Che bilancio fare delle lotte femministe? Qual è lo stato di salute del femminismo? A partire da questi interrogativi, un’altra intervista per indagare la variegata galassia del movimento femminista e lesbico. La mia conoscenza di {{ Imma }} coincide con la grande manifestazione Nazionale del 2007 a Roma.
Una compagna di Milano mi indicò con emozione una donna piccola e bionda che stava chiacchierando con una giovanissima (credo fosse Eleonora Forenza) mi spiegò che era una delle compagne che aveva partecipato a Milano alla costruzione del movimento delle donne in nero e mi raccontò tanti episodi della loro comune militanza contro la guerra.
Aggiunse che veniva da Bari e questo mi colpì molto, negli anni 70′ avevo rinunciato ad un’attività politica a Milano perchè troppo distante da Trieste, le concessi immediatamente la mia ammirazione e fu subito simpatia.

La rividi poi nelle Assemblee nazionali del movimento Sommosse.
Defilata sempre tranquilla e serena anche nei momenti più drammatici e dilaceranti che negli anni il movimento ha vissuto, mentre la mia agitazione era alle stelle e non riuscivo a stare ferma, trovavo nella tranquilla fermezza di {{Imma}}, la forza x superare le mie crisi da ” ex bambina iperattiva” che ancora mi perseguitano nei momenti più difficili della mia militanza.
Ho cominciato a leggere con piacere i suoi articoli su “Liberazione” e a partecipare ad alcune iniziativi del Forum delle donne. Sono state sempre occasioni importanti x approfondire le teorie che supportano il nostro agire politico. Per me che dalla quotidianeità del lavoro in CGIL sono spesso travolta, riservarmi gli spazi per studiare e pensare è indispensabile x mantenere la mia lucidità politica.

Sono quindi grata al lavoro che{{ Imma }} mette in campo per offrire a noi uno spazio politico in cui femministe e lesbiche confrontano il loro agire politico e “coltivano” la loro autonomia .
Spero che l’ intervista riesca a cogliere la ricchezza culturale e politica del suo pensiero che è una parte importante del “femminismo che noi vogliamo”

{{1) Che bilancio fai delle lotte femministe?}}

Le lotte femministe vanno, secondo me, non solo raccontate, ma anche contestualizzate e impostate a livello teorico in quella contraddizione ‘primaria’ di genere che è antica quanto la specie umana e in quella pratica politica che si suole definire conflitto di genere. Tutte le lotte delle donne, sia di emancipazione che di liberazione, sono il tessuto su cui le lotte femministe devono costruire fatto e antefatto. Il bilancio non può che essere positivo, sia per le migliorate condizioni materiali delle donne (non sempre e non dappertutto), che nessuno ci ha regalato, sia per il progressivo affrancamento (anche qui non sempre e non dappertutto) dal familismo vecchio e nuovo. Le teorie della differenza, di derivazione in parte anglosassone in parte francese, hanno contribuito sicuramente alla decostruzione del soggetto neutro maschile e, quando non si sono rifugiate nell’ontologismo essenziali stico, alla presa di coscienza della sessuazione dei soggetti della storia, dei saperi, della politica.
_ Un contributo fondamentale è venuto dal pensiero femminista alla biopolitica,ossia alla politicizzazione dei corpi e della vita quotidiana.

{{2) Qual è lo stato di salute del femminismo?}}

Rispetto alla vivacità e alla radicalità degli anni Settanta e, in parte Ottanta, non v’è dubbio che quello che appare è un appannamento non tanto della ‘resistenza’ del femminismo agli attacchi sempre più violenti (30 anni fa impensabili) del patriarcato: la resistenza c’è e, poiché il movimento delle donne è stato definito ‘carsico’,agli attacchi più violenti si ricompone, agisce, scende in piazza. Quello che mi pare, invece, alquanto appannata è la radicalità, il rifiuto dei compromessi. Pensiamo al pur importante movimento “Se non ora quando”,affidato ad attrici e a donne istituzionali, in maniera “trasversale” (purché donne e purché antibungabunga), che ha fatto un’icona di Rosy Bindi la quale pur dall’opposizione votò la legge 40 con orribili motivazioni e da ministra della Famiglia (sic!) promosse un convegno sulla famiglia senza invitare le associazioni glbtq e, alle proteste, invitò le associazioni di genitori di lesbiche e trans in quanto genitori (e magari degni di compassione!). Ora che Berlusconi pare sconfitto, quale sarà lo spazio pubblico che questo movimento apre? Di contro,mi paiono più interessanti le giovani ‘antagoniste’, ’draghe’, ’indignate’, precarie della conoscenza.

{{3) Che significa per te essere femminista?}}

Il femminismo per me è stato un punto di non ritorno, una pratica e una teoria. L’ho scoperto nel conflitto con il patriarcato della tradizione comunista, dal PCI a Rifondazione comunista. Per me è stata una scoperta, una rivoluzione nella vita, nelle relazioni, nella lettura del mondo, nella politica. La teoria mi ha aiutata nell’analisi critica del patriarcato di sinistra e della tradizione del movimento operaio,del leninismo e del marxismo. Mi ha aiutata a scoprire i nessi tra maschile e potere nella guerra, nella politica, nella vita. Femminismo è pratica di conflitto

{{4) Che valore dai al separatismo?}}

Pur non essendo mai stata separatista, riconosco l’importanza del separatismo. Separarsi per capire meglio, per ricostruire soggettività autonome. Mi ha anche aiutata un libro per me fondamentale, {Cassandra} di {{Christa Wolf}}. Durante l’assedio di Troia, quando la cittadella ‘felice’ (metafora del socialismo) si corrompe e si omologa agli aggressori, le donne prendono le distanze, si rifugiano nelle caverne per tessere un’altra storia, alternativa a quella dei vincitori e degli eroi. Cassandra si rifugia tra loro per capire meglio e opporsi al bellicismo maschile, contro la pratica che identifica il maschile con la guerra. Di lì prende la forza per dire {{No}} alla omologazione con gli aggressori fondata sull’appartenenza alla famiglia e alla patria.

{{
5) Puoi dfirci qualcosa del gruppo di cui fai parte?}}

Nasco sostanzialmente come quadro di partito, il PCI. Ma ho attraversato luoghi di donne, dall’Arci Donna alle Donne in Nero alla Convenzione di donne contro le guerre. Le donne in nero mi hanno dato molto, la capacità di prendere le distanze dalle proprie appartenenze ‘neutre’. Da quasi venti anni vivo la pratica di un gruppo femminista, il Forum delle donne in Rifondazione comunista. Essere un collettivo femminista in un partito che ha una forma e delle pratiche storicamente maschili non è semplice, comporta rischi di adattamento, di compatibilità, di omologazione o, per converso, di autoesclusione, di autoemarginazione. Tra paria e parvenues, per parafrasare {{Hannah Arendt}}, cerco di praticare una terza via che eviti il rischio della lamentela, o della pura e semplice denuncia o, peggio, dell’autotutela di gruppo, ma riesca a porre questioni generali o, meglio, a porre la lotta al patriarcato come questione generale, a parlare alle compagne che non hanno pratiche femministe, a rivolgersi ai compagni chiarendo che la lotta al patriarcato è un aspetto fondamentale della critica dell’esistente e che il nesso tra capitalismo e patriarcato, tra liberismo e dominio maschile è un elemento centrale per chi voglia cambiare gli assetti della società in cui viviamo.

v. anche [intervista a Lidia Cirillo->https://www.womenews.net/spip3/ecrire/?exec=articles&id_article=9301]