Roma, 9- 10 maggio 2014: convegno su Marija Gimbutas, una buona occasione per riconoscere quanto ogni donna debba alla cultura delle altre donne ed al contempo mostrare il peccato originale delle nostre società, o della maggior parte di esse, quando ancora scinde la cultura maschile da quella femminile.
Molto ci sarebbe da dire su Marija Gimbutas (Vilnius, 23 gennaio 1921 – Los Angeles, 2 febbraio 1994) archeologa e linguista lituana che studiò, con ricerche approfondite e sul campo, le culture del neolitico e dell’età del bronzo nella terra che lei rinominò “Europa Antica”, introducendo nuovi punti di vista nell’ambito dello studio della linguistica e nell’interpretazione della mitologia degli stessi reperti, reinterpretando la preistoria europea e proponendo assunti in contrasto con le tradizionali. Come professore di archeologia alla UCLA University, Marija Gimbutas diresse dal 1963 al 1989 i più importanti scavi dei siti del neolitico nell’Europa sud-orientale divenendo specialista di fama mondiale dell’età del bronzo indoeuropea, nonché del folklore lituano e della preistoria dei balti e degli slavi. Fu nel 1956 che Marija Gimbutas introdusse la sua “ipotesi kurgan”, questa ipotesi ed un atteggiamento multidisciplinare furono vincenti nel crearle una notevole attenzione da parte degli studiosi in questo ambito e poi di tutto il sistema culturale della ricerca storica ed archeologica.

Diverse le sue pubblicazioni note e nota anche, a grandi linee, la sua “ipotesi” che considera le varie e complesse rappresentazioni femminili, rinvenute nell’archeologia del Paleolitico e del Neolitico, come espressioni di {{una unica Grande Divinità universale}} rappresentata da una varietà di manufatti: la dea dei serpenti, la dea delle api, la dea degli uccelli, la dea delle montagne, la Signora degli animali, ecc. Diverse le manifestazioni e le opere ispirate alle sue ricerche e soprattutto alle sue conclusioni (da ricordare il documentario “Signs Out of Time” della regista {{Donna Read}}) poiché le crisi del post-moderno e della globalizzazione, non ultima quella sociale e di identità culturale, inducono a cercare nelle sue riflessioni terreno fertile per un nuovo percorso da intraprendere ad imitazione dei modelli ipotizzati, attraverso una interpretazione diversa dell’archeologia e quindi della storia, verso la costruzione di un futuro meno distruttivo per l’umanità.

L’ipotesi di Marija Gimbutas sull’importanza del ruolo femminile nello stabilire il carattere pacifico ed una struttura sociale egalitaria, per quanto riguarda alcune culture dell’Europa Antica, è stata anche messa in risalto da una mostra tenutasi a Roma sulla cultura di Cucuteni-Trypillia nel 2008, curata dal Ministero della cultura e degli affari religiosi di Romania e dal Ministero della cultura e del turismo di Ucraina. Le considerazioni che ne derivano sono molteplici e necessitano di approfondimenti che anche questo Convegno fornirà generosamente.

Apprendo in questi giorni dalle news delle Biblioteche di Roma Capitale che “il 25 marzo {{Luce Irigaray}} ha interessato e commosso 150 persone, con la riflessione dal suo libricino {Il mistero di Maria} e sarebbero state più numerose se l’Institut Francais non avesse chiuso le porte per paura del pericolo che si correva nel sotterraneo, sapendo che al Festival di Mantova della scorsa estate hanno incontrato Luce Irigaray ben 750 persone!” Perchè citare Luce Irigary? Perchè fu tra le prime a denunciare il pensiero di Freud sullo sviluppo sessuale della donna e con lui del pensiero occidentale di considerare la sessualità della donna solo in rapporto a quella maschile come un suo negativo.

Riprendendo i temi di Totem e Tabù, la Irigaray sosteneva che all’origine della civiltà ci fosse {{un assassinio più arcaico del parricidio, quello della donna-madre}}. Chi non ricorda che con questo invitò il Movimento delle donne a recuperare il legame con la madre e, attraverso questo, l’amore ed il rispetto per il proprio corpo nonchè l’alleanza costruttiva con le altre donne, normalmente impegnate purtroppo nella competizione per assicurarsi i favori sessuali dell’uomo?

Questo Convegno è una buona occasione per riconoscere quanto ogni donna debba alla cultura delle altre donne ed al contempo mostrare il peccato originale delle nostre società, o della maggior parte di esse, quando ancora scinde la cultura maschile da quella femminile.

Il termine {{sesso}} deriva dal latino “secare”, tagliare, dividere, e sappiamo quanto la cultura abbia tenuto in passato a mantenere separati, ed all’interno di culture diverse, il femminile dal maschile, forse perchè tutte queste differenze non ci sono in realtà, ma servono al “Divide et impera” ed in fondo anche all’omologazione delle vere differenze tra individuo e individuo.

Sarebbe lungo enumerare tutti i passaggi di questa evoluzione, dalla divisione del lavoro nell’antichità primordiale alla divisione del potere in epoca più recente, al tentativo di riunire queste due facce e queste due culture in epoca moderna, togliendo alla donna lo stigma di una connotazione negativa. Doveva essere scritto un libro negli anni ’80, che molti avranno letto “Dalla parte delle bambine” {{Elena Gianini Belotti}} per poter fare una riflessione corretta sull’identità sessuale vista come risultato dell’educazione sociale.

Come centrale riferimento su tutto ciò di cui si parlerà in questo Convegno, rimandiamo anche alle ricerche di {{Riane Eisler,}} antropologa, storica e saggista statunitense, considerata la miglior erede di Marija Gimbutas, che utilizza il neologismo {{gilania}} per indicare quella fase storica plurimillenaria fondata sull’eguaglianza dei sessi e sulla sostanziale assenza di gerarchia e autorità, della quale si conservano tracce tanto nelle comunità umane del Paleolitico superiore quanto in quelle agricole del Neolitico. “La parola gilania deriva dalle parole greche gynè, “donna” e andros, “uomo”. La lettera l tra i due ha il duplice significato di unione, dal verbo inglese to link, “unire” e dal verbo greco lyein o lyo che significa “sciogliere” o “liberare”. Contrapposto ad esso è il concetto di supremazia dell’uno sull’altro, invece nelle società che si avvicinano al modello gilanico vige una maggiore parità nella collaborazione tra uomini e donne sia nella sfera cosiddetta privata sia in quella pubblica… In questo senso non siamo più nell’ambito dei femminismi, ma andiamo oltre i generi per avviarci ad una società più equilibrata.

Che dire del {{Matriarcato}} (il termine equivalente e contrapposto a Patriarcato) il “potere delle donne”, sicuramente nefasto come ogni forma di potere, se non che questa idea del matriarcato è un fantasma costantemente presente nella cultura maschile, anche quando ne è l’esaltazione come in Bachofen o Goethe? L’idea della donna al potere e del potere della donna, ha sconvolto e terrorizzato gli scrittori protocristiani per esempio, e li ha portati a scrivere lunghe e deliranti elucubrazioni sui poteri malefici della donna. Questa ossessione, questo incubo, ricorrente nei secoli ricompare ancora oggi in situazioni di ambiguità in cui l’uomo si sente infelice e timoroso e fa scontare alla sua compagna la sua frustrazione, accusandola di prevaricarlo o voler sottrarsi al suo potere.

Seguendo questo filo rosso, che ricorda tanto una scia di sangue, apprendiamo quanto una società gerarchizzata sia basata in ultima istanza sulla paura e sui rapporti di forza, dove la violenza e la regola autoritaria sono la norma, ma anche la lotta tra i sessi per il potere. Il cambiamento è possibile e doveroso e preme da molte parti, la storia fino ad oggi ci ha insegnato che il conflitto non è tra maschio e femmina come sesso, ma…che le cause sono da ricercarsi nelle modalità culturali di educazione di una società in cui prevale un sistema dominatore e quindi una società che si basa sulla violenza e sulla competizione mentre vengono meno le modalità della cosiddetta “cultura femminile” tendenti all’accoglienza, all’accudimento, alla condivisione, alla tenerezza, alla tolleranza, alla bellezza come armonia ed equilibrio, al desiderio di giustizia, allo sviluppo pacifico dei popoli.

La commercializzazione ha invaso la nostra circolazione sanguigna, prendendosi tutto lo spazio possibile, spesso siamo così alienati da noi stessi da non avere più capacità di discriminazione e di scelta, catturati dentro forme rituali collettive o abbandonati a modalità pre-simboliche ed auto-distruttive, forse rendendoci più facilmente manipolabili dal sistema economico-politico, ma non necessariamente gestibili in senso assoluto. Con l’aumentare del disagio sociale, le cariche d’odio sono in aumento, si caricano e si scaricano senza controllo, l’anomia è diffusa, la delinquenza endogena, in poche parole prevalgono la disperazione, la rabbia o l’indifferenza sui buoni sentimenti. Al contempo l’onnipotenza illusoria dell’occhio viene sempre più alimentata dal megapotere delle tecnologie che tendono a ristabilire l’equilibrio perduto del corpo psicofisico fornendo surrogati, più o meno sadici o sentimentali, come tv spazzatura ed esperimenti da Zoo umano.

Oggi le donne si dividono tra la propria realizzazione professionale ed il tradizionale ruolo di madri e mogli, ma la società non è ancora pronta ad evitare una vera e propria scissione, se non un totale scollamento tra i desideri interiori non riconosciuti come tali, ed il desiderio di piacere ad ogni costo (con una forsennata cura dell’immagine) tra l’adeguamento alla competizione aggressiva del mondo maschile con pari o non controllata aggressività esponenziale, oppure la regressione in una condizione totalmente eterodiretta. Nel nostro tempo, dove i problemi ambientali, economici e sociali sono in costante aumento, è necessario e urgente guardare al di sotto degli eventi storici apparentemente casuali, al fine di poter meglio comprendere, prevedere e influenzare il loro corso futuro.

Ampliando le nostre riflessioni in tal senso, questo livello di sviluppo tecnologico “guidato da una mappa culturale cognitiva gilanica”, sarebbe in grado di condurre ad un’era in cui {{l’uso più alto della creatività umana}} porterebbe ad un maggior benessere effettivo generalizzato e nel contempo, alla salvaguardia dell’ambiente in cui viviamo, mentre il proseguire con una mappa culturale cognitiva di dominazione ci potrebbe portare presumibilmente all’estinzione totale.

{{“Marija Gimbutas. Venti anni di studi sulla Dea”, da un’idea di Luciana Percovich in collaborazione con Morena Luciani, Daniela Degan e Sarah Perini.
_ Roma, 9-10 maggio 2014
_ Casa internazionale delle donne, via della Lungara 19}}

Con il matrocinio di: Casa Internazionale delle Donne, Archivia, Matriarchy Now, Hypathia, Il Paese delle Donne

{{programma ed iscrizioni on-line}} entro il 10 aprile in [www.associazionelaima.it->www.associazionelaima.it]