“Il mio nome è Eva. Come potrei resistere alla tentazione?” In questa battuta, pronunciata dalla protagonista della pubblicità del gelato Magnum Temptation, è racchiuso il credo di base della cultura occidentale. La favola antica della donna seduttrice, che induce l’uomo in tentazione e lo porta alla rovina. Dalle prime stesure dell’Antico Testamento ad oggi si indica la donna come colpevole della macchia del peccato originale e la cacciata di Adamo dal paradiso terrestre.

{{Nei secoli, la figura della donna è stata letteralmente demonizzata dal cattolicesimo}}, giudicata strumento diabolico per far cadere l’uomo nella trappola del desiderio carnale. Il suo corpo è stato oggetto di svalutazione e rifiuto da parte di tutte le filosofie ascetiche, ritenuto un ostacolo per il raggiungimento del benessere spirituale.

Il nome Eva, rimanda automaticamente a questo tipo di credenze. Nella pubblicità del nuovo Magnum Temptation l’attrice, di nome Eva Longoria – direttamente da una serie TV Statunitense dal titolo non casuale, Desperate Housewives – interpreta di ruolo di donna voluttuosa che per via del suo nome biblico finisce per cedere alla tentazione del gelato.{{ Nel momento in cui si concede il piacere erotico/culinario diviene lei stessa oggetto di tentazione per i telespettatori}} che la osservano mangiare con fare sensuale il golosissimo Magnum.

Oltre lo spot televisivo, la Algida ha provvisto a disseminare immensi cartelloni pubblicitari per le strade: traslazione dell’audiovisivo su stampa. Stessa attrice e stessa frase. Lei si “gode” il suo gelato e implicitamente invita a non resistere mai alle tentazioni, sessuali o dolciarie che siano. Del resto non è di alcuna rilevanza la differenza che intercorre tra una donna e un gelato. Quella della Magnum Temptation non è la prima pubblicità che allude a tale irrilevanza. Con l’arrivo dell’estate la televisione italiana pullula di spot in cui bellissime ragazze, leccano o mordono un gelato con grande passione. Metafora neanche troppo velata della fellatio.

Quello che risalta, rispetto alle altre pubblicità è il tentativo di far parlare la donna stessa. A primo impatto è lei ad autodefinirsi incapace di resistere alla tentazione, simulando una pseudo-autodeterminazione. Non sembrerebbe affatto sessista una pubblicità in cui la protagonista esprime il suo punto di vista su se stessa. Peccato che {{quest’etichetta di donna-diavolo-tentatore è fin troppo eterodeterminata}} e la falsa complicità verso la telespettatrice finisce col porre “Eva contro Eva” ancora una volta.