È stato presentato oggi a Roma in contemporanea mondiale, il Rapporto su “Lo stato della popolazione nel mondo 2007”dell’UNFPA – Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione. La versione italiana del Rapporto è curata dall’AIDOS – Associazione italiana donne per lo sviluppo. Eliminare le discriminazioni contro le donne prerequisito per sradicare la povertà

Durante la conferenza stampa su “{Sostenibilità ambientale e sviluppo economico: la risposta è nella crescita delle città}” tutti gli interventi si sono interrogati sul potenziale dell’urbanizzazione di ridurre la povertà, e sulla sostenibilità dello sviluppo e soddisfacimento delle esigenze delle donne e dei giovani residenti nelle aree urbane più disagiate.

Sfatati alcuni preconcetti sull’urbanizzazione: ad esempio quello riguardante l’esclusività della crescita urbana delle megalopoli. Più della metà della popolazione mondiale vive infatti in città al di sotto dei 500.000 abitanti. Da più parti si ritiene necessario frenare i flussi migratori dalle campagne alle città considerando l’urbanizzazione un male in sé, e la povertà una piaga per l’economia.

Da un punto di vista di genere, però, abbandonare le aree rurali per molte donne significa migliori opportunità economiche, sfuggire alle limitazioni imposte dalle pratiche tradizionali (basti pensare ai diffusissimi matrimoni precoci), nonché la possibilità di conquistarsi l’autonomia e il controllo sulla propria vita.
Una ricerca svolta nella regione rurale di Amhara, in Etiopia, ha rivelato che la metà delle ragazze si sono sposate prima di aver compiuto 15 anni, di solito con uomini molto più vecchi. La maggioranza di queste ragazze, che non conosceva il marito prima del matrimonio, sono state iniziate al sesso con la forza, spesso prima ancora di aver avuto la prima mestruazione. Per questi ed altri motivi la fuga verso i centri urbani è a volte la loro unica prospettiva di salvezza.

{{Le maggiori differenze tra ragazze di città e ragazze di campagne risiede nel loro livello d’istruzione}}: nelle zone rurali dei paesi in via di sviluppo le ragazze tra i 10 e 14 anni che frequentano la scuola sono il 18,4% in meno delle loro coetanee in città. La differenza raggiunge il 37,5% per le ragazze tra i 15 e i 19. Le maggiori disuguaglianze nella scolarizzazione femminile si riscontrano in Medio Oriente e nell’Africa Occidentale e Centrale, dove i tassi di frequenza scolastica sono inferiori del 54,6% e del 46,9% per le ragazze tra i 15 e i 19 anni. Sebbene esista anche una differenza tra città e campagne nell’accesso all’istruzione dei ragazzi, questa è meno pronunciata.

Dai dati emersi dal {Rapporto sullo stato della popolazione nel mondo 2007}, anche se le condizioni di vita delle donne residenti in città risultano migliori, non va scordato che nelle aree urbane il genere femminile continua a dover affrontare grandi difficoltà.
Infatti, anche se le donne sono più istruite, e quindi in teoria hanno maggiori opportunità di inserirsi nel mondo del lavoro, ovvero di rendersi economicamente indipendenti dalle famiglie di origine, spesso la disoccupazione le interessa più di quanto avviene per i loro coetanei maschi. Inoltre molte giovani donne che scappano dalle campagne per sfuggire a un matrimonio combinato, a causa dell’impossibilità di trovare un lavoro, restano spesso vittime della povertà delle baraccopoli e ricorrono alla prostituzione per sopravvivere.

{{Per incrementare l’empowerment delle donne sono in atto alcuni programmi}} come [Biruh Tesfa->http://www.popcouncil.org/pdfs/Ethiopia_BiruhTesfaBrief2006.pdf], fornisce alle ragazze un luogo sicuro dove incontrarsi per costruire reti di solidarietà insieme ad altre e offre alfabetizzazione, rafforzamento delle capacità necessarie alla vita quotidiana, corsi di formazione professionale per accedere ad attività autonome ed educazione sulla salute riproduttiva. Il Programma è sviluppato dal Ministero per la Gioventù e lo sport etiope e dalla Commissione di Addis Abeba per la gioventù e lo sport, con l’assistenza tecnica del Consiglio per la popolazione e il sostegno del DFID, l’Agenzia di cooperazione allo sviluppo inglese, la Fondazione delle Nazioni Unite e l’UNPFA.

Un altro programma dell’UNFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, “{{[Stronger Voices for Reproductive Health->http://www.unfpa.org/stronger_voices/]}}”, {Voci più forti per la salute riproduttiva}, è portato avanti in collaborazione con il Ministero della Sanità del Perù e il San Juan de Lurigancho, una comunità poverissima composta da indigeni rurali migrati nella cintura metropolitana di Lima. Il progetto si propone di migliorare la qualità e la capacità di accoglienza dei servizi di salute sessuale e riproduttiva per le/gli adolescenti, organizza campagne di informazione e promuove accordi {ad hoc} con gli enti che forniscono assistenza sanitaria. Grazie a questa iniziativa le/gli adolescenti hanno avuto l’opportunità di manifestare i propri bisogni in materia di salute sessuale e riproduttiva, prevenzione della violenza e accesso ai servizi sanitari.

Alla luce di quanto evidenziato dal Rapporto dell’UNFPA, la possibilità migliorare la qualità della vita delle donne risiede nel porre i pilastri delle città sostenibili: “{Poiché le donne di solito sono le più povere tra i poveri…l’eliminazione della discriminazione sociale, culturale, politica ed economica contro le donne è un prerequisito per sradicare la povertà… nel contesto di uno sviluppo sostenibile}”. (Nazioni Unite 1995, obiettivo 3.16)

Hanno presentato il Rapporto dell’UNFPA: Pier Paolo Cento, sottosegretario del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia, Giulia Vallese, vice rappresentante UNFPA nel Pacifico coordinati da Daniela Colombo dell’Aidos.