Il 25% dei pazienti visitati a Marghera nel 2016 sono senza fissa dimora.
Il 25% dei pazienti visitati a Marghera nel 2016 sono senza fissa dimora.

Steso su un fianco, davanti alla saracinesca abbassata di un negozio, con le spalle al pontile dove ogni giorno una miriade di turisti attende il vaporetto, ha un libro appoggiato proprio accanto alla testa. Un po’ più giù, le scarpe e la sua piccola borsa di nylon nera: tutto ciò che gli rimane. È quasi mezzanotte e per le strade di Venezia si sentono solo i passi di chi corre verso la stazione per l’ultimo autobus verso Marghera. Le luci di uno degli agglomerati urbani più spettacolari al mondo sono ormai basse, ma quanto basta per riflettere l’incanto dei suoi profili architettonici nell’acqua dei canali. “Sono solo uno di una moltitudine di invisibili” racconta Adriano. “Diventiamo visibili solo quando rappresentiamo un problema da evitare, da scansare. Chi ci vede prova paura, spesso schifo. Ma bada bene: quello che è successo a me, può capitare a chiunque. Nella vita tutto può cambiare all’improvviso. Basta un secondo. E ti ritrovi a varcare quella soglia che non avresti mai pensato di varcare”.

La soglia di cui parla Adriano è quella della povertà in Italia in cui, secondo l’ultimo rapporto Istat, versano oltre 4,5 milioni di persone. Il numero più alto registrato dal 2005. Adriano è seduto nella sala d’aspetto del nostro poliambulatorio di Marghera. Insieme a lui, aspettano il loro turno altri italiani e stranieri. È arrivato qui la prima volta nel luglio del 2015. Ma lui Emergency la conosce da almeno vent’anni, da quando nel suo ristorante organizzava cene a sostegno dei progetti di chirurgia di guerra all’estero.

Oggi Adriano si trova ad affrontare in prima persona un conflitto diverso: quello con la povertà in Italia. La prima volta che è arrivato qui tremava, aveva difficoltà a muoversi e a respirare. Ancora oggi alterna momenti di evidente stato confusionale a momenti di profonda lucidità. La sua storia clinica racconta di un diabete e di una ipertensione che richiederebbero una terapia farmacologica costante e che, invece, spesso manca. Un po’ perché nella vita di strada di Adriano assumere farmaci non è una delle principali preoccupazioni quotidiane. Un po’ perché essendo considerato dallo Stato un “senza tetto” aveva perso anche la residenza e, con questa, un medico di base in grado di prescrivergli i farmaci.

 Entrare in empatia con Adriano sembra essere una delle cose più naturali al mondo. È un uomo di 67 anni e a prima vista potrebbe essere scambiato per un qualsiasi distinto signore di mezza età. E’ sempre molto curato e gentile. E, a chi ha orecchie per saperlo ascoltare, non esita a raccontare la sua passione per la lettura. Diderot, Rousseau e Voltaire sono tra i suoi testi preferiti. Da diverso tempo le strade di Venezia sono la sua casa. I suoi libri, compagni inseparabili. “L’altra notte, mentre dormivo hanno aperto la mia borsa. Sono stati capaci di rubare dei libri e gli occhiali per leggere. Mi hanno anche tagliato una tasca dei pantaloni e rubato trenta euro. Non li odio per aver rubato i soldi. La strada è dura e solo chi la conosce sa cosa significa. Rubare per qualcuno equivale a sopravvivere. Non li odio neanche per aver rubato i miei occhiali. Erano con le lenti bifocali, mi servivano a vedere da lontano e a leggere i miei libri. Avevano una montatura in tartaruga, me li ero fatti fare su misura da uno dei migliori ottici di Roma, quando ancora vivevo a Roma. Una vita fa”.

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Nelle prossime settimane Adriano riceverà gratuitamente un nuovo paio di occhiali creati appositamente dall’ottico di Emergency. “Una vita fa – continua Adriano – ero executive chef di un elegante ristorante di Trastevere. I soldi erano l’ultimo dei miei problemi. Invece, ora, non ho più niente”. Socchiude gli occhi, la sua mente torna a “una vita fa”. Lacrime silenziose scivolano giù per le guance che cerca di tenere sempre ben rasate.

All’improvviso una bambina che gli sta giocando accanto si alza in piedi e gli si piazza davanti. Lo fissa incuriosita mentre la mamma è impegnata a chiedere al nostro staff informazioni per una visita medica. Adriano sorride. Come se fosse il segnale che stava aspettando, lei contraccambia e torna a giocare.

 “Non odio neanche chi di notte mi deruba o chi per noia mi picchia. Magari solo perché sto dormendo per strada. È capitato anche questo, si. Erano dei ragazzi, non avranno avuto neanche trent’anni. Quando stavano per sferrare i primi colpi ho detto loro di fermarsi, di ascoltare la mia storia. Gli ho raccontato chi ero, cosa mi è successo e perché ora mi trovo in queste condizioni. Hanno capito che quello che è capitato a me, può capitare a chiunque. Io non odio nessuno. Odiare non serve a nulla. Se ora non ho più nulla c’è un motivo. La vita mi ha dato tanto. Mi basta così, non voglio nient’altro. Se solo la gente capisse che la vita è una e che non va sprecata”. L’universo di Adriano è fatto di piccoli e delicati equilibri che potrebbero rompersi da un momento all’altro. Da un anno viene regolarmente al poliambulatorio di Emergency. Piano piano si apre, arricchendo la sua storia con piccoli dettagli e aneddoti della sua vita da chef in giro per il mondo, del suo ristorante nell’antico cuore di Roma. Della sua scelta di tornare a vivere in Salento, la sua terra natia, dove ha aperto un bed & breakfast e un ristorante. E poi, purtroppo, un evento che lui non vuole raccontare. La chiusura di tutte le sue attività, il divorzio con la moglie nel 2004. La distanza da quel fratello a cui era molto affezionato e che aveva fatto studiare.

Perché studiare è fondamentale”. All’improvviso la vita di strada a cui non vuole né abituarsi né sottrarsi. Inizia a vagare senza meta da sud verso nord. Di città in città, arriva a Venezia. La sua demotivazione rispetto a tentare di risollevare la sua situazione è impenetrabile. Nell’inverno del 2015 viene ricoverato per un urgente intervento chirurgico a Verona. Al momento delle dimissioni, quando ha bisogno di essere seguito da un medico, sorge prepotentemente il problema della residenza perché, in quanto senza tetto, non ce l’ha. La ottiene, in una via fittizia, vicino Verona ma quando il suo errare ricomincia si ritrova a Venezia, nuovamente senza un medico a cui far riferimento. È per questo che arriva al nostro poliambulatorio per le cure mediche di base. Oltre agli occhiali, Adriano riceve da noi anche la protesi dentale totale, inferiore e superiore. Quello che Adriano rifiuta è, invece, il supporto psicologico.

 

Non voglio essere aiutato. Non ho più energie né tantomeno la voglia di riprovarci” ripete sorridendo. Proviamo a convincerlo a ripararsi dal freddo e dai pericoli della notte nei dormitori. A sfamarsi nelle mense, a trascorrere un po’ di tempo in appositi centri diurni. Ma non serve a nulla. Proviamo a chiedergli se possiamo supportarlo nel fare domanda per l’assegnazione di una casa popolare. Assegnazione per cui purtroppo, però, già sappiamo che in Italia comporterà lunghe attese. A volte anche di dieci anni. Attese che Adriano, nella sua condizione, non può permettersi. Altri mesi in strada potrebbero esporlo a violenze e a un’ulteriore fragilità psicofisica. “Mancano solo pochi mesi a quando potrò fare domanda per la pensione. Ho solo un desiderio: aiutatemi a trovare una stanza da affittare con i pochi soldi che inizierò a ricevere. Mi serve un piccolo angolo, tutto mio, dove posso riposare e leggere. Voglio pagarlo con i miei soldi”. È questa forse la fase più delicata, il bivio più insidioso. Superato questo, Adriano potrebbe trovare la forza per cambiare ancora una volta, tornando a vivere la sua vita.