Castello Manservisi comune Alto Reno Terme
Rocchetta Mattei comune di Grizzana Morandi

Lungo la Valle dell’Alto Reno ci sono due strutture architettoniche significative. La Rocchetta Mattei e Il Castello Manservisi. Queste due realtà  hanno attratto a sé importanti iniziative culturali.

Partiamo dalla prima : LA ROCCHETTA MATTEI per poi andare alla seconda: IL CASTELLO MANSERVISI

 

 

albergo lungo il fiumr Reno

Alla fine del 1800, il conte Cesare Mattei, per ospitare gli illustri ospiti che giungevano da ogni parte per beneficiare delle sue cure, acquistò ed adibì ad albergo un edificio posto lungo il fiume Reno, ai piedi della Rocchetta Mattei, denominandolo Albergo della Rosa.

 

Oggi questo spazio vive, per volontà di Massimiliano Usai.  Una grande sala piena di luce è diventato il  luogo trasversale di sperimentazione visiva tra pittura e fotografia.  Un dialogano poetico e creativo tra due forme espressive.

 

 

Da pocO, in questo spazio,  si è conclusa  la mostra fotografica PERCORSI – PER CORPI curata da Federica Fiumelli

 

Numerosa è stata in questa iniziativa  la presenza di artiste.

Giuditta Uliani

Giuditta Uliani  con “Guardati e Guardanti, un giorno al Luna Park”.  Le giostre arrivano e vanno con i loro movimenti ondulatori, girano in fretta e come ogni anno si stabiliscono a Vergato. Nei giorni di festa, centinaia di genitori accompagnati da bambini eccitati, accendono le giostre di Vergato con la loro energia. Gli sguardi ed i movimenti sono i protagonisti di questa breve storia che può essere triste e malinconica, curiosa e divertente. E’ lo spettatore che troverà una risposta guardando questo racconto, che è volutamente in bianco e nero per ridurre il frastuono di colori per poter cogliere l’essenziale.

 

Laura Bellotti

Laura Bellotti con Angolo B : un altro punto di vista. “Osservo da una prospettiva diversa. Cerco di comprenderne l’essenza. È un esercizio, un’esigenza, un modo di guardare alla vita.”

Giorgia Bellotti

Giorgia Bellotti   “Come piume leggere i ricordi mi appaiono in sogno. Il passato, custode della mia identità, sembra riemergere nelle stanze polverose e inabitate come a rammentarmi un’assenza.  Attraverso oggetti e atmosfere appartenute a quel passato il sogno si fa tangibile così che io possa, per un istante, riassaporarne l’essenza. Resto in silenzio, lasciandomi accarezzare dalla luce di quelle emozioni ”

 

 

Gessica Raimondi

Jessica Raimondi  con Disconformità   “Le discordanze stratigrafiche sono disconformità nelle quali la superficie di erosione indica chiaramente una lacuna di sedimentazione.”Queste fotografie sono la storia di identità negate, di rotture e strappi interiori, di pezzi di puzzle che non trovano il giusto spazio in cui incastrarsi. Sono la storia di strati non allineati, di segni del tempo che passa e si attacca a tutto ciò che trova, come un parassita. La storia (non di grandi drammi interiori ma) di piccole incongruenze apparentemente non visibili perchè nascoste dietro strati di altri materiali che lì si sono depositati. Sono la storia di oggetti lasciati lì, dimenticati

per distrazione per strada e ritrovati per caso. Hanno fondamentalmente l’urgenza di scatenare nel lettore una tenue sensazione, nascosta sotto la superficie, che qualcosa non vada, che qualcosa non si trovi al suo posto o non funzioni come dovrebbe.

 

 

Alessandra Neri

 

Alessandra Neri  con Saudade   “Sentimento di nostalgico rimpianto, di malinconia, di gusto romantico della solitudine, accompagnato da un intenso desiderio di qualcosa di assente (in quanto perduto o non ancora raggiunto).  La Sludade è parola portoghese di impervia traduzione, perché è una parola-concetto, perciò viene restituita in altre lingue in maniera approssimativa.[…]   E’ dunque qualcosa di straziante, ma può intenerire, e non si rivolge esclusivamente al passato, ma anche al futuro, perché esprime un desiderio che vorreste si realizzasse. E qui le cose si complicano perché la nostalgia del futuro è un paradosso. (A. Tabucchi)  Un percorso fotografico realizzato in analogico b/n, nel quale ogni foto è la materializzazione visiva di un intimo momento di saudade.  La nostalgia, la solitudine affiorano sulla carta fotografica lentamente, come il ricordo di un sogno. Alessandra Neri.  Le sue fotografie sono la storia di identità negate, di rotture e strappi interiori, di pezzi di puzzle che non trovano il giusto spazio in cui incastrarsi. Sono la storia di strati non allineati, di segni del tempo che passa e si attacca a tutto ciò che trova, come un parassita. La storia (non di grandi drammi interiori ma) di piccole incongruenze apparentemente non visibili perché nascoste dietro strati di altri materiali che lì si sono depositati. Sono la storia di oggetti lasciati lì, dimenticati per distrazione per strada e ritrovati per caso. Hanno fondamentalmente l’urgenza di scatenare nel lettore una tenue sensazione, nascosta sotto la superficie, che qualcosa non vada, che qualcosa non si trovi al suo posto o non funzioni come dovrebbe.

Fabrizio Carollo

Fabrizio Carollo   “Nella fotografia, la tecnica è soltanto al servizio della passione e del cuore, così come delle sensazioni che si provano nell’osservare la vita, un dettaglio o un’opera dell’uomo e della natura. Inquietudine, dolcezza, capacità di emozionarsi per tutto ciò che risalta ogni giorno nella realtà che solo l’artista è in grado di vedere.”La sua interpretazione delle immagini varia dal paesaggio al ritratto, prediligendo certamente un contesto che si avvicina all’abbandono e che, talvolta, sfocia nelle tinte sensuali dell’horror, marcando sempre gli aspetti più nascosti (e spesso cupi) della mente umana.

 

 

Giovanni Modesti

Giovanni Modesti con Evanescenza   “Siamo solo di passaggio? La nostra esistenza si dissolverà inesorabilmente nel tempo, le uniche tracce che rimarranno testimoni del nostro passaggio saranno le nostre opere.”

 

 

 

 

Giorgio Barbato

Giorgio Barbato  con Io sono un angelo.  “Il cielo non è quello sopra Berlino. E gli angeli non si muovono invisibili per le città, ascoltando i pensieri dei passanti.  Alla domanda – Chi sei? – rispondono: io sono un Angelo. Rock, elegante, sportivo, intrigante. Attraverso l’obiettivo alla ricerca di un Angelo in terra; che sia maschio o femmina non importa, l’Angelo non ha sesso. In punta di piedi, con un po’ di eleganza, in un eterno istante. La bellezza ma anche la normalità di un angelo attraverso il corpo di uomini e donne, modelli e modelle. L’Angelo, questa figura che rappresenta un po’ l’immortalità, colta nell’immediatezza e spontaneità di chi si contrappone all’obiettivo di chi fotografa. Senza fretta, la ricerca di altri Angeli continua…”

 

 

 

 

Luca Zanoni

Luca Zanoni   Con Schegge di Mali presenta la sua opera prima.  Ha viaggiato perlopiù a piedi, lunghe tratte e poche soste, indaga sé nel movimento, nella diversità.  Attirato più volte dal continente africano, ne riporta un ritratto intriso di sé, completamente soggettivo e teso al viscerale. La materia, i sensi, le emozioni si fondono con l’oggettivo vissuto.

 

i monili di Di elena Brasa

 

Elena Brasa   In un soppalco del salone, quasi fosse un laboratorio i suoi monili:  ottone modellato e galvanizzato che garantisce durevolezza e inalterabilità nel tempo. Ottone che diventa foglia, sfera mistica, amuleto o salvifica armatura con rimandi continui all’arte africana e al grafismo lirico e sensuale di Beardsley.

 

Massimiliano Usai

In questa mostra tra le opere esposte anche  Crucify My love (La quiete dopo la tempesta)  di Massimiliano Usai.   Una istallazione votiva di ispirazione trecentesca in cui fotografia, pittura e scultura si intrecciano nel racconto di un desiderio eroso, scheggiato, consumato.  I supporti lignei che Usai elegge sono corpi grezzi, scheggiati, vissuti, consunti, sono già di per sé scenari preziosi e irrisolti come i soggetti che vanno ad ospitare.  L’immagine fotografica perde la propria definizione, l’abbandona, si spoglia, per scivolare sul rugoso supporto ligneo, diventando così un’impressione pittorica, sussurrata, delicata, quasi accennata, abbozzata, irrisolta, vaga ed eterea come un eterno sognare.

Massimiliano Usai

 Molti dei lavori di Massimiliano Usai saranno esposti anche al Castello Manservisi  da domenica 2 luglio  fino a domenica 16 luglio . La mostra dal titolo: “Di legno e di cenere” .

Un  progetto visivo che dal 2016 ha scelto di presentare e raccontare, oltre che essere il titolo del disco di Roberto Vitale con il quale Usai condivide la passione artistica, i due infatti sono fonte d’ispirazione reciproca per i propri percorsi artistici e professionali. Non i filosofi, ma coloro che si dedicano agli intagli in legno e alle collezioni di francobolli costituiscono l’ossatura della società. (Aldous Huxley, Il mondo nuovo, 1932)

Opera di Massimiliano Usai

Alla ricerca di materiali essenziali, i supporti che predilige sono concreti, fisici, poveri, trovati, i pezzi di legno che raccoglie di volta in volta nel suo vagare inquieto e curioso sono multiformi e irregolari, hanno diverse dimensioni,  ma soprattutto appartengono come pelle ai luoghi nei quali l’artista vive o viaggia.

I supporti lignei che Usai elegge sono corpi grezzi, scheggiati, vissuti, consunti, sono già di per sé scenari preziosi e irrisolti come i soggetti che vanno ad ospitare.

Che siano paesaggi lagunari o di montagna, che siano corpi maschili o femminili, l’artista interviene con necessità, con urgenza facendo sempre dialogare la materia: pittura, fotografia, cenere o cera, con il supporto in legno e con la profondità del soggetto che coniuga ad un sentire vivace, attento, profondo mai stanco, onirico.

Le immagini fotografiche che Usai scatta o trova in rete, come la serie dedicata a soggetti pornografici, vengono, attraverso un accurato procedimento tecnico, impressionate sul legno, traslando così materialmente e concettualmente. L’immagine fotografica perde la propria definizione, l’abbandona, si spoglia, per scivolare sul rugoso supporto ligneo, diventando così un’impressione pittorica, sussurrata, delicata, quasi accennata, abbozzata, irrisolta, vaga ed etera come un eterno sognare.

I paesaggi naturali invece, appartengono ad un immaginario comune per chi abita questi antichi Appennini, e fin da subito l’osservatore riconosce e si riconosce in quei luoghi silenziosi, immensi e soavi; i profili montuosi e lagunari dipinti da Usai divengono profili corporei, astratti, informali, densi di memoria personale e storica.

Le montagne e i laghi dipinti vengono sottratti da dettagli inutili e quello che ne rimane sono grumi di materia vitale. I depositi materici sono depositi di memoria, evocativi, risultati di combustioni, erosioni, processi chimici-alchemici, nei quali la materia si trasforma, muta come corpo incandescente. Il formato orizzontale inoltre ci riporta ad un taglio fotografico di memoria paesaggista, dove Usai trae forza come un eco, un richiamo.

“Natura Naturans” per citare un grande pensatore moderno come Giordano Bruno, nei paesaggi di Usai, è percepibile più che mai; l’idea di una natura panteistica, genitrice, divina, totalitaria, avvolgente, immersiva, fuori da ogni logica, potente e inaferrabile, ma anche melanconica, tarkoskiana, indistinta, bagnata di memoria e bellezza.

Il legno diviene così uno strumento laico e profano allo stesso tempo, carico di mistero e fascino, un supporto evocativo che invita l’osservatore oltre che allo sguardo, al tatto.

Le combustioni e la cenere che Usai utilizza nelle proprie tecniche lavorative ci riconducono ad un’idea di arte che non ha paura a mostrare i propri meccanismi, i propri procedimenti e decadimenti, non a caso lo stesso artista cita un’importante dichiarazione di Gilberto Zorio:  “Aspiro a un’arte che non sia fissata in una forma, che si apra all’imprevisto, che agisca.”

Roberto Vitale musicista

L’evento si chiude con un concerto dove l’autore delle opere esposte Massimiliano Usai  si esibirà assieme a Roberto Vitale