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Tutto questo è necessario per rendere concreta  la nuova sfida lanciata dall’UDI – Unione donne in Italia per mantenere vivo il dibattito sui diritti delle donne. Corpo e lavoro, i temi centrali della riflessione. Che si concentrerà sul diritto all’autodeterminazione e di cittadinanza nel lavoro, nella maternità, nella cultura, nell’educazione delle giovani generazioni, nella possibilità di rappresentarsi e di essere rappresentate in una campagna che durerà un ‘anno intero.

Il primo appuntamento è fissato per il 26 settembre, in concomitanza con la Giornata mondiale dedicata alla contraccezione, che vedrà le donne dell’UDI in tante regioni insieme a tante altri gruppi e associazioni che hanno aderito, impegnate in una mobilitazione a difesa della salute riproduttiva, dei consultori, della contraccezione, della legge 194 e dell’obiezione di coscienza. Mobilitazione che si tradurrà in una serie di incontri, dibattiti e sit-in per chiedere conto a Regioni e Asl del depauperamento dei consultori e del vergognoso balletto dei numeri ufficiali fra non obiettori e obiettori alla legge 194, che ha già costretto il Consiglio d’Europa a condannare l’Italia per l’evidente squilibrio tra obiettori e non obiettori. Del resto, con una media nazionale oltre il 70% e con punte regionali oltre il 90% di ginecologi obiettori di coscienza, è letteralmente impossibile parlare di equilibrio. Il tutto, mentre il Ministero della Sanità, per mano e voce della Ministra Lorenzin, si accanisce contro le donne italiane a suon di Fertility Day.

ADESSO BASTA è lo slogan dell’UDI. Un urlo per chiedere alle Istituzioni che la maternità sia sostenuta in modo serio con servizi adeguati e leggi strutturali. Più consultori, più contraccezione, meno aborti e meno obiettori, più lavoro, più asili nido, più condivisione nella coppia, più autodeterminazione delle donne. Fatti e non parole, affinché la genitorialità sia finalmente una risorsa e non un problema.

Questo quanto abbiamo già scritto alla Ministra della Salute On. Beatrice Lorenzin, alla vice Ministra alle Pari Opportunità On. Cecilia Guerra, alla Presidente della Camera dei Deputati  On. Laura Boldrini, al Presidente del Senato della Repubblica On. Pietro Grasso

 

L’UDI-Unione donne in Italia, fortemente preoccupata per le difficoltà che incontra l’applicazione della legge 194/1978 rispetto alla possibilità delle donne di accedere all’IVG, a causa della dilagante obiezione di coscienza da parte del personale medico e non solo medico, intende appellarsi alle istituzioni, preposte alla salvaguardia della salute e dei diritti delle/i cittadine/i, chiedendo che si proceda ad una approfondita valutazione della situazione nazionale a riguardo e si prendano seri provvedimenti. 
Leggiamo anche l’accorato e puntuale commento di LAIGA alla relazione della Ministra Lorenzin sull’applicazione della legge 194 e condividiamo la preoccupazione che vi sia una forte sottovalutazione del grado di disservizio che l’obiezione di coscienza attualmente provoca su tutto il territorio nazionale. Ci uniamo all’auspicio di LAIGA che il tavolo tecnico approntato sulla questione serva a portare maggiore informazione e dati più realistici sull’enorme problema che viene da più parti denunziato; perché ciò sia possibile è necessario che attorno a quel tavolo la Ministra chiami anche le realtà, comprese le associazioni femminili, che in questi anni hanno monitorato l’applicazione della legge 194 partendo dall’esperienza di tutti i giorni, vissuta sulla pelle. 
Sull’obiezione di coscienza l’UDI, a tanti anni di distanza dall’approvazione della legge, ritiene che i casi di obiezione dovrebbero ormai essere davvero una rarità, essendo chiaro a chi si appresta a diventare medico ginecologa/o quali siano le leggi in vigore. Tuttavia anche a prescindere da questa considerazione, l’attuale “obiezione selvaggia”, così come viene praticata nelle strutture pubbliche o convenzionate, è gravemente compromissoria rispetto ad una seria applicazione della legge, lesiva dei diritti delle donne e non degna di uno stato di diritto.


E’ dunque per avere finalmente chiarezza, trasparenza e giustizia che poniamo le seguenti domande:

1)- E’ confermato dai dati di cui il Ministero dispone che la percentuale nazionale delle obiezioni di coscienza supera il 70% con picchi, in alcune Regioni, del 90% e oltre?

2)- Lei ritiene che con questa percentuale di medici obiettrici/ori è pienamente tutelato il diritto delle donne – che si rivolgono alle strutture pubbliche o convenzionate per ottenere un’interruzione di gravidanza – di avere la prestazione richiesta e di averla secondo i necessari standard di assistenza e di qualità?

3)- E’ vero che se una donna, al momento della scelta del medico di base, o di accedere ad una visita specialistica, chiede di sapere se tale medico è obiettrice/ore rispetto alla legge 194, la sua richiesta non può essere esaudita?

4)- Se quanto detto sopra è vero, ciò accade perché non esistono elenchi dei medici obiettrici/ori presso le Asl o i CUP, o perché detti elenchi non sono consultabili?

5)- La constatazione che non esistano detti elenchi può dipendere dal fatto che non vi è alcuna formalità codificata nel raccogliere le “obiezioni”, che vengono quindi comunicate a voce al Primario e Direttore di reparto o di struttura, senza firmare neppure un modulo?

6)- Se invece esistono questi elenchi di medici obiettrici/ori, il fatto che non siano consultabili da che cosa dipende? Renderli non reperibili è forse più importante del diritto dell’utente alla scelta informata?

7)- Ritiene che una questione così delicata ed importante quale l’obiezione ad una legge dello Stato possa essere regolata in modo così informale e poco trasparente?

8)- E’ vero che si avvalgono dell’obiezione di coscienza anche paramedici e farmacisti, sebbene questa possibilità non sia prevista dalla legge?

9)- Pensa che un medico obiettrice/ore rispetto alla legge 194 possa diventare Primario o Direttore di una struttura che deve applicare la legge? La sua obiezione vale anche nell’espletamento delle sue responsabilità organizzative e dirigenziali?

10)- Che cosa ne pensa della richiesta che l’UDI fa espressamente affinché un medico obiettrice/ore, non possa diventare Primario di un reparto di ostetricia e ginecologia, non tanto per il suo ruolo sanitario quanto per quello dirigenziale ed organizzativo che andrebbe a ricoprire?

11)- Ritiene corretto che una struttura pubblica, a causa dell’elevato numero di obiettrici/ori ricorra, per garantire le interruzioni di gravidanza, a personale esterno, con aggravio dei costi per le cittadine ed i cittadini? Non pensa che sia indispensabile che ogni reparto di ostetricia e ginecologia e ogni consultorio pubblici, pongano un tetto numerico al personale obiettore? E che nelle strutture convenzionate si seguano quegli stessi principi del servizio pubblico?

Siamo certe che vorrà dare risposta a questi nostri quesiti che ormai da troppo tempo causano sofferenza alle donne e nel contempo una disattesa applicazione di una legge dello Stato. Con cordialità
UDI- Unione donne in Italia 
Gruppo nazionale CorpoLavoro