Articolo di Antonello Tolve da alfabetapiù 

—Città apparentemente periferica rispetto ai grandi centri dell’arte in Italia, Firenze rappresenta, del secondo Novecento, un nucleo irrinunciabile per comprendere alcuni movimenti e alcune ricerche sperimentali legate alla parola, alla contaminazione, alla transemioticità. Dal nucleo pentagonale della Poesia Visiva (Giuseppe Chiari, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Luciano Ori e Lamberto Pignotti) alla linea dell’Architettura Radicale – basti ricordare, in quest’ambito, il lavoro di Superstudio e di Archizoom Associati – il volto di Firenze, dalla seconda metà degli anni Sessanta a oggi, presenta la smorfia di chi, cosciente d’essere «sempre stato oscurato, se non marginalizzato» perché erede di un passato aureo (Firenze è «città per eccellenza sede e sintomo dell’arte italiana tout court» ha ricordato Maria Grazia Messina nel tracciare il filo logico della storia), è consapevole del ruolo giocato nel contesto delle avanguardie internazionali, nel dibattito delle arti e della critica.

Allo scenario di questa elegante città che guarda al passato e si proietta nel futuro, Alessandra Acocella e Caterina Toschi hanno dedicato un volume a più voci (italiano/inglese), Arte a Firenze 1970-2015

Una città in prospettiva, per raccontarne le avventure e le strategie, i ruoli giocati dal pubblico e dal privato, dal centro e dalla periferia, dalle figure dell’arte e dalle mostre esemplari – indimenticabile nel 1980 Umanesimo, Disumanesimo nell’arte europea contemporanea, curata dall’oceanica Lara Vinca Masini alla quale di recente non è stato concesso di fruire della Legge Bacchelli.

Voluto da Senzacornice-Laboratorio di ricerca e formazione per l’arte contemporanea, e realizzato grazie al contributo dell’OAC-Osservatorio per le Arti Contemporanee (un braccio dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze che promuove e «si fa interprete delle realtà multidisciplinari che operano per la cultura e l’arte contemporanea»), il volume disegna filologicamente una storia irrinunciabile, un’atmosfera fatta di condivisioni e aperture al nuovo.

«La Galleria Schema e il suo bollettino “Schema informazione”; lo Spazio Zona; art/tapes/22; la Villa Romana di Joachim Burmeister; il Centro Di di Ferruccio e Alessandra Marchi; la scelta del Libro d’Artista come medium privilegiato delle nuove ricerche: questi i nodi di una rete di condivisione dell’avanguardia a Firenze tra il 1968 e il 1978 che, indagati minuziosamente, ricollocano la città in un contesto internazionale e ne restituiscono una immagine equidistante sia da sterili campanilismi che da distratte penalizzazioni», avvisa Barbara Cinelli in un breve ma incisivo saggio d’apertura, La stagione dell’impegno, dedicato a un decennio felice.

Dall’analisi di Desdemona Ventroni sulle linee della Galleria Schema – sul suo rapporto con L’Attico di Roma, con Toselli e Françoise Lambert di Milano, con la Modern Art Agency di Napoli e con Marilena Bonomo di Bari – fondata da Alberto Moretti, Roberto Cesaroni Venanzi e Raul Dominguez, al focus sullo spazio Zona (proposto da Caterina Toschi) che dialoga pionieristicamente con il collettivo Media Space di Perth, per giungere via via alla Villa Romana e alla mostra I materiali del linguaggio (approfondita da Carlotta Castellani), alla luminosa esperienza editoriale del Centro Di (ripercorsa da Elena Salza), ai libri d’artista e alle mostre tra gli anni Settanta e Ottanta (Valentina Russo), al laboratorio di produzione art/tapes/22 (il cui itinerario è ricostruito tramite una conversazione tra Leonardo Bigazzi e la fondatrice Maria Gloria Bicocchi, assieme al marito Giancarlo), allo Studio d’arte Il Moro (Eva Francioli) e a tutta una serie di importanti eventi che trasformano la città in un luogo abbagliante dell’arte, si giunge al presente.

Dopo una serie di importanti saggi dedicati agli anni Ottanta – la succitata mostra curata da Lara Vinca Masini, i progetti di Mario Mariotti (organizzatore e creatore di eventi), la generazione «Westuff» (1984-1987) e le grandi mostre organizzate dal comune tra il 1983 e il 1987 – si arriva ad un capitolo di storia recente che vuole non solo scommettere sul futuro ma anche mostrare le eventuali vie da seguire. Il vuoto istituzionale e le sue alternative è, infatti, titolo attento a ricostruire le vicende che, dalla questione di un mai realizzato museo d’arte contemporanea (proposto da Carlo Ludovico Ragghianti nel 1967, che esortava alla nascita del MIAC-Museo Internazionale di arte Contemporanea) ai vari centri come l’EX3 (purtroppo ormai dismesso) e Quarter, punta sul nuovo, sull’investimento in cultura contemporanea, sulla promozione e sulla ricerca di un territorio che deve scrivere, oggi, il proprio futuro.

Arte a Firenze 1970-2015. Una città in prospettiva   a cura di Alessandra Acocella e Caterina Toschi