L’assoluzione di un medico militare egiziano accusato di aver costretto un gruppo di manifestanti a sottoporsi a “test di verginità” è un’ulteriore prova, secondo Amnesty International, dell’incapacità della giustizia militare di occuparsi di casi di violazione dei diritti umani.
Il processo era nato dalla denuncia di Samira Ibrahim, 25 anni, una delle manifestanti che subì il “test di verginità” nel marzo 2011.Il 9 marzo 2011, almeno 18 donne che stavano manifestando in piazza Tahrir
al Cairo vennero arrestate e portate in un carcere militare. Diciassette
di loro vennero detenute per quattro giorni. Alcune di loro dichiararono
ad Amnesty International di essere state picchiate, colpite con scariche
elettriche e costrette a denudarsi, per poi subire un ‘test di verginita’’
ed essere minacciate di un’incriminazione per il reato di prostituzione.
_Prima di essere rilasciate, le donne vennero portate di fronte a una corte
marziale e condannate a un anno di carcere con la condizionale per un
serie di accuse pretestuose.

In seguito una di loro, la 25enne Samira Ibrahim, ha denunciato un medico
militare. L’iniziale imputazione di stupro e’ stata fatta cadere e
l’imputato deve ora rispondere di ‘pubblica indecenza’ e ‘disobbedienza a
ordini militari’.
_ ‘Il processo per i ‘test di verginita’’ rappresenta una rara opportunita’
a disposizione dei militari egiziani per dimostrare che la tortura non
restera’ impunita e che anche gli appartenenti alle forze armate verranno
chiamati a rispondere del loro operato’.

Per Amnesty International, i militari egiziani devono rispettare in pieno
la sentenza del tribunale amministrativo che, lo scorso dicembre, ha messo
al bando i ‘test di verginita’’ e devono garantire adeguata riparazione
alle donne che li hanno subiti.

Nell’ultimo anno, la violenza contro le donne ha segnato lo svolgimento
delle manifestazioni in Egitto.

‘Dopo l’inaccettabile episodio del marzo 2011, niente di meno che tortura,
le forze di sicurezza e l’esercito egiziano hanno compiuto pestaggi,
torture e maltrattamenti nei confronti delle manifestanti’ – ha denunciato
Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa
del Nord di Amnesty International.

Lo scorso dicembre, nel corso delle proteste di fronte alla sede del
governo in cui vennero uccise almeno 17 persone, due manifestanti vennero
aggredite dai militari, picchiate, gettate a terra, prese a calci e
trascinate via.

Azza Hilal, 49 anni, intervenuta per difendere un’altra donna che era
stata semi-denudata e picchiata, e’ stata colpita cosi’ violentemente alla
testa, alle braccia e alla schiena da essere costretta a un ricovero di
tre settimane. Soffre ancora le conseguenze del pestaggio: ha subito una
frattura al cranio e ha ancora disturbi di memoria. Un mese fa, ha
presentato una denuncia contro il Consiglio supremo delle forze armate
(Scaf).

Il 16 dicembre Ghada Kalam, 28 anni, esponente del movimento dei ‘Giovani
del 6 aprile’, e’ stata picchiata e minacciata di stupro mentre stava
prendendo parte a una manifestazione in piazza Tahrir. Dapprima i militari
l’hanno circondata facendo gesti osceni e abbassando la chiusura lampo dei
pantaloni, poi l’hanno picchiata alla testa mentre stava soccorrendo
un’altra manifestante che aveva subito un pestaggio. E’ stata arrestata e
trascinata verso il palazzo del parlamento. Una volta all’interno
dell’edificio, ha continuato a essere picchiata e minacciata di stupro.
Accanto a lei, altre sette donne venivano picchiate, soprattutto sulle
parti intime.

Nonostante le scuse e le annunciate indagini da parte dello Scaf, sulla
base delle informazioni in suo possesso Amnesty International ritiene che
poco o nulla sia stato fatto per dare giustizia e riparazione alle
numerose donne che hanno subito violenza da parte dell’esercito e della
polizia.

Amnesty International ritiene che queste forme di maltrattamento e tortura
siano attuate per sfruttare lo stigma associato alla violenza sessuale e
di genere e siano usate per screditare, emarginare e dissuadere le donne
dal prendere parte alla vita pubblica.