Intervista a Maria Grazia Campari ai margini dell’Convegno “Donne sull’orlo della crisi…che non vogliamo pagare!” organizzato a Perugia dal forum donne PRC/SELa scorsa settimana si è svolto presso la Casa dell’associazionismo di Perugia l’incontro nazionale “Donne sull’orlo della crisi…che non vogliamo pagare!” organizzato dal Forum Donne Prc.
_ L’evento molto partecipato, che ho avuto il piacere di introdurre e coordinare, si è aperto con un seminario di approfondimento che ha visto come relatrici giornaliste, ricercatrici precarie, sindacaliste che hanno messo a tema quanto e che in modo la precarietà sia diventata condizione materiale capace di attraversare la dimensione esistenziale, ridisegnando la percezione del sé e della realtà.

Gli interventi di Beatrice Busi, Chiara Martucci, Roberta Pompili, Vanda Scarpelli sono stati preceduti dalla relazione di Maria Grazia Campari e Cristina Morini.
_ Nel pomeriggio il convegno si è strutturato in una tavola rotonda nel corso della quale si sono confrontati: Luca Santini – presidente del BIN- [basic income network->http://www.bin-italia.org], una rete di soggetti diversi che attraverso le loro competenze si occupano di progettare e sostenere percorsi volti all’introduzione di un reddito garantito universale e incondizionato, Elisabetta Della Corte- ricercatrice, Francesca Re David – responsabile organizzazione della Fiom.
_ Inoltre hanno partecipato Roberta Fantozzi (Responsabile lavoro e welfare) e Eleonora Forenza (responsabile della conoscenza e forum donne Prc), entrambe fanno parte della segreteria nazionale di Rifondazione comunista.

A seguire un’i{{ntervista a Maria Grazia Campari}}, giurista e avvocata, impegnata in molti ambiti tra cui possiamo annoverare la Libera Università delle Donne di Milano, che senza dubbio costituisce uno dei punti di riferimento per il femminismo italiano.

{Nel corso della relazione introduttiva hai narrato, ripercorrendo tra i tuoi ricordi, i casi concreti di lotte che hai avuto modo di seguire nel contesto dell’Osservatorio sul lavoro delle donne, di un lavoro femminile già in crisi prima della crisi, di parziali vittorie e “sconfitte finali” rispetto al desiderio di partecipazione delle donne agli aspetti produttivi, dell’impermeabilità dei soggetti politici e sindacali della sinistra rispetto alla necessità di comporre un soggetto plurale del conflitto: oltre il conflitto di classe dunque quello di genere, che è stato da sempre largamente sottaciuto.}

Quei casi illustrano situazioni lavorative inserite in contesti definiti garantiti perché tutelati da una legislazione del lavoro, di matrice costituzionale, improntata al “favor lavoratoris”.
_ Si verificarono all’interno di grandi gruppi, industriali (FIAT, Imperial ecc) o commerciali (La Rinascente, SMA) ove l’occupazione femminile, malgrado lo Statuto dei Lavoratori e le leggi di parità, era resa precaria da un approccio prevalente del sindacato, a struttura gerarchica maschile, inteso a privilegiare l’occupazione e la progressione in carriera degli uomini, anche a discapito delle donne.
_ Le donne erano, anche nel lavoro, portatrici di una segregazione dovuta alla funzione famigliare, quindi considerate apportatrici di un contributo nella forma di un secondo salario, solo una integrazione al reddito complessivo. Questo anche quando si trovavano ad essere sole avendo, magari, figli a carico. Si trattava di un pregiudizio che ignorava la realtà delle esistenze concrete.
_ Nei casi ricordati, si verificò una resistenza di molte donne rispetto alle decisioni unilaterali dell’imprenditore. Chi non assumeva le disoccupate iscritte al collocamento e chi licenziava prioritariamente le dipendenti donne fu contrastato attraverso il ricorso alla magistratura che, applicando le leggi, accolse le richieste femminili e pronunciò sentenze favorevoli al loro inserimento al lavoro.
_ Le vittorie furono isolate e anche parziali: le sentenze furono spesso smentite da accordi sindacali che riuscirono comunque a privilegiare gli uomini, in consonanza con le prime scelte padronali.
_ Si privilegiò, nel conflitto, il sesso maschile non considerando che in tal modo si divideva la classe su una linea di ingiustizia, quindi la si indeboliva perché se gli uomini prevalevano sulle donne nel conflitto di sesso, l’imprenditore prevaleva su tutti sia nel conflitto di classe sia nel conflitto di sesso, dato che la scelta era, in definitiva, la sua.

{L’orizzonte simbolico legato al corpo maschile dell’operaio in tuta blu proteso nelle sue attività produttive dentro i rigidi schemi temporali di un lavoro stabile, oggi non solo non dice nulla rispetto alle condizioni di vita e di lavoro delle donne ma all’ intero contesto di una precarietà che è diffusa, non tiene conto di un lavoro che è cambiato e che palesa il violento avanzare del conflitto tra capitale e vita.
_ L’analisi e la progettualità politica della sinistra comtemporanea non ti sembra esprimere un deficit di volontà e/o capacità nel leggere, attraverso una lucida e materialistica analisi dei cambiamenti dei paradigmi produttivi, quel divenire donna del lavoro che – all’interno di rapporti di forza completamenti mutati – suggerisce la natura biopolitica delle forme contemporanee di dominio, e il dispiegarsi di un capitalismo cognitivo che mette a lavoro le vite.}

Assistiamo da decenni all’avvento dell’economia canaglia, come spiega molto bene Loretta Napoleoni nel suo libro omonimo.
_ Un capitale economico/finanziario avido di sovraprofitti che non arretra avanti ad alcuna nequizia, afferra le esistenze e le rende precarie, assoggettandole a forme di dominio totalizzante, impensabile anche solo venti anni fa.
_ Intendo l’espressione {{ {femminilizzazione del lavoro} }} come indicativa delle caratteristiche di mano d’opera ultraprecaria, marginalizzata, di riserva. Tale è sempre stata la mano d’opera femminile, soprattutto in Italia.
_ Lo indicano i casi richiamati: poche garanzie per le donne, anche nei settori in cui gli uomini erano mediamente garantiti. Ciò fin dalle ristrutturazioni dei grandi gruppi negli anni Novanta del secolo scorso. Le organizzazioni dei lavoratori e i loro partiti di riferimento hanno, fin da allora, troppo concesso a quella deriva, si sono adeguati, hanno smarrito l’intelligenza delle cose, sono stati polverizzati.
_ Un recupero di sensatezza non pare all’orizzonte.
_ Nuove soggettività (di sesso, di razza) dovranno emergere nello spazio pubblico e farsene carico.

{Nel contesto di una crisi complessiva, che è crisi di civiltà, in cui diverse sono le contraddizioni come molteplici sono i soggetti del conflitto, il pensiero e le pratiche del femminismo della postmodernità hanno giocato un ruolo centrale nelle trasformazione dei modi di analizzare la realtà.
_ Le soggettività femministe hanno fatto della precarietà esistenziale il perno su cui attualizzare la questione del lavoro domestico non retribuito delle donne che oggi diventa il paradigma delle molte forme di lavoro nella contemporaneità, evidenziando come il quadro di una precarietà generalizzata non faccia che aggravare la dimensione sessuata e gerarchica dei rapporti sociali di produzione.
_ Eppure c’è ancora chi continua a sostenere, attraverso una costante naturalizzazione del soggetto donna, la legittimità dell’esistente mitigata da strumenti conciliativi.}

Esistono teorizzazioni di lavori conciliativi ed anche un disegno di legge del Partito Democratico negli stessi termini. Mi paiono una glorificazione dell’esistente che evita il conflitto per una migliore giustizia sociale ed esprime scelte adattative assai pericolose, destinate a confermare l’iniqua situazione attuale, senza porre rimedio alcuno alla miseria di molte esistenze.
_ Per le donne è previsto qualche modesto aiuto per i soliti esercizi di equilibrismo da wonder woman fra lavoro formale per il mercato (scarsissimo), lavoro nero sottopagato e lavoro ancillare per la famiglia, in regime di gratuità. Le ricadute sulla materialità delle esistenze sono gravissime, a cominciare dalla assoluta insufficienza di salari e pensioni, in età avanzata, quando i bisogni aumentano.
_ La flessibilità, già vantata come scelta favorevole alla libera disponibilità del proprio tempo di vita, negli assetti di potere dati e mai efficacemente contrastati, ha mostrato il suo volto maligno di nuova schiavitù.

{Uno degli obiettivi del forum donne nell’organizzare l’incontro è senza dubbio quello di attivare e sostenere luoghi di incessante elaborazione e confronto tra i diversi soggetti del conflitto e del cambiamento, luoghi in cui soggetti autonomi e in relazione tra loro, possano produrre proposte di azioni e modalità di decisione condivise, provando ad agire sul terreno vivo delle esistenze precarie con una proposta unificante delle lotte, mettendo al centro i desideri che riguardano la vita e pertanto non sono esclusivamente comprimibili in una contrattazione del e per il lavoro.
_ I movimenti e le soggettività precarie vedono nel diritto al reddito garantito, che il Forum donne prc definisce come reddito di autodeterminazione, uno strumento centrale per ricomporre ciò che la precarietà a frantumato, per liberare tempi e spazi e rendere possibili processi di soggettivazione e autodeterminazione.
_ Nel corso della tavola rotonda abbiamo visto culture e generazioni politiche diverse, confrontarsi sui possibili percorsi politico-progettuali in grado di uscire dal capitalismo in crisi; si è registrata una lettura parzialmente convergente della fase che stiamo attraversando ma anche evidenti differenze. Quali considerazioni ne puoi trarre?}

Per la mia esperienza, tengo al centro il problema del lavoro e considero la precarietà come un esito di pirateria capitalistica da contrastare, piuttosto che come dato naturale ineliminabile.
_ Ho visto casi fortunati in cui la qualità del lavoro ha procurato relazioni politiche importanti fra donne, ha dato qualità a molte esistenze.
Alle femministe e a tutti coloro che intendono operare per il cambiamento, penso si debba proporre di favorire l’avvento nello spazio pubblico di soggettività molteplici dotate di autonomia e non eterodeterminate.
_ Considero, poi, necessario riprendere ad indagare, per darvi più felice soluzione, il nodo essenziale che si articola fra conflitto di sesso e conflitto di classe.