Mentre sta nascendo la terza fase delle marce femminili in tutto il mondo previste per marzo 2019 nell’aria c’è ottimismo  e  la consapevolezza che il momento del cambiamento è possibile! A smorzare, in parte, questo entusiasmo sono le controversie che si sono aperte tra le organizzatrici che, quest’anno,  hanno intaccato la partecipazione all’organizzazione della marcia di marzo in alcune città degli Stati.

Negli ultimi mesi, le leader della Marcia nazionale delle donne sono state incalzate da gravi problemi di antisemitismo, transfobia e razzismo. Problemi che hanno messo a rischio la loro identità di genere potenziando invece quella di appartenenza ad un gruppo. Si è incuneata così una nefasta  competizione tra le rappresentanti dei gruppi, pittosto che alimentare tra questi  una visione comune che permetta loro di essere forti nel contrastare quei poteri e quella cultura che le vorrebbe sconfitte.

Ma sfruttamento e oppressione, da parte di un capitalismo arrogante e cieco su donne, immigrati, persone di colore, transgender e queer, ebrei, musulmani, giovani, sindacati e socialisti, continua ad alimentare un bisogno politico di unità.

Quando chi viene mal retribuito prende il comando di movimenti di protesta  – come stanno facendo al momento 50.000 lavoratrici del tessile del Bangladesh e 30.000 insegnanti di Los Angeles – le divisioni cominciano a cedere. L’unità è possibile quando le persone si rendono conto che la loro esperienza comune di  sfruttate ha una controparte:  chi preferisce accumulare ricchezza creando povertà fame e miseria.

“C’è bisogno di  giustizia per tutte”. sostengono le  radicali  “E’ per questo che le donne, sopratutto quelle sfruttate, devono prendere in mano la loro vita e la capacità di guidare movimenti politici radicali.  Non è un caso che  negli Stati Uniti  sono le donne di colore della classe operaia, oppresse da pregiudizi e povertà,  tendono a impegnarsi maggiormente.” 

I conflitti hanno indotto alcune città a cancellare le marce e hanno indotto le principali organizzatrici nazionali a dimettersi.

Gli avversari dell’attivismo femminile approfittano del disordine che si viene a creare all’interno del movimento per attaccare da destra. Conservatori e sionisti hanno criticato la leader del corteo arabo-americano Linda Sarsour con la falsa accusa di essere antisemita per il suo sostegno alla campagna contro il disastro della Palestina e del Boicottaggio e le sanzioni contro Israele.

Forze poliziesche e razziste hanno denunciato la Marcia delle donne per aver inviato saluti al rivoluzionario nero in esilio Assata Shakur. Indubbiamente,  forze dall’FBI assieme ai cosiddetti difensori dei diritti degli uomini sono impegnate a cercare di impedire che un movimento femminista multirazziale e di base si consolidi e stia davvero decollando.

Il movimento femminista radicale non risparmia però le critiche a quelle organizzatrici della Marcia delle donne  che fanno riferimento a  ONG e imprenditrici che sostengono il Partito Democratico. Critiche che nascono dalla convinzione che queste leader facciano parte, senza magari averne consapevolezza,  di quella forza economica globale che sfrutta e opprime le donne per accumulare ricchezze e potere. Le leader radicali sostengono che  gli interessi di classe di queste rappresentanti conducono verso alleanze con potenti finanziatori e politici piuttosto che promuovere  azioni  capaci di terremotare il sistema.

Se è difficile per il movimento femminista radicale confrontarsi con la leadership democratica, questa difficoltà può essere superata lavorando per un movimento unitario che nasca dal basso e che radichi sopratutto nella solidarietà tra donne di colore ed ebree.

Ebre* e ner* hanno una lunga storia di supporto reciproco. Tre ebrei facevano parte delle incursioni del 1859 di John Brown contro i coloni schiavisti del Kansas. Negli anni ’40, i neri e gli ebrei combatterono insieme per rendere permanente la Fair Employment Practices Act, che bandiva la discriminazione sul lavoro basata su razza, religione o origine nazionale. Due terzi dei e delle bianche che hanno partecipato alla libertà nell’estate del 1964 erano ebrei ed ebree, e alcun* hanno dato la vita accanto a chi era stato ucciso perché non bianco,  mentre si mobilitava per i diritti civili. I e le radicali ebree erano le principali sostenitrici di Scottsboro Nine e di altre vittime di strutture razziste. Allo stesso tempo.

Oggi,  le persone di colore e gli uomini e le donne ebree sono  i principali bersagli della propaganda, delle incursioni e delle sparatorie di nazionalist* e fascist* bianch*. Musulmani, transessuali, queer, donne, immigrati sono nel loro mirino.

Secondo il movimento femminista radicale a cultura socialista è tempo di unità: servono pogrammi chiari, processi decisionali aperti e formazione di leadership capaci. Questo è ciò che aspicano Radical Women e le organizzazioni basate sul femminismo socialista -.

“Lavoriamo insieme per costruire il movimento femminista democratico e inclusivo di cui il mondo ha disperatamente bisogno!” dicono dal movimento femminista radicale

 

Fonte: www.RadicalWomen.orgradicalwomenUS@gmail.com