Racconta Teresa De Cepeda Y Ahumada, che la giovane figlia del cavaliere Sancio Rodriguez de Sandoval, aveva “tanta stima di sé che giudicava sempre assai poco quello che suo padre pretendeva da chi la chiedeva in matrimonio.”
E continua :” Non si sentiva incline al matrimonio. L’essere soggetta le sembrava umiliante.” Siamo in pieno Cinquecento, nella Spagna di Sua maestà Cattolica e della Controriforma. {{Teresa D’Avila}} ha già fondato il monastero di San Giuseppe e tanti altri (alla fine della sua vita erano 17) della sua riforma carmelitana degli Scalzi e delle Scalze.

Aveva abbandonato il convento dell’Incarnazione di Avila (Spagna) dove nel parlatorio-salotto le monache incontravano giovani e parenti. Ogni monaca corista viveva in un suo appartamento bel arredato e personalizzato, concedendosi una vita all’insegna del risarcimento per la rinuncia, spesso obbligata, alla vita secolare.

Teresa racconta la nascita dei monasteri nel libro {Fondazioni}. E, qui e là, si leggono parole sorprendenti per l’epoca sulle donne e i loro diritti. Ma la censura della Santa Inquisizione vigilava perché avrebbe voluto condannarla come complice del movimento quietista degli Alumbrados (Illuminati) che rigettavano le gerarchie clericali .

Un po’ di tempo fa, alla fine di una presentazione del suo libro “{Dio è violent}” (ed. Nottetempo, 2012), con {{Luisa Muraro}} ci siamo scambiate la reciproca grande simpatia per questa donna straordinaria, che anche {{Simone De Beauvoir }} citava con rispetto nel suo libro “{Il secondo sesso}”.

E così, chiacchierando, mi informò di un passo del “{Cammino di perfezione}” che , a suo tempo , venne censurato. Le chiesi dove avrei potuto leggerlo e allora Luisa, con leggerezza soave e sorridendo mi disse: “Se fai l’abbonamento a {{Via Dogana}}, lo pubblico nel prossimo numero”.

Eccolo, infatti ( pag.3, n.105, giu.) con il titolo :”{T}{eresa d’Avila. La rivolta di una santa contro la gerarchia}”.

Teresa in quel tempo aveva già scritto {La vida}, ma le sorelle le chiedono un libro spirituale sull’orazione contemplativa.

Per voi, scrive, queste donne “hanno lasciato il poco che avevano e vorrebbero avere di più per servirvi ancora meglio. (…) Chiedo: non basta che il mondo ci tenga rinchiuse e impossibilitate di fare per voi in pubblico qualcosa che valga e di parlare apertamente di alcune verità che piangiamo in segreto? Dovrebbe succedere che anche a voi, Signore, non diate ascolto a una richiesta tanto giusta? Non lo credo proprio da parte della vostra bontà e giustizia, da voi che siete giudice giusto, e non come gli ecclesiastici che pronunciano giudizi in questo mondo, e che essendo figli di Adamo e, in definitiva, tutti maschi (todos varones), non c’è virtù di donna che non abbiano in sospetto.”

Teresa sapeva il rischio che correva scrivendo liberamente. {{Assomigliava alle suore statunitensi?}} Loro hanno la sua stoffa? E’ certo che le suore italiane invece sono, in genere, dedite alla devota sottomissione alle gerarchie clericali maschili; complice la terribile, cattolica, mentalità italica e , forse, la presenza del Vaticano.