Mi sono chiesta che cosa scrivere sulla conferenza nazionale della famiglia che valesse la pena di essere letto quando ormai saranno state viste le immagini e sottolineate le frasi più ad effetto dai media di ogni tipo. Ho scelto la via del resoconto: che restituisce a mio avviso della conferenza un immagine più problematica e interessante di quella che ci è stata offerta in questi giorni. Aggiungo soltanto un osservazione: la sera di venerdì, dopo una giornata dedicata per intero ai lavori di gruppo, a cui io non ho potuto partecipare, c’era una {{tavola rotonda}} con gli esponenti delle forze politiche. Uno di loro ha detto che nel progetto originario della conferenza {{non era stato previsto alcun momento di confronto di quel tipo}} e che solo la minaccia di altre defezioni ha portato ha prodotto la messa all’ordine del giorno di un dibattito sulle proposte dei partiti in materia di famiglia. Collocazione oraria infelice, ritardo al limite dell’intollerabile, con un gruppetto di persone che non capiva bene da dove entrare, visto che tutti i cancelli erano chiusi.
_ {{Dibattito sostanzialmente inutile}}: i veri protagonisti della conferenza erano i soggetti a cui il primo giorno era stata proposta un’alleanza, erano le persone (per lo più rappresentanti dell’associazionismo, non solo cattolico) che avevano animato la seconda giornata. La cifra della conferenza è in questo rapporto diretto fra l’esecutivo (Prodi/Bindi) e i rappresentanti di chi esprime bisogni e più raramente domande, insieme con chi ai bisogni e alle domande cerca di rispondere. Insomma, alla crisi delle forme della politica, una risposta politica.
_ Peccato che tanti, troppi, di questi soggetti fossero stati messi nelle condizioni di non poter partecipare!

Firenze 24 maggio. La Conferenza nazionale della famiglia nasce male. Alle assenze volute dal ministero (no alle associazioni di gay e lesbiche, nonostante ci siano famiglie in cui la coppia genitoriale non è formata da un uomo e da una donna) si sono sommate le assenze delle forze politiche di sinistra (dalla Sinistra democratica in là), che hanno scelto di manifestare il proprio dissenso: i consiglieri comunali hanno strappato l’invito davanti a Palazzo Vecchio, l’associazionismo ha accolto l’invito del coordinamento Facciamo breccia per un seminario di analisi e controproposte (in contemporanea con i lavori delle 10 sessioni e 24 gruppi della conferenza) e un sit-in di protesta il 26 (quando ci sarà Prodi per le conclusioni).

{{Giornata inaugurale}}: in Palazzo Vecchio la presenza di {{Napolitano}} giustificava eccezionali misure di sicurezza (fino alla segregazione dei giornalisti in una sala diversa da quella dei partecipanti).
L’intervento del Presidente si è caratterizzato per un costante riferimento alla {{Costituzione come bussola dell’agire politico democratico}}. La Costituzione, che nella sua prima parte “gli italiani hanno mostrato, nel refendum dello scorso anno, di voler mettere al riparo da ogni rischio di manipolazione insieme con gli equilibri istituzionali su cui si regge l’ordinamento della Repubblica”.
_ In quel testo, il riferimento alla famiglia non è – e Napolitano cita uno dei costituenti, l’on.le Aldo Moro – una definizione di essa, ma piuttosto una norma per segnare “la sfera di competenza dello stato nei confronti di una delle formazioni sociali alle quali la persona umana dà liberamente vita”. Una, non l’unica.
_ A tutte fa riferimento l’{{art 2 della Costituzione}}, parlando di “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, mentre solo alla famiglia fondata sul matrimonio, si riferisce l’{{art.29}}. E definirla “società naturale” non vuol dire escludere – è sempre Moro ad essere citato – che essa abbia “un suo processo di formazione storica”.

Un processo (lungo trent’anni) per attuare il dettato costituzionale, fino alla riforma del diritto di famiglia, ma egualmente “frutto di un processo di maturazione e trasformazione …nella società e nella stessa famiglia italiana”, sono state – secondo il Presidente – le leggi sul divorzio e sull’aborto.

{{Per affrontare oggi i problemi della famiglia}} (avendo la Costituzione come riferimento) si deve guardare la “famiglia reale”, le “{{forme familiari nuove}}”, che Napoletano elenca: “coppie non unite in matrimonio, coppie senza figli, madri e padri single, coppie anziane”. Le soluzioni debbono derivare da un confronto costruttivo, la ricerca del quale deve vedere impegnato lo Stato democratico in piena autonomia, ascoltando ciò che viene dalla Chiesa e dalle organizzazioni cattoliche come da ogni altra componente della società civile (come e non di più: in un testo scritto e letto anche le singole parole pesano).

La relazione di {{Rosy Bindi}} parte anch’essa dalla Costituzione, e dai rapporti fra l’art. 2 e l’art. 29. Accusa di timidezza la politica, di aver proceduto come se riconoscere i diritti della famiglia limitasse quelli dei suoi membri. Invece l’art. 2 ci dice che “i diritti della famiglia sono funzionali ai diritti della persona”. Si può e si deve “affermare insieme il primato della persona e la soggettività della famiglia”. Questa è la filosofia che sta alla base del Ddl sui {{DiCo, che non riconosce le convivenze, ma i diritti delle persone conviventi}} e non intacca il valore della famiglia. Sul testo si può discutere.

Il tema della conferenza è “come la politica può sostenere la famiglia”. La politica affronta separatamente i vari problemi del vivere e le varie fasi della vita, demandando alla famiglia la maggior parte dell’impegno. “Raramente la famiglia appare come soggetto di diritti e viene messa in circolo come risorsa.”
_ {{Bindi elenca i problemi principali}}:
– la crisi della famiglia come soggetto di responsabilità educativa, crisi di autorevolezza quindi;
– difficoltà di una generazione di genitori-figli schiacciati fra vecchi non autosufficienti e giovani non autonomi;
– i problemi legati alla presenza delle famiglie migranti, perché l’integrazione è la miglior risposte ai problemi della sicurezza, più avvertiti dalle fasce deboli della società.

{{Servono impegni e risorse, conclude Bindi}}: per aiutare i giovani a “diventare famiglia”; per aiutare a “essere famiglia” quelle che già lo sono; per consentire di “restare famiglia”, contrastando i fattori che possono determinare forme di degrado materiale e morale.

La conclusione è netta: “non chiederemo mai a un bambino il certificato di matrimonio dei suoi genitori per l’asilo; né chiederemo a una donna il certificato di matrimonio per finanziare un suo progetto per la conciliazione fra impegni come madre e lavoro; i diritti delle persone non sono alternativi a quelli della famiglia: il di più che la Costituzione riconosce alla famiglia è solo un valore positivo”.

{{{Alleanza: fra chi e per che cosa?}}}

Con l’ambizioso obiettivo di dar vita ad una “Alleanza per la famiglia”, sono chiamate a confronto Associazioni, Parti sociali, Comuni, Regioni, Governo. Evidentemente il programma è stato stampato quando già erano note le defezioni, perché altrimenti non si capirebbe la mancanza del ministro per la solidarietà sociale. Comunque il palco è pieno, diviso circa a metà fra donne e uomini. A un certo punto qualcuno fa notare che le donne sono rimaste pazientemente ad aspettare il proprio turno e soprattutto non se ne sono andate dopo l’intervento, come hanno fatto molti uomini (che pensavano ovviamente di avere qualcosa di più importante da fare).
_ Grazie anche a Giovanni Anversa e Giuseppina Paterniti, che fanno domande mettendo in evidenza i diversi ruoli dei soggetti rappresentati, il confronto si svolge senza intoppi, talvolta con vivaci reazioni dei partecipanti.

Proviamo a scegliere le affermazioni più significative.

Il ministro {{Padoa Schioppa}} ha sostenuto che le risorse per la famiglia ci sono, ma che la cosa migliore che lo stato può fare per le famiglie è alleggerire il peso del debito pubblico.
_ {{Giovanni Giacobbe}}, del Forum delle famiglie, reduce dal trionfo del Family day, ha sostenuto che la manifestazione era di un milione e mezzo di persone (suscitando reazioni critiche da una parte della platea).
_ {{Nirvana Nisi}} (Uil) ha fatto notare che i mancati rinnovi contrattuali del pubblico impiego pesano negativamente sulle famiglie dei lavoratori e in questo caso è il governo che non rispetta gli accordi.
Alessandro Vecchietti (Confcommercio) chiede contratti collettivi con adeguate forme di flessibilità, come aiuto alle donne che devono conciliare vita lavorativa e famiglia.
_ La ministra {{Barbara Pollastrini}} sottolinea il divario fra ciò che le donne danno e quanto ottengono dalle istituzioni e ritiene che il paese sia “spacciato” se non decide di attuare un piano straordinario pluriennale, per allargare la partecipazione delle donne nel lavoro, nei diritti, nella possibilità di vedere riconosciute le proprie capacità fino ai livelli più alti della carriera (quando cita i DiCo la platea si divide fra applausi, brusii, fischi e ovazioni…).
_ {{Vilma Mazzocco}} di Confcooperative sottolinea come le cooperative non si limitano a gestire servizi, ma sono “compartecipate dalle famiglie”. Gli utenti spesso sono soci. Queste sono esperienze da valorizzare, per es. erogando i fondi con regolarità e non con ritardi di molti mesi.
_ Il ministro {{Di Pietro}} riferisce di un tavolo di concertazione con le parti sociali per varare un piano per l’edilizia residenziale. Si impegna poi ad aumentare il fondo per sostenere gli affitti e parla di agevolazioni sull’Ici per chi affitta a canone agevolato.
_ Il sindaco di Torino {{Chiamparino}} afferma che le proposte del governo nascono anche dall’ascolto attento dei comuni. Torino ha un bilancio sociale che evidenzia una quota significativa di risorse per famiglie e convivenze, senza discriminazioni. Genova ha un piano regolatore sociale. Le politiche della famiglia, afferma, non riguardano un settore, ma danno l’ispirazione alle politiche sociali, anche quando non sembra, vedi urbanistica e trasporti.
_ Il ministro del lavoro {{Damiano}} sottolinea che oggi gli ammortizzatori sociali funzionano solo per chi ha un lavoro stabile nelle grandi aziende e vanno estesi a chi lavora in maniera discontinua nelle piccole. Per questo ci vogliono i soldi (e secondo lui ci sono).
_ {{Raffaele Bonanni}} (Cisl) afferma che sulla famiglia non ci si deve dividere, che è un bene comune, nel senso che “non è di qualcuno, ma di ciascuno”. Suscita poi reazioni vivaci sostenendo che nella famiglia le persone più deboli, oltre a bambini e anziani, sono le donne (reazioni di dissenso). Sostenere le donne vuol dire favorirne la carriera, rafforzare i congedi parentali e favorire con misure fiscali la maternità.
_ {{Alberto Bombassei}} (Confindustria) sostiene che nell’industria il 90% dei contratti è a tempo indeterminato e che il problema del precariato è maggiore nel pubblico impiego, per es. nella scuola. La famiglia italiana è diversa da quella europea, è più famiglia, come strumento di protezione sociale per le parti più deboli, fra cui le donne (ancora reazioni di dissenso). Per incentivare l’occupazione femminile occorre inventare forme di flessibilità che vengano incontro alle esigenze delle famiglie: per esempio il job sharing, lavoro condiviso fra due persone, che può essere un problema per l’azienda, ma è un vantaggio per la famiglia.
_ {{Morena Piccinini}} (Cgil) si pone in contrasto al buonismo che le sembra dominante. Va bene intervenire sulle pensioni più basse, vanno bene gli ammortizzatori sociali, ma resta il fatto che oggi la non autosufficienza di alcuni membri della famiglia è a carico delle donne (applausi). Non si sono fatte nemmeno cose a basso costo, come l’estensione del diritto di “gravidanza a rischio” alle lavoratrici parasubordinate. Giace in parlamento una proposta di legge contro la prassi diffusa della lettera di dimissioni in bianco che consente di disfarsi delle lavoratrici in maternità. Afferma poi che la conciliazione non riguarda solo le madri (applausi anche dalle donne sul palco) e che non ci si può nascondere dietro una famiglia immaginaria.
_ Il viceministro {{Visco}} dice che bisogna portare i sogni ad essere compatibili con i problemi: sommare le esigenze non basta. La famiglia che ha bisogno di sostegno e tutela è quella con i figli (le cose cambiano nel passaggio da coppia a famiglia). Serve una politica di sostegno alle famiglie povere con figli. Il quoziente familiare di cui si parla (è applicato in Francia per ridurre il carico fiscale in relazione al numero dei componenti a carico) non riguarda la famiglia povera, ma quella ricca. Se si dà un vantaggio fiscale alla donna che sta a casa (a carico), poi non si riesce a incentivare il lavoro femminile.
_ {{Renata Polverini}} (Cisl) sostiene che il quoziente familiare non basta, ci vogliono investimenti per il lavoro delle donne e la maternità. E la tutela della maternità deve andare nel conto della fiscalità generale. Sottolinea poi che nella famiglia la donna è il soggetto debole, ma quello forte.
_ La ministra {{Giovanna Melandri}} afferma che incoraggiare i giovani a fare famiglia, ad assumere responsabilità durature, non è politica assistenziale, è politica sociale, di sviluppo. Ai giovani oggi fa difetto la possibilità di elaborare progetti: li educhiamo a difendersi dalle minacce e non a progettare il futuro.
_ {{Adriana Scaramuzzino}} (vicesindaco di Bologna) parla delle politiche abitative che possono aiutare nella fase del metter su famiglia.
_ {{Stefano Valdegamberi}} (assessore alle politiche sociali della Regione Veneto), accusa la conferenza di essere una parata del governo. Sostiene la famiglia come soggetto autonomo portatore di diritti per la sua funzione sociale. Quindi sì al quoziente familiare, sì soprattutto a rivedere il sistema pensionistico spostando risorse sulle famiglie. Estendendendo i diritti delle famiglie a coppie che tali non sono si discrimina la famiglia (è l’unico a fare questa affermazione).
_ {{Marcella Lucidi}} (sottosegretaria agli interni con delega all’immigrazione) si sofferma sulla politica dei ricongiungimenti familiari, citando una sentenza della Corte costituzionale che riconosce anche agli immigrati il diritto di tenere con sé i figli e di educarli. A chi critica il ricongiungimento consentito anche ai genitori/nonnirispondiamo che noi affidiamo agli immigrati i nonni dei nostri bambini.
_ {{Maria Rita Lorenzetti}} (presidente della Giunta regionale dell’Umbria) cita forme di autoaggregazione fra famiglie in carne e ossa: le banche del tempo p.es. Serve una politica di equità fra generi e fra generazioni, servono servizi “miti” che accompagnano le famiglie, senza necessariamente sostituirle: p.es servizi all’infanzia alternativi agli asili.
_ {{Daniela Lastri}} (assessora alla formazione del Comune di Firenze) afferma che i comuni stanno investendo moltissimo per sostenere le famiglie e che se si chiede un’alleanza non si possono sottrarre risorse a chi continua a investire nello stato sociale. I servizi alla prima infanzia sono sia un sostegno alle famiglie che una risposta a un diritto dei bambini, con tipologie diversificate per rispondere a bisogni diversi.
_ {{Giorgio Guerrini}} (Confartigianato) sottolinea la forte presenza in Italia di imprese familiari, soprattutto fra le piccole imprese artigiane. Ma se è difficile fare l’imprenditore, se si è donna lo è molto di più: ci vogliono politiche di sostegno.
_ {{Cristina Bandinelli}} (CNA) sottolinea che i giovani tardano a metter su famiglia anche perché, rispetto a quelli di altri paesi europei, escono più tardi dalla scuola e entrano più tardi nel mondo del lavoro. Come imprese artigiane si possono cercare forme di accesso incentivato al lavoro. Afferma poi che le donne che non hanno lavorato o hanno lasciato il lavoro per fare figli saranno poi le anziane a cui pagare la pensione sociale: pagarle come lavoratrici significa “anticipare” quella spesa. Si potrebbero per esempio riconoscere tre anni di contributi figurativi per la maternità.
_ {{Sergio Marini}} (Coldiretti) vede le imprese agricoli simili a quelle artigiane: 90% imprese familiari; 1 su 3 condotta da una donna. Nelle aree agricole del territorio, dove i servizi non riescono ad arrivare, la nuova impresa agricola si muove per supplire a questa carenza, si fa impresa sociale che collabora con il settore pubblico.
_ Per la ministra della salute {{Livia Turco}} questa conferenza rappresenta una svolta: la politica prende laicamente in carico le famiglie concrete, le famiglie chiamano in causa la grande politica. Fra le iniziative sulla salute elenca quelle più direttamente “per la famiglia”: la difesa del sistema sanitario pubblico, universalistico e solidale; fare medicina preventiva sul territorio, cioè prendere in carico le famiglie nella loro normalità e nella loro fragilità; promuovere la dignità del fine-vita perché troppe famiglie sono lasciate sole (dopo 5 anni ha ripreso uno stanziamento di risorse per le cure palliative del precedente governo di centro-sinisistra); la salute delle donne e dei bambini è la salute della popolazione, per cui vanno potenziati i consultori e ripreso il progetto (sempre del precedente ministero Bindi) sul materno-infantile; garantire pari diritti e pari opportunità fra donne italiane e straniere.
_ {{Gianni Salvatori}} (ass. alle politiche sociali della regione Toscana) riferisce che nel DPEF regionale appena approvato c’è la scelta di intervenire in modo universalistico sulla non autosufficienza. Questo è uno dei grandi temi che coinvolgono la famiglia: affrontarlo vuol dire dare una risposta civile e solidale ai bisogni, ridistribuire reddito e aumentare i posti di lavoro.
{{Rosy Bindi}}, palesemente soddisfatta, chiude affermando che questo sforzo di mettere insieme punti di vista e interlocutori diversi sta a dimostrare che le politiche della famiglia non sono politiche settoriali.