La ammissione della costituzione dei Giuristi Democratici come parte civile in questo processo ha una fortissima valenza simbolica, in quanto riconosce che il femminicidio, e nello specifico la violenza domestica, non rappresentano solo una lesione dei diritti della donna, un fatto privato, né tantomeno sono un “fatto di donne”Lo scorso 18 marzo 2008, il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Perugia dott. Micheli ha ammesso la costituzione dei Giuristi Democratici come parte civile nel processo a carico di Roberto Spaccino, indagato per l’omicidio, in data 24 maggio 2007, della moglie, Barbara Cicioni, {{incinta di otto mesi e mezzo}}, commesso “con crudeltà” e “per futili motivi”(consistiti in una discussione famigliare) nonché per i maltrattamenti a carico della moglie ( “con continue ingiurie, percosse, violenze psicologiche, nel corso dell’intera vita matrimoniale fino all’avvenuto omicidio”) e dei figli con “violenza psicologica”.

A fondamento della propria costituzione come parte civile nel processo, pur non avendo come unico scopo sociale statutario la specifica difesa dei diritti delle donne, quanto piuttosto quello di “difesa ed attuazione dei principi democratici, di uguaglianza ed antifascisti della Costituzione e delle Convenzioni in difesa dei Diritti Umani”, i Giuristi Democratici hanno rimarcato la loro costante attività per il riconoscimento a livello sociale, normativo ed internazionale della donna come soggetto di diritto, e per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione basata sul genere o sull’orientamento sessuale.

Nello specifico, l’avv. Monica Miserocchi, che rappresentava in giudizio l’Associazione, e la dott.ssa Barbara Spinelli, che collabora al caso, entrambe attive nel gruppo di lavoro “Genere e famiglie” dei Giuristi Democratici, hanno sostenuto che i fatti contestati all’imputato rientrano nell’ipotesi di “femminicidio”, (ogni pratica personale o sociale violenta fisicamente o psicologicamente, che attenta alla integrità, allo sviluppo psico-fisico, alla salute, alla libertà o alla vita della donna, col fine di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla sottomissione o morte della vittima nei casi peggiori (…) il femminicidio è un fatto sociale: la donna viene uccisa in quanto donna, perché non accetta di ricoprire il ruolo che l’uomo o la società vorrebbero impersonasse) e che, in quanto tali, “hanno provocato una lesione del diritto soggettivo proprio dell’Associazione Nazionale Giuristi Democratici, da intendersi quale lesione dell’interesse concreto alla salvaguardia di situazioni storicamente circostanziate, di esplicita violazione dei diritti fondamentali delle donne e dei bambini riconducibili ad una cultura che non riconosce a tali soggetti la piena dignità di persone, ed in quanto tali assunte dall’associazione per farne oggetto delle proprie cure ai sensi delle finalità statutarie”.

La ammissione della costituzione dei Giuristi Democratici come parte civile in questo processo ha una fortissima valenza simbolica, in quanto riconosce che il femminicidio, e nello specifico la violenza domestica, non rappresentano solo una lesione dei diritti della donna, un fatto privato, né tantomeno sono un “fatto di donne” (come sarebbe avvenuto se fossero state ammesse solo le associazioni aventi per scopo la difesa dei diritti delle donne) ma costituiscono una profonda ferita per la società tutta, che, nel momento in cui alla donna non viene riconosciuta la dignità di Persona ed in quanto tale viene fatta oggetto di discriminazioni e violenze, è collettivamente responsabile per l’eliminazione di quella cultura patriarcale e di quegli stereotipi misogini e sessisti che ancora oggi minano l’autodeterminazione, la libertà, la vita delle donne ed il sereno sviluppo dei bambini che, in ambito famigliare, assistono a queste violenze e ne subiscono le conseguenze in termini psicologici.