Nonostante il nome, in numerosi Paesi del mondo la {Giornata internazionale della donna} non è (ri)conosciuta, fra questi anche la Turchia e , dunque, acqusta un alto valore simbolico l’inaugurazione di due mostre di artiste proprio in questa giornata.Nonostante il nome, in numerosi Paesi del mondo la {Giornata internazionale della donna} non è (ri)conosciuta. Fra questi anche la Turchia, per geografia e cultura collocata sulla linea di faglia fra Europa e Asia. Istanbul è una metropoli affascinante, non solo per i suoi monumenti e la sua storia, ma anche perché ovunque sono visibili {{i segni dell’incontro-confronto fra mondi, culture e interessi economici diversi}}: basta percorrere una delle tante superstrade che si snodano tra grattacieli, campi incolti, quartieri residenziali e lunghe teorie di centri commerciali; oppure fruire dell’efficienza dei trasporti pubblici nonostante autoveicoli d’antan. Sul Bosforo l’imponente popolazione studentesca che affolla decine di università, pubbliche e private, convive con la crescente islamizzazione della sfera pubblica, mentre l’Istanbul Modern, sorprendente museo d’arte contemporanea, offre un colpo d’occhio sull’arte turca tra il XIX secolo e l’attualità, accanto a intelligenti mostre temporanee di taglio internazionale.

In questo contesto assume un particolare valore simbolico {{l’iniziativa della Doğuş University a Istanbul}} (http://www.dogus.edu.tr/en/academic/finearts/entry.asp) di inaugurare proprio l’8 marzo{{ due mostre di donne (visibili fino a giugno)}}. L’attiva Faculty of Fine Arts and Design, guidata da {{Nazan Erkmen}}, ha accolto nelle sue sale le opere di alcune artiste turche, a confronto con l’opera di tre europee. Nella esposizione itinerante {Trittico}, infatti, {{Primarosa Cesarini Sforza}}, {{Lea Contestabile }} e {{Susana Talyero}} illustrano le relazioni e i nessi – fra persone, oggetti e immagini – di cui si nutre la creatività di ciascuna. Così le figure ricamate e dipinte dialogano con le sculture, i quaderni di appunti e i libri d’artista, con l’intento di ricostruire l’atmosfera dell’atelier, inteso come luogo fisico di lavoro e universo intellettuale di ispirazione.

Nei medesimi locali della Doğuş University sono esposti{{ una ventina di opere, di altrettante artiste turche,}} in cui figurativo e astratto spesso convivono, come nei paesaggi di {{Ayşe Özel}} in cui gli edifici si trasformano in elementi geometrici, le onde del mare in ritmi ondulati, suggerendo il percorso che unisce idealmente l’aniconismo islamico e l’arte astratta occidentale. Oppure nei quadri di {{Pesent Dogan,}} in cui è possibile rintracciare echi della cultura visiva del modernismo nel dialogo serrato fra i personaggi e i motivi dello sfondo, i primi sono quasi assorbiti nel ritmo fitto di linee e colori.

Esplicitamente dedicata alle donne è la scultura di {{Meric Hızal,}} una delle maggiori artiste del paese, nelle cui nitide geometrie in marmo, bronzo o legno sono intagliate parole che rendono immediata l’identificazione fra forma e contenuto, come nel caso dell’omaggio all’ennesima vittima della violenza di genere, uno stilizzato nastro rosso con il nome della vittima intagliato a traforo. In altri casi, invece, i linguaggi sono volutamente in debito con l’illustrazione, la grafica pubblicitaria e il fumetto, enfatizzando fino al grottesco {{la trasformazione del corpo femminile in feticcio o in supporto del marketing}}, come ad esempio nelle tele della giovane {{Irmak Akcadogan }} o di {{Aysegul Izer}}, oppure nei disegni di{{ Ezgi Karaata}}, in cui si ironizza sulle relazioni fra i sessi.

Non poteva mancare, infine, l’illustrazione vera e propria – settore importante delle arti visive già in epoca ottomana – con {{Serap Murathanoglu Eyrenci}} in cui rivive la tradizione della miniatura aggiornata nelle forme dell’espressionismo. Illustratrice è anche{{ Nazan Erkmen}}, che ha ideato questa manifestazione come parte di un più ampio progetto che, grazie al supporto della Rotary Foundation, fa perno sulla {{promozione del microcredito alle donne nel settore delle arti applicate tradizionali}}, in particolare di quelle che hanno in Medio Oriente uno splendido background, come i tessuti. Quest’ultimo è anche il medium prediletto da {{Serife Atlihan}}, che ha dato vita al DOBAG Project con le donne dei villaggi rurali dell’Anatolia, e di {{Gunay Atalayer }} che combina le tecniche antiche con materiali nuovi, quasi come una filosofia di vita per affrontare senza timori la modernizzazione che attende ancora ampie zone della Turchia.

In mostra anche i lavori di {{Berika Ipekbayrak, Duygu Beykal Iz, Cigdem Erbil, Cimen Bayburtlu, Sevim Ozyurt, Sehnaz Yalcin Wells, Vesile Aykac, Oya Abaci, Inci Senel, Nesegul Ekinci, Zeynep Ozturk, Yasemin Sari Bayer, Sibel Avci Tugal, Dilara Kologlu, Esra Meral Demircan.}}

{Immagini allegate}

1. I lavori di{{ Lea Contestabile }} e {{Primarosa Cesarini Sforza}} nella mostra {Trittico}
2. Meric Hızal
3. Dilara Kologlu