In molt*, quando qualche mese fa una ragazzina italiana di origini
marocchine è stata picchiata selvaggiamente da un gruppo di coetanei/e per
non aver ceduto il post in autobus, abbiamo pensato (scrivevo “forse non
inutilmente”) a Rosa Parks, un’icona della lotta per i diritti civili.Eppure ancor oggi il gesto di “disobbedienza” di questa donna ci è
consegnato dalla storia come un atto “eroico”, ma individuale e quasi
spontaneo messo in atto da una modesta sartina afro-americana che, un bel
giorno (era il primo dicembre del 1955), rientrando stanca dal lavoro,
rifiuta di alzarsi da un posto riservato ai/alle “bianchi/e” su un autobus
della razzista e segregazionista cittadina di Montgomery, in Alabama,
scatenando con il suo arresto il famoso Montgomery Bus Boycott.

{{Ma il “rifiuto” di Rosa Parks non nasce dal “nulla”}}. Le lotte
antisegregazioniste avevano già una lunga storia: già l’anno prima, ad
esempio, la Corte Suprema aveva dovuto dichiarare non costituzionale la
segregazione scolastica (che di recente ha ispirato la proposta della Lega
Nord di “classi separate” in Italia).

{{La stessa Rosa Parks era del resto attiva, dal 1943, nel movimento per i diritti civili}}: segretaria della
sezione di Montgomery della National Association for the Advancement of
Colored People (NAACP, fondata nel 1909) era assidua frequentatrice della
Highlander Folk School, un centro educativo per i diritti dei lavoratori e
per l’uguaglianza razziale.

Del resto, quel giorno del 1955, {{furono
arrestate con lei altre due attiviste afroamericane}}, {{Claudette Colvin}} e
{{Mary Louise Smith}}, che già in precedenza erano state tratte in arresto e
multate per essersi rifiutate di cedere i posti “per bianchi”.

La sera
stessa dell’arresto, inoltre, fu un’altra donna (bella figura di
intellettuale/militante come oggi non esistono quasi più), {{Jo Ann Robinson}}
– docente universitaria e attivista della Women’s Political Council,
un’organizzazione di donne afro-americane -, a scrivere, fotocopiare e
distribuire con altre militanti della WPC un volantino che invitava a un
giorno di boicottaggio dei mezzi pubblici.

Iniziato qualche giorno dopo
l’arresto di Parks, Colvin e Smith, il boicottaggio si estese coinvolgendo
anche altre organizzazioni come il Civil Rights Movement (guidato da un
allora ancora pressochè sconoscuto Martin Luther King): in migliaia nei
mesi successivi (precisamente per 381 giorni) non salirono sugli autobus,
e poiché quasi i 3/4 degli utenti degli autobus di Montgomery erano
“negroes”, il boicottaggio causò anche un danno economico notevole.

In
seguito al protrarsi e al diffondersi della protesta, nel 1956 il caso
approdò alla Corte Suprema degli Stati uniti che decretò incostituzionale
la segregazione sui mezzi pubblici.

Seppure lontana nel tempo questa storia (raccontata in questa maniera) mi
sembra ancora utile e ricca di spunti per quant* intendono opporsi
(attivamente) a razzismo, sessismo e fascismo, in un contesto come quello
odierno caratterizzato (qui e altrove) dal moltiplicarsi di aggressioni
fasciste contro militanti, migranti e soggetti “fuori della norma”,
esacerbato e violento sessismo, strapotere degli apparati polizieschi e
repressivi (per i quali anche aver protestato contro il summit di Vicky
sull’immigrazione diventa prova a carico per l’accusa di “terrorismo”).

E allora se le cose non nascono dal nulla, se il gesto individuale fuori
da un contesto di lotta non basta e soprattutto se un blog è, e resta, un
blog (ma se sono – anche – qui a scrivere penso possa servire a qualcosa,
finchè potrò ancora farlo) … ATTIVIAMOCI.