Articolo di Maria G. Di Rienzo*

— Forse pensavano che piazzandolo in un villaggio agricolo con poco più di ottanta residenti non avrebbero incontrato alcuna resistenza: sto parlando del Thaad – Terminal High Altitude Area Defense, una sistema antimissilistico messo a punto contro gli Scud nel lontano 1991, durante la guerra del Golfo, che oggi ha ovviamente un’efficacia limitata. Tuttavia, ogni Thaad costa ottocento milioni di dollari e la sua costruzione, in carico alla Lockheed Martin Space Systems, prevede subappalti a ditte come Aerojet, BAE Systems, Boeing, Honeywell, MiltonCAT, Oliver Capital Consortium, Raytheon, Rocketdyne… bisognerà pure far funzionare l’economia statunitense: facendolo pagare ai governi “alleati”, ovviamente.

Così, la decisione di installare il sistema a Soseong-ri in Corea del Sud, presa dalla deposta presidente precedente, è oggi avallata dal presidente in carica (che durante la campagna elettorale aveva detto al proposito di avere tutt’altra intenzione). L’unico fattore che nessuno aveva preso in considerazione studiando il progetto sono le vecchiette. Non sono tante, sapete, una dozzina circa. Hanno dai sessanta agli oltre ottanta anni e bloccano l’unica strada che porta all’area dell’installazione ventiquattro ore su ventiquattro, costringendo l’esercito Usa a trasportare in loco i materiali tramite elicotteri.

Affrontano la polizia faccia a faccia. Agitano ombrelli e bastoni da passeggio contro gli elicotteri che passano sulle loro teste, urlando loro di andarsene. Sono pronte, dicono, a continuare la lotta ad oltranza. Sono delle feroci comunarde altamente politicizzate? No, vogliono la tranquillità che avevano prima, e che considerano giustamente un loro diritto.

“Non posso dormire – racconta ai giornalisti l’ottantasettenne Na Wi-bun, che vive a un chilometro dall’installazione – Prendo sonniferi, ma riesco a dormire solo due ore. Il rumore del generatore non si ferma mai”.

“Prima, di giorno eravamo nei campi e negli orti e la sera andavamo al centro civico comunale dove noi nonne passavamo il tempo insieme – conferma l’ottantunenne Do Geum-ryeon – Ora per noi non esistono più giorno e notte”. Lo scorso aprile la polizia ha malmenano quest’anziana, mentre con altre cercava di contrastare il passaggio dei camion militari statunitensi attraverso il villaggio. I lividi non l’hanno dissuasa: “Anche con il mio ultimo respiro intendo dire a queste persone che il Thaad devono portarselo via”.

“Sì, se ne deve andare – dice la sessantasettenne Kim Jeom-sook, una coltivatrice di meloni il cui nonno morì nella guerra di Corea (1950-1953) – A volte guardo in alto e sono terrorizzata all’idea che quelle casse appese agli elicotteri ci cadano in testa. Inoltre, il sistema non serve a niente: se la Corea del Nord volesse bombardarci potrebbe colpire ovunque e creare un mare di fuoco”.

Pace, ripetono instancabili le vecchiette. Pace nel nostro villaggio e pace fra le Coree e pace nel mondo intero.

* Giornalista, formatrice e regista teatrale femminista, autrice del blog lunanuvola. Ha autorizzato Comune a pubblicare i suoi articoli.