fHNeAOgzBuVAswJ-556x313-croppedGiulia stava andando ad ascoltare un concerto, la Love Parade a Duisburg, e non è più tornata. È morta a 21 anni nella calca che il 24 luglio 2010 ha trasformato il tunnel di accesso e uscita alla vecchia stazione merci in una “trappola per topi”. La giustizia tedesca ha chiuso il caso – 21 morti e 650 feriti – senza aver istruito il processo-  si è aperta ora una petizione per chiedere giustizia . Questa la lettera della mamma di Giulia.

 

Sono la mamma di Giulia.

Giulia stava andando ad ascoltare un concerto, la Love Parade a Duisburg, e non è più tornata. Non tornerà mai più, e come lei tanti ragazzi che non si conoscevano ma che ad un certo punto della loro vita, troppo breve, si sono trovati a Duisburg il 24 luglio del 2010 spinti dalla voglia di essere presenti, di partecipare. Da lì non torneranno più. Perché?

Insieme a Gabi Müller in Germania e agli altri genitori, ci stiamo mobilitando insieme per chiedere alla Corte d’Appello di Düsseldorf di continuare le indagini. Vogliamo giustizia, e consegneremo le firme raccolte con il vostro sostegno per farci ascoltare: vogliamo giustizia.

Come mamma mi sono chiesta tante volte cosa avrei potuto fare per proteggerla, per evitare questo. Non so darmi una risposta. Ma altri sicuramente avevano questo compito. Chi ha proposto ed organizzato questo evento. Chi ha scelto il luogo e ha permesso che si svolgesse lì. Chi ha controllato che tutto funzionasse. Chi ha assicurato sicurezza.

Era stata promessa una Parata musicale, la stessa che in altri luoghi ha visto anche famiglie assistere. Ho visto il luogo. Uno scalo merci dismesso, fra edifici fatiscenti ed erbacce con le uscite di sicurezza chiuse, e per arrivarci un tunnel senza vie di fuga, senza la minima uscita di sicurezza, un luogo buio e stretto, soffocante rigurgitante di gente che non poteva muoversi, sicuramente presa dal panico.

Mi sono chiesta se si può organizzare un evento di risonanza mondiale e che negli anni precedenti aveva richiamato un milione e mezzo di persone. Sicuramente un evento intorno al quale sono girati molti interessi, economici, politici, commerciali.

Un evento, dicono, studiato per tre anni.

E ora? Perché nessuno ha sentito la vergogna profonda per essere stato causa di un fatto così terribile?

Perché i promotori, gli organizzatori e tutti i responsabili a vario titolo di un tale massacro sono ancora ai loro posti, e senza vergogna sfilano alle cerimonie di commemorazione.

Chi ha pianificato l’evento, chi lo ha organizzato, chi lo ha voluto proprio lì.

Con quale criterio è stato scelto un posto così oggettivamente pericoloso, inadatto, una trappola. E vorremmo sapere chi ha deciso di ignorare i pareri negativi del capo dei vigili del fuoco. Perché non si sono fermati nella loro scelta, nonostante i dubbi emersi e i pareri contrari.

Dove erano state posizionate le “via di fuga”, obbligatorie in tutte le manifestazioni. Chi ha controllato che i telefoni funzionassero sotto il tunnel in caso di emergenza.

Scrivo  per mia figlia, Giulia, e per dare una voce a quei poveri ragazzi stritolati da una macchina organizzativa a dir poco inefficiente.

Tante parole, ma nessuno ci ha detto il perché una ragazza partita dall’Italia per raggiungere una città della Germania e partecipare a un evento pubblicizzato e promosso in tutto il mondo, simbolo della libertà dall’oppressione, della caduta di  tutti i muri  fisici e morali, non torni più a casa.

Ed ora dopo sei anni ci è stato detto che non si può fare un processo in quanto non esistono prove sufficienti per trovare dei colpevoli, per la giustizia tedesca non si può sapere chi è responsabile della morte di 21 ragazzi e delle ferite, tuttora aperte, di oltre 600 persone.

Per mia figlia Giulia.

Nadia Zanacchi