “La Corte Penale Internazionale nel 2019 ordina al pubblico ministero di considerare la possibilità di perseguire Israele per l’arrembaggio, costato dieci morti, compiuto nel 2010 ai danni del traghetto turco Mavi Marmara e delle altre imbarcazioni della Freedom Flotilla diretta alla Striscia di Gaza. La procuratrice Fatou Bensouda nel 2014 aveva deciso di non perseguire Israele, sostenendo che i fatti non erano ‘abbastanza gravi’ anche se si riteneva ‘ragionevole pensare’ che fossero stati commessi crimini di guerra. Decisione confermata nel 2017. Ora i giudici di appello (tre favorevoli, due contrari), accogliendo il ricorso delle Comore, proprietarie di una delle navi assaltate, hanno ordinato di riconsiderare, prima del 2 dicembre 2019, la necessità di portare Israele in giudizio al tribunale dell’Aia”.

“Tempus erat!”, visto che dal 2015 le denunce palestinesi presso il TPI sono ferme allo stadio di “esame preliminare”. Cosa vieppiù strana, se si pensa che il TPI si avvale di un personale di 800 membri e 18 giudici, e soprattutto che dispone di ampi poteri: arresto, detenzione,  multe, compensazioni per le vittime, in tutti i casi di crimini di guerra e contro l’umanità, come l’apartheid, la tortura, la deportazione e  la persecuzioni per motivi razziali, etnici o religiosi.

Nè va dimenticato che la procuratrice Fatou Bensouda ha deciso di aprire un’inchiesta sul conflitto in Georgia, durato pochi giorni, mentre i crimini perpetrati dai governi israeliani da più di 70 anni non le sembrano degni di un’indagine, nonostante le denunce dettagliate pervenutele.

Per sollecitare Tribunale e Procuratrice a prendersi le loro responsabilità, gli interventi hanno enumerato i crimini israeliani  come quelli commessi contro i manifestanti delle Marce per il ritorno a Gaza iniziate il 30 marzo 2018 che, stando ai dati forniti dal Centro dei diritti umani, al-Mizan, hanno provocato 324 morti e il ferimento di oltre 18mila palestinesi. La manifestazione si è chiusa con danze e canti in omaggio alla resistenza del popolo palestinese.