Negli ultimi giorni ho avuto difficoltà, e l’ho ancora, a scrivere di Adele Cambria perché significava accettare la scomparsa di una persona libera e coraggiosa, spesso scomoda ma che non si è mai piegata agli imperativi o ha avuto cedimenti di senso.
Adele era una minuscola folletta, arguta e irridente, dagli occhi azzurri penetranti e con “due passioni, per le donne e per Gesù”, ricordate da un suo caro amico nella cerimonia funebre a San Salvatore in Onda dove il celebrante ha dichiarato di aver saputo solo il giorno prima dell’importanza di quella “anziana donnina” che frequentava la sua antica chiesa (XII sec.), eretta a salvezza delle continue inondazioni del Tevere.
Adele avrebbe apprezzato il garbo e la misura, la sincerità profonda del rimpianto che circolava tra le dodici colonne di scavo delle navate, dove lo sguardo vagava dall’immagine della Virgo Potens (testimonianza del culto mariano ottocentesco), al sontuoso cuscino di fiori rossi, adatti a una femminista storica, d’area radicale e poi socialista, mai pentitasi delle tante battaglie “per la verità e la giustizia”, partecipe di ben diverse ‘ondate’ di femminismo, poi femminismi. Fiori adatti anche a “quella zia” sempre chic, funambola su tacchi altissimi e amante dei gioielli appariscenti, che tentava d’indirizzare la ben più sobria, e affranta, “unica nipote femmina” a frivolezze della moda, regalandole “foulard turchesi”.
Speranze ed etiche laiche appartenevano ad Adele, capace sempre di stupirsi, emozionarsi e indignarsi. Generosissima nel guardare al mondo, cittadina del mondo oltre che dell’amata Roma e del suo Sud cui dedicò, per la Rai, il Trittico meridionale, trasmissioni su Ernesto de Martino, Maria Occhipinti e Reggio Calabria.
Per via dei suoi larghi cappelli e dei tacchi, rimase una volta impigliata tra rami e scogli di una riva di Puglia, a gridare “Aiuto!” come narrato da una sua carissima amica che ne aveva condiviso, con figli e nipoti, la vacanza.
Fu probabilmente l’unica volta in cui Adele non si trasse d’impaccio da sola, abituata com’era a calcare le scene della vita con “il passo della tigre” rammentato nei versi di Edda Billi, letti da Lea Migale, portatrice del corale, affettuoso cordoglio, della Casa internazionale delle donne.
Dagli esordi, Adele investì sentimenti, talenti e impegno, anche finanziario, nelle “politiche dei luoghi”: dal Governo Vecchio, primo fulcro del femminismo romano all’odierna Casa alla Lungara.
Nei lunghi e pluridecennali e gelidi inverni dell’occupazione dell’ex Buon Pastore che ne ha garantito la realizzazione in nome della cittadinanza femminile, largamente intesa, Adele era una voce squillante, spesso positivamente critica, che usciva da un monticello di cappotti, cappucci, sciarpe, guanti di lana che parevano muniti di vita propria. Non c’è stato momento in cui Adele non abbia prestato la sua penna a far uscire sulla stampa nazionale notizie riguardanti le donne e a un generale ringraziamento si deve aggiungere la riconoscenza per essere stata tra le prime a donare libri e carte nel periodo di formazione di quella che oggi è Archivia e di aver da subito fatto iniziare una catalogazione del suo posseduto bibliotecario, archivistico e fotografico, che ne riempiva la casa, a presupposto dell’incremento del suo “fondo”.
Protagonista della cultura e del giornalismo italiano dalla fine degli anni Cinquanta del Novecento, Adele si spese sempre per la libertà d’espressione e d’informazione (es. firmò da direttrice responsabile di Lotta continua quando le leggi vigenti imponevano la presenza di un/una giornalista professionista per l’apertura di una testata). Scrisse su Il Giorno, Il Manifesto, L’Espresso e su altre testate nazionali; delle sue tante e celebri vicende giornalistiche, legate a eventi di portata nazionale, contarono anche un famoso processo (con assoluzione), per un articolo sull’assassinio di Calabresi.
Adele ebbe molteplici interessi. Quelli storici, coniugati alle ‘politiche delle donne’, la resero un’antesignana negli studi di personaggi e vicende, al femminile, con pubblicazione d’indito materiale di ricerca: es. Maria Josè (Longanesi, 1966); Amore come rivoluzione – La risposta alle lettere dal carcere di Antonio Gramsci con lettere delle tre sorelle Schucht, una delle quali, Giulia, sposò Gramsci (Sugarco, 1976); In principio era Marx (Sugarco, 1978); Il Lenin delle donne (Mastrogiacomo, 1981); L’Italia segreta delle donne (Newton Compton Editori, 1984); Storia d’amore e schiavitù (Marsilio, 2000), che la rese finalista al premio Elsa Morante e settima al Premio Strega; Isabella. La triste storia di Isabella di Morra (Osanna Venosa, 1997); In viaggio con la Zia, Città del Sole Edizioni, 2012). Numerosi i premi: (es. Corrado Alvaro 2008; Letterario città di Palmi, 2011; Ottobre in Poesia con ‘chiave poetica’ della città, 2012).
Amica di Oriana Fallaci, Camilla Cederna e di Pier Paolo Pasolini, recitò per lui in Accattone, Comizi d’amore, Teorema, e per Carlo De Palma in Teresa la ladra.
Costante l’impegno nelle emittenti televisive (es. il ciclo di trasmissioni E la Tv non creò la donna per la Rai, 2000-2003) e nella produzione teatrale: Nonostante Gramsci (prima al Teatro della Maddalena, 25 maggio 1975); In principio era Marx – La moglie e la fedele governante (prima al Teatro Bellini di Napoli, 1980).
Adele, femminista storica, come si indicano le appartenenti alla generazione (politica, non anagrafica), che dette vita al movimento femminista anni Sessanta-Settanta del Novecento, fu co-fondatrice di Noi Donne (rivista che da poco ha celebrato il settantennio), di Effe e del Teatro La Maddalena di Roma: ‘luoghi’ costruttori d’identità femminista, di una nuova centralità femminile; crogiuoli (ribollenti) di culture alternative, di linguaggi che avviarono irreversibili e riconoscibili cambiamenti nelle leggi e nel costume del nostro Paese.
Di quelle esperienze, narrò gli inizi con pratica politica, autenticamente femminista, di corretta memoria storica e reciproco riconoscimento:
“All’inizio ci riunivamo a casa mia, oppure di Agnese de Donato. Io amavo passeggiare in centro ed è così, per caso che, passando a piazza della Stelletta, vidi l’avvio d’affitto del palazzetto che poi avrebbero chiamato La Maddalena per via della chiesetta lì vicino. Affittammo dal sign. Diamante per 120.000 lire; lo spazio per noi era grande. Dacia Maraini era reduce dal successo teatrale di Manifesto del carcere: la convincemmo ad utilizzarlo. Dacia lo pensò come Teatro delle donne e vi lavorò fino a quando fummo costrete a chiudere. É stata meravigliosa! All’inizio non avevamo niente: Anna Piccioni ci regalò le seggiole e Saviana Scalfi il pavimento. Formammo così l’associazione La Maddalena. Fcevo parte sia dell’associazione che della redazione di Effe: ne sono diventata la direttrice quando Gabriella Parca, quasi subito, se ne è andata. Anch’io vi ho esordito come teatrante con la commedia Nonostante Gramsci.”
L’esperienza di Effe e dell’associazione contribuì al clima in cui, nella primavera del 1974, si tenne, a Pinarella di Cervia, il 1° Congresso femminista italiano, cui seguì quello di Paestum. Tappe di un percorso che ha intessuto tutta la vita di Adele. Una vita piena, lucidamente e coerentemente vissuta nelle scelte e spesa per lei stessa e per le altre. Ci mancherai, Adele.