L’ultimo libro di Luciana Percovich, “Colei che dà la vita. Colei che dà la forma.” (Venexia, 2009), è stato presentato, il 17 febbraio, alla Casa internazionale delle donne di Roma. In quest’opera, l’autrice ci invita ad un viaggio di scoperta dei “miti cosmogonici” – miti di creazione del mondo – provenienti da ogni angolo del pianeta, in cui le divinità creatrici sono delle Dee, diversamente dalle visioni a cui siamo abituati/e e che appartengono alla classicità greco-romana e alle religioni monoteistiche quali l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam.Emblematico è il mito coreano di Mago: “…Mago è una figura più multiforme, oltre che più antica, di quanto lo sia Jahvé: è origine/progenitrice e creatrice ‘trascendente’; la sua sovranità – nel duplice senso della parola greca arché, che esprime sia il principio che la sovranità – è una ierofania, una manifestazione della sua incarnazione e della sua contemporanea appartenenza a un altro livello di esistenza; è femmina e maschio, ma si manifesta sulla terra, per essere percepita dagli occhi umani, al femminile perché femminile è il sesso che genera e contiene il maschile.” (pp. 51-52)

L’interesse dell’autrice per le figure del sacro femminile risale all’esperienza del gruppo “Donne e scrittura”, incentrato sulla ricerca dell’immaginario all’opera. Dalla ricchezza di quell’esperienza prese vita la Libera università delle donne di Milano, e in quell’ambito, alla fine degli anni ’90, la Percovich tenne tre Corsi rispettivamente su: “{Immagini del sacro femminile}”, “{Mitologie del divino}”, “{Storie di creazione}”.

L’autrice veniva dall’esperienza del movimento per la salute delle donne, in cui aveva svolto un ruolo molto attivo anche in campo editoriale, curando la collana “{Il vaso di Pandora}” della casa editrice La Salamandra, collana dedicata a dare voce ai gruppi che praticavano la riappropriazione della corporeità femminile anche attraverso il self-help (auto-aiuto) che comprendeva: l’autovisita dei genitali esterni e interni, lo studio dei cambiamenti ciclici durante la vita fertile femminile, la trasformazione delle mestruazioni in parte fondante dell’identità di donna, la controinformazione sui farmaci e sulle modalità del sistema sanitario pubblico e privato, lo sviluppo di un sapere relativo alla cura quotidiana della salute gestibile dalle donne, anche recuperando antiche conoscenze e pratiche popolari.

Un libro pubblicato in quella collana rappresenta, insieme all’esperienza del gruppo di scrittura, il nesso, a detta della stessa autrice, tra il suo impegno nel campo della salute delle donne e l’impegno odierno nel campo del sacro femminile: si tratta del libro “{Le streghe siamo noi}” (La Salamandra, 1975). Il testo è composto dalla traduzione dall’inglese – curata anche dalla Percovich – di due opere di autrici statunitensi impegnate nel Women’s Health Movement (Movimento per la salute delle donne): “{Streghe, levatrici, infermiere. Una storia di guaritrici}.” di Barbara Eherenreich; “{Malattie e disordini. La politica sessuale della medicina}.” di Deirdre English.

Lottando per riappropriarsi della corporeità, le donne dei gruppi di salute che praticavano il self-help scoprirono di avere delle antenate, che erano state demonizzate e perseguitate come “streghe”, proprio perché detenevano un sapere ed una visione basati sui ritmi della natura. Il presente si spalancò sul passato, lo sguardo si spinse fino all’inizio della modernità, nel XVI° secolo, e in questo modo insieme alla presa di consapevolezza che occorreva e si poteva ingaggiare la “lotta per la storia e per la memoria delle donne”, cominciò a maturare in alcune l’idea che insieme alla riappropriazione del corpo era necessario riappropriarsi anche dell’immaginario, non solo quello individuale, ma anche quello collettivo, il quale, insieme alla “vita materiale”, costituisce il fondamento di qualunque cultura.

“Quando le luci furono a posto, la Donna Ragno, la Donna Pensante, la Donna Pensiero, prese della creta rossa, gialla, bianca e nera e con essa creò le donne e gli uomini. E in ciascuno di loro pose un filo di saggezza creativa, che filò dalla sua essenza di Ragno: e così ciascuno fu attaccato a lei con un filo della sua ragnatela. E’ per questa ragione che ognuno di noi è legato alla Donna Ragno da un filo sottile posto all’apertura della sommità del capo. Chi non lo sa, lascia che questa apertura si richiuda; ma solo quando la teniamo aperta possiamo, lasciando uscire il nostro canto, restare attaccati alla saggezza della Donna Ragno.” (mito dei nativi americani, pp. 109-10).

– Luciana Percovich, “{{{ {{Colei che dà la vita. Colei che dà la forma}} }}}.” (Venexia, 2009)

{{Nota}}:

Luciana Percovich, che attualmente cura la collana “Le civette” dell’editrice Venexia, ha pubblicato “{{La coscienza nel corpo. Donne, salute e medicina negli anni Settanta}}” (Fondazione Badaracco-Franco Angeli, 2005) e “{Oscure madri splendenti}.” (Venexia, 2007).