Il primo fine settimana di giugno si è tenuta presso il Centro donne UTAMARA ad Erpel ( vicino a Colonia) l’Assemblea Generale Europea di IFE (Iniziativa Femminista Europea).All’assemblea hanno partecipato donne provenienti da Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna, Svezia, Polonia, Ungheria, Macedonia, Croazia, Bulgaria. Mancavano, per impegni soprattutto politici visto il difficile momento dei loro rispettivi Paesi, le amiche di IFE Portogallo, Grecia e Spagna.

L’Assemblea aveva il compito di ridefinire la natura e le funzioni di IFE, a sette anni dalla sua nascita, avvenuta all’interno della giornata internazionale dei diritti delle donne tenutasi a Bobigny (Parigi) durante il Forum Sociale Europeo del 2003.

Una discussione impegnativa visto la complessità del quadro sociale e politico europeo nel tempo della crisi economica. Una crisi che aumenta il deficit di democrazia, non solo nei suoi aspetti formali ma anche e soprattutto in quelli sostanziali a partire dall’eguaglianza dei diritti che per le donne non si è mai attuata compiutamente e che oggi dentro i processi, su scala europea, di decostruzione dei sistemi pubblici di protezione sociale rischia un ulteriore e pernicioso arretramento.

Una crisi che investe altresì la democrazia rappresentativa , oggi sempre più in declino. I parlamenti nazionali ed in particolare quello europeo ( quasi tutti con una presenza di donne irrisoria) sono ormai gusci vuoti perché esautorati dal potere decisionale sempre più nelle mani degli Esecutivi.

In questo contesto non fa più nemmeno stupore la notizia che, la primavera dello scorso anno, in un quartiere di Amburgo, in Germania, la percentuale delle e dei votanti ad un referendum per decidere sulla possibile apertura di un magazzino IKEA sia stata maggiore di quella registrata per le elezioni europee.
_ Il malcontento ed il distacco dalla politica di tante e tanti che non si sentono più rappresentati si orienta, in proporzioni sempre più preoccupanti, verso l’anti politica e il non voto o verso movimenti e partiti che esprimono posizioni autoritarie, misogene, razziste e antidemocratiche che facendo leva sulle paure, sugli egoismi, sui rancori, sull’invidia hanno saputo costruire una “narrazione” di senso e di prospettiva che è divenuta egemone.

In una simile situazione, fondamentalismi e integralismi religiosi e non solo irrompono sulla scena sociale, politica e culturale rimettendo in discussione il principio di laicità e il diritto all’autodeterminazione in particolare delle donne.

Promuovere partecipazione, riaffermare principi laici e democratici, estendere i diritti delle donne sono azioni necessarie e urgenti se non vogliamo rassegnarci all’imbarbarimento dei rapporti umani che potrebbe addirittura trasformarsi in una regressione di civiltà (una regressione che, detto per inciso, ci pare visibile nella vicenda FIAT di Pomigliano di questi ultimi giorni nella quale si mettono l’una/un contro l’altra/o le lavoratrici e i lavoratori italiane/i e polacche/i per cancellare ciò che resta del diritto e della dignità del lavoro salariato).

Al di là delle questioni che riguardano strettamente IFE (abbiamo ridefinito la nostra struttura ed il nostro piano di lavoro) ci interessa qui porre l’accento sulle questioni che secondo noi dovrebbero essere oggetto di iniziativa europea sul piano sociale e politico con voce di donna.

Sono questioni che si tengono strettamente l’una con le altre e che confermano la necessità di un’analisi femminista capace di tenere presenti gli intrecci fra differenti sistemi di potere e diverse categorie concettuali (il patriarcato e il capitalismo; il genere/la classe/l’orientamento sessuale/l’appartenenza “etnica”…):

– {{la crisi economica potrebbe essere utilizzata dai sistemi dominanti per restaurare un “ordine gerarchico” di genere e di classe}}. Se così sarà assisteremo ad un peggioramento delle condizioni materiali delle donne ed insieme allo “svuotamento” del principio di “eguaglianza” conseguenti al fatto che mai come oggi il tradizionale intreccio fra lavoro produttivo (salariato) e di riproduzione sociale ( gratuito) potrebbe determinare, a causa del liberismo sfrenato degli ultimi trent’anni e dell’attuale crisi economica, una diminuzione per tutte/i di lavoro pagato e con diritti e un’aumento sempre più consistente (in carico alle donne, native e/o migranti) di lavoro precario o gratuito di riproduzione sociale( determinato soprattutto dai processi di decostruzione del sistema pubblico dei servizi sanitari, educativi e sociali giunti ormai nella fase conclusiva). Nel gruppo di lavoro che abbiamo costituito su questi temi analizzeremo meglio e di più i processi in atto e proveremo a proporre campagne europee in grado di smascherare la non-neutralità di genere e di classe di questi processi , di ridare vita al “conflitto” e senso all’”utopia” intesi come positiva capacità di indicare ed agire una visione alternativa dei rapporti personali, politici e sociali;

– {{dentro la crisi in Europa potrebbero ulteriormente consolidarsi le ideologie populiste o reazionarie o fondamentaliste,}} di matrice religiosa e non, che considerano la “democrazia” un impiccio e la laicità una bestemmia. Vi sono numerosi segnali, a differenti livelli, che indicano quanto avanzato sia questo consolidamento: l’ingerenza delle gerarchie religiose in particolare nella sfera dei diritti individuali (soprattutto quelli delle donne) e civili, l’affermarsi di un malinteso “multiculturalismo” che rischia di frammentare il tessuto sociale in tante “comunità” chiuse e inconciliabili fra loro, l’aumento delle violenze contro le donne e di quelle di natura omofobica, il progresso imbarbarimento dei rapporti interpersonali, il prepotente riaffacciarsi dei più retrivi stereotipi femminili (diffusi in tutto Europa, basti accennare che nella cattolicissima Varsavia sono stati aperti alcuni bar dove le cameriere sono costrette a servire ai tavoli nude) presentati, paradossalmente , come espressioni di “libertà” o addirittura di “liberazione”. Abbiamo altresì osservato l’intreccio di questi elementi con le politiche securitarie e i processi di militarizzazione sul piano sociale, economico e culturale che esse portano con sé. Politiche che rafforzano l’armamentario simbolico del potere patriarcale. Continueremo su questi aspetti il nostro lavoro di approfondimento, di studio e di iniziativa per affermare il principio di laicità e promuovere un vero e proprio lavoro di “educazione “ alla laicità stessa a partire dai contenuti della Conferenza internazionale che abbiamo tenuto su questi temi a Roma nel 2008 e dal questionario europeo sulla laicità che ci ha consentito di costruire il nostro “manifesto femminista per la laicità”.

– {{Abbiamo poi continuato i nostri ragionamenti sulla questione del “potere” }} mettendo a verifica la nostra natura e la nostra funzione e ponendoci una serie di domande impegnative che dovranno essere ulteriormente articolate a partire soprattutto dalla consistenza e dall’efficacia della nostra iniziativa politica ( usiamo questo termine nella pienezza del suo originario significato) : che cosa significa essere femministe e che cosa può rappresentare un femminismo nel XXI secolo? Come costruire una vera e propria dimensione “ femminista” europea indispensabile alla comprensione degli attuali processi economici, sociali, culturali? Possiamo considerarci estranee al declino politico e sociale dei movimenti di sinistra e democratici o quel declino interroga anche noi stesse? In questo declino dobbiamo solo saper esistere e resistere o dobbiamo comunque tentare un qualche ”assalto al cielo”? E se si, come? Su questi temi organizzeremo un seminario autunnale di IFE in Svezia, probabilmente a Stoccolma.

– Infine , ma non per ultimo, abbiamo confermato l’importanza di sperimentare sempre di più lo{{ “strumento” principale della nostra iniziativa e cioè l’”educazione popolare di genere femminile”}}. Uno strumento che serva a approfondire e conoscere meglio, a tenere viva e diffondere “memoria” e a seminare “pensieri non neutri”, a stabilire relazioni con il maggior numero possibile di donne nei contesti abituali di vita e lavoro.
_ Un’”educazione popolare di genere femminile”, dunque, non come scuola o centro studi ma come strumento privilegiato di iniziativa politica.
_ {{Nel seminario estivo europeo di IFE che terremo in Italia, fra il Piemonte e la Liguria, (fine agosto 2010 a Caranzano)}} analizzeremo proprio questo tema con l’obiettivo di costruire un vero e proprio progetto a partire dalle esperienze già sperimentate. Daremo informazioni più dettagliate sul seminario in modo che chiunque è interessata e lo desidera possa parteciparvi.
Giugno 2010

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