La mattina dell’11 luglio 2018, all’alba più di 50 attivisti della rete #RestiamoUmani si sono incatenati alla scalinata di ingresso del Ministero dei Trasporti, in Via Nomentana a Roma, «per protestare in modo pacifico e nonviolento contro le politiche dell’attuale governo che, con la connivenza dell’Ue, stanno causando l’aumento esponenziale del numero di persone che muoiono in mare nel tentativo di raggiungere le coste europee». Gli attivisti, che indossano giubbotti di salvataggio e salvagenti, hanno aperto anche uno striscione con scritto “Naufragi di Stato”. Dopo questa iniziativa la rete #RestiamoUmani aveva chiesto che si moltiplicassero le manifestazioni egli  atti concreti in difesa dei diritti civili e della libertà di movimento.  invitanto tutte e tutti  a partecipare agli eventi di solidarietà che si terranno durante l’estate in Italia e in tutta Europa, come la manifestazione “Ventimiglia città aperta” del 14 luglio, per rivendicare il permesso di soggiorno europeo, il diritto alla mobilità e un nuovo sistema dell’accoglienza.

Gli attivisti di Restiamo umani chiedono ai ministeri dei trasporti e degli interni: «L’apertura dei porti italiani alle navi con persone soccorse in mare a bordo, in condizioni di vulnerabilità. Il governo italiano non può impedire il regolare e legale svolgimento delle operazioni di soccorso, chiudendo i propri porti attraverso dichiarazioni d’intenti su Internet, non traducibili in atti ufficiali e non supportate da alcuna base giuridica plausibile».  Mentre agli Stati membri dell’Unione europea e ai loro governi chiedono  «Di fermare subito il processo in atto di istituzionalizzazione dell’omissione di soccorso, un dovere universale nonché prescritto dalla legge; Che l’Unione si assuma la propria responsabilità in mare, predisponendo assetti con un chiaro mandato di ricerca e soccorso, attraverso una missione SAR europea; Che i rappresentanti dei governi europei trovino soluzioni strutturali e non emergenziali, né tantomeno basate sulla deterrenza – come quelle attuali – ma piuttosto sulla responsabilità di proteggere i diritti, di tutti: attraverso l’istituzione di vie legali e sicure per la migrazione, che si deve accettare come un fatto umano, e come un fondamentale diritto».

Questa iniziativa ha dato il via alla voglia di scendere in piazza a tutte le persone che si definiscono democratiche e di sinistra. Cos’ a MILANO tre giorni fa ha visto migliaia di persone scendere in piazza. San babila è risultata gremita.

Vi proponiamo l’articolo di Andrea Senesi dal Corrire.it

La sinistra al sit-in anti sovranista a piazza San Babila. Da Boldrini alle Acli: da qui una nuova Resistenza. L’intervento più applaudito è quello di un ragazzo della comunità senegalese che cita il sogno di Martin Luther King

«La nuova Resistenza parte da qui». La risposta a Matteo Salvini e Viktor Orbán arriva da una piazza San Babila — trecento metri in linea d’aria dalla prefettura blindatissima — piena e colorata. Quindicimila persone secondo gli organizzatori, quasi diecimila secondo stime più realistiche. Poche le bandiere rosse dei partiti della sinistra dura e pura, meno ancora quelle del Pd. Riempiono la piazza invece i simboli delle sigle che hanno organizzato la protesta. I Sentinelli, la comunità di Sant’Egidio, Arci, Acli, Anpi, la Cgil, la Uil. Sul palco si alternano le voci dei rappresentanti di questo mondo, dell’universo delle associazioni che lavorano nel campo dell’accoglienza e della solidarietà. Unico politico invitato a parlare è l’assessore milanese al Welfare Pierfrancesco Majorino, l’uomo che ha organizzato la tavolata multietnica al parco Sempione di due mesi fa con la partecipazione di migliaia di migranti.

In piazza arriva anche Laura Boldrini, applauditissima. Dice che «il sovranismo non può essere la soluzione», che il centrosinistra deve «ripartire da qui» e che per le elezioni europee sarebbe saggio che il campo progressista si organizzasse in un’unica lista senza simboli di parito né candidati politici. Un po’ come accade qui in piazza San Babila. Uniti al di là delle divisioni. Mettere insieme il Pd con le sigle della sinistra più radicale è in effetti un piccolo miracolo al contrario della coppia Salvini-Orbán. Dopo la «Bella ciao» di rito e la meno scontata «C’è chi dice no» di Vasco Rossi, dopo il flash mob con centinaia di cartelli innalzati con la scritta «Europa senza Muri» e mentre la piazza si va lentamente svuotando, l’ex presidente della Camera sale infine sul palco e arringa la folla rimasta al grido di «No pasarán».

Il tema della Resistenza, di «una nuova Resistenza», ricorre ossessivamente nel pomeriggio milanese. «Milano, grazie», scandisce per tutti il presidente nazionale della Acli Roberto Rossini: «Perché da qui arriva un messaggio chiaro di tolleranza e di apertura. Da qui è partita la Resistenza e da qui può nascere una nuova Resistenza con al centro l’idea di un’Europa presidio di pace e solidale».

Pochi i politici nazionali in piazza. Oltre a Boldrini, si vedono il deputato pd Emanuele Fiano e Pippo Civati, fondatore di Possibile e uno dei papà dell’iniziativa. Sotto il palco c’è anche il sindaco di Ventimiglia, la città in prima linea sul fronte accoglienza e integrazione. L’intervento più applaudito è quello di un ragazzo della comunità senegalese che cita il sogno di Martin Luther King per immaginare un Paese che non discrimini le persone «in base al colore della pelle. «Siamo quel che accogliamo», dice uno striscione retto da un ragazzo africano. «Integrazione: l’eredità più grande per i nostri figli», un altro. Si leggono anche slogan decisamente meno dolci, tutti dedicati al ministro dell’Interno: «Salvini sei sulla linea rossa (della metropolitana,ndr). Tra quattro fermate c’è piazzale Loreto».