Ci sono film che dovrebbero essere visti proprio da tutti. L’opera del regista rumeno Cristian Mungiu, “4 Mesi, 3 Settimane, 2 Giorni” e vincitrice a sorpresa dell’ultimo festival di Cannes, è incentrata sul tema dell’aborto clandestino nel suo Paese ed è una delle visioni più imprescindibili che si possano immaginare. Dovrebbero vederla le donne, poiché la tragedia che si racconta le tocca e le ferisce davvero da presso, in prima persona. Dovrebbero vederla le ragazze, in particolare, e certamente non per astenersi dall’avere rapporti sessuali onde evitare di incorrere in un destino simile a quello della sfortunata protagonista di questa terribile, dolorosissima vicenda umana. Le donne tutte, più o meno giovani, dovrebbero vederla, non per spaventarsi come detto, ma per fremere di un salutare sdegno. Per sentirsi divampare dentro il sacrosanto fuoco della collera. Per cavalcare la rabbia che sentono montarsi in corpo: assicuriamo che, durante e dopo la proiezione in sala, risulterà impossibile per qualsiasi donna non percepire uno sdegno che, raramente un film, da solo, ha potuto suscitare.
_ Che storie come quella narrata nel film, ancorché ambientata alla fine degli anni ’80 durante l’ultima fase della dittatura comunista in Romania, possano e debbano capitare ancora oggi, nel cuore stesso della “moderna” Europa e con tanto di beneplacito omertoso dei piani alti, è un fatto che provoca nient’altro che orrore.
_ Per quanto attiene il “caso Romania” del periodo Ceauşescu, non ha avuto neppure voce in capitolo il discorso “Chiesa cattolica”, come ha chiarito il regista stesso presentando il suo film in conferenza stampa. E’ stato paradossalmente (o, a ben guardare, in fondo non così tanto) lo stesso regime comunista a voler ancora promuovere una “politica delle nascite” identica a quella del Vaticano, per ragioni non poi tanto diverse: tutto nasce dalla necessità di avere nuovi soldati da ammaestrare (del regime, di Cristo).
_ {“4 Mesi, 3 Settimane, 2 Giorni”} andrebbe visto, naturalmente, anche da uomini dotati del medesimo spirito critico del regista affinché il ribrezzo nei confronti di pratiche barbariche ancora perpetrate nel mondo a spese di tante donne smuova anche le loro coscienze, facendoli interrogare sulle conseguenze devastanti che esse producono sulla loro psiche per lungo tempo a venire.
_ E, più di tutti, dovrebbero venire legati alle poltrone delle sale gli ambienti vaticani e Papa Ratzinger in testa, che non più tardi di alcuni giorni orsono trovava ancora fiato da spendere per tornare a condannare l’aborto come pratica che non competerebbe all’uomo ({“non è un diritto umano”}: così si è espresso). E cosa ne è dei diritti umani di tante donne nel mondo? Viene immediatamente da rispondergli. Donne come le giovani protagoniste di questa pellicola talmente coraggiosa da rifuggere le logiche dell’omertà per parlare di un tema che, ancora nel 2007, riguarda purtroppo milioni di ragazze nel mondo, e non solo a svariati chilometri di distanza da noi, come tante “anime candide” amano ripetere a loro stesse per evitare di confrontarsi con argomenti tanto “sgradevoli”.
_ E infine aggiungiamo: cosa abbiamo da inorridire proprio noi, dalla privilegiata prospettiva italiana, quando dallo scorcio del nuovo millennio ancora in tanti tornano a discutere della necessità di ritornare sulla legge 194 che regolamenta l’aborto da noi fin dal ‘78? Consigliamo caldamente ai signori benpensanti di farsi e farci un favore recandosi ad acquistare il biglietto del film, prima che quest’ultimo venga fatto sparire dalla circolazione (e c’è da credere che accadrà entro brevissimo termine), per venire a riparlarci in seguito dei loro argomenti: sapendo però già, in cuor nostro, che ciò non avverrà e che niente potrà mai cambiare, finché opere che dimostrano tanto coraggio saranno visionate solo da chi è già edotto sul tema e non può che condividere la battaglia del giovane regista, facendola propria.