A metà tra biografia e romanzo – ma più il secondo della prima, conclamato dall’assenza della bibliografia – la Contessa di Salasco arricchisce l’album delle patriote che dettero sostanziali e appassionati contributi agli ideali risorgimentali.

Nella Prefazione, Cinzia Tani sottolinea la scarsa tradizione italiana (ndr. al femminile), di biografie romanzate che attraggono il pubblico anglosassone con “un genere letterario appassionante e istruttivo”. Nel caso, quella di Maria Luisa Alessandra Flavia Canera, Contessa di Salasco, sconosciuta ai più, ha inizio che non potrebbe essere piùclassico: l’io narrante ripercorre le vicende dalla nascita (1830, tenuta del Torrione, Pinerolo, To), accolta senza gioia, trattandosi di una femmina, e dominate da un precoce anticonformismo, fonte di preoccupazione e dissenso familiare. 

La Contessina Maria Luisa “galoppa, corre, prende lezioni di sciabola, non sta ferma un minuto (…) legge tutti i libri presenti nella biblioteca del padre (…) ha già le idee chiare sul suo matrimonio: non si unirà mai a un uomo scelto per lei dai genitori” (Tani).

Gli altolocati rapporti genitoriali che le permetteranno di chiamare fittiziamente “zio” Camillo Benso Conte di Cavour, ne sanciscono, dopo le prime esperienze sessuali adolescenziali, l’allontanamento da Torino per Parigi: città che si rivelerà un trampolino per la vivace e bella Contessa che l’A., intreccia a personaggi della cultura e della politica e a vicende celeberrime, in Europa.

L’espediente d’intervenire direttamente, voce terza, con propri commenti e gesti, rende il racconto, composto di frasi brevi, con molta descrizione d’interni e abbondanza di dialogo, pronto per la sceneggiatura ed è questo un filone letterario che molto deve alla sperimentazione cinematografica e teatrale dell’ultimo scorcio del Novecento.

Intenta a scovare, in una soffitta svizzera, “che avevo subodorato ricca di pezzi interessanti” (A.), oggetti da restaurare e vendere nei mercatini di Natale, l’A. estrae da un (anch’esso classico), vecchio baule, dal chiavistello arrugginito, “una camicia rossa, un vestito di pizzo, un sombrero, degli stivali da cavallo, alcuni diari e delle lettere (…) lettere di Cavour legate con un nastro giallo; quelle di Garibaldi con uno rosso, quelle di George Sand e di Victor Hugo con un nastro viola”.

Dal carteggio, intimo e politico, col Generale, nasce la storia della spregiudicata Contessa, moglie del marchese Enrico Martini Giovio della Torre, protagonista, affascinante e corteggiata, sulla scena amorosa e politica, privata e pubblica; frequentatrice dei migliori ambienti salottieri e di corte; donna avventurosa che, dopo aver conosciuto a Londra Giuseppe Mazzini, abbracciò gli ideali unitari e funse da corriere e da aiutante, contribuendo al successo della rete risorgimentale italiana con il soprannome di Miss Uragano per il suo irrefrenabile attivismo.   

L’A. la pone negli scenari più celebri: dalla partenza dei Mille (5 maggio 1860), in contatto con Rose Montmasson Crispi (l’unica donna tra i Mille e non ancora ripudiata da Crispi); alle operazioni di soccorso, in Sicilia, nell’organizzazione inventata da Belgiojoso e Jessica W. Mario a Roma (ispiratrice della Croce Rossa); al fronte della guerra di Crimea (1853-1856), nel gruppo di infermiere guidate da Florence Nightingale.

L’A. la pone anche tra i/le congiurat* del lanificio Arquati, in via del Moro, sopravvissuta, con la fuga, all’attacco degli zuavi che costò la vita a nove patriot* tra i quali marito e figlio di Giuditta (Tavani Arquati), cui gli zuavi squarciarono il ventre gravido, il cadavere sballottato fino a notte, per la città (25 ottobre 1867). Tra le molte notazioni storiche, l’A. ricorda l’Associazione, la lapide, la piazza e la scuola dedicata alla patriota romana.

La Contessa, per le tante vicissitudini di un’esistenza sempre fuori dalle righe, cambiò spesso nome; non svelare la trama è d’obbligo, ma si può accennare all’alterna fortuna di grandezze e miserie, debiti, un processo, un’ultima fuga in Inghilterra, prima dell’estrema solitudine alleviata solo da numerosi cani, gatti e caprette; in ultimo, un assassinio.

Un racconto scorrevole e intrigante che, come si era aperto, si chiude sulla camicia rossa uscita dal baule:

Io ti contemplo mi batte il core / camicia rossa, camicia bella /con te sul petto farò la guerra / ai prepotenti di questa terra / ed all’appello di Garibaldi / e di quei mille suoi prodi e baldi / daremo insieme fuoco alla mina / camicia rossa garibaldina.

Info: Maria Delfina Tommasini, d’origine calabrese, risiede a Roma; tra i riconoscimenti, il Premio letterario Carver 2016, e l’Argenpic 2017 (sez. racconti). La contessa di Salasco, Yume, 2019; € 15,00.