“Adesso basta” non solo uno slogan infaati ci stiamo muovendo per ragglingere gli obbiettivi che ci siamo proposte. come prima cosa abbiamo spedito questa mattina 30 settembre la lettera che qui vi proponiamo al Presidente della Giunta Regionale della Campania

Adesso basta è il pensiero che pervade da tempo la politica delle donne: adesso basta agli affronti, alle istituzioni che versano lacrime inutili, alla cipolla,  sulle donne morte e stuprate, all’abbandono di ogni politica sull’occupazione femminile.

Basta alla privatizzazione della salute delle donna: la trasformazione del sistema sanitario nazionale sta procedendo senza cautele, senza il rispetto dei diritti delle donne. Anche, ma forse soprattutto, questa è l’angustia che fa della democrazia un lusso, il che per le donne significa l’espropriazione degli spazi più intimi, se non la morte. Si muore d’aborto e si muore di parto. Questa è una sfida persa dalla politica che ne fa perdere molte altre. Una fra tutte sulla frontiera dell’immigrazione e dell’accoglienza, con la speculazione sui corpi “nuovi” e sulle nuove clandestinità.

Nell’Italia delle differenze, la maternità e la salute riproduttiva non sono uguali, ma ugualmente restano il terreno di scontro tra chi vuole e chi non vuole che le donne in Italia siano libere. Non ora ma da sempre ci sono donne che lavorano in corrispondenza del movimento, come in trincea proprio nei consultori, nei reparti di ostetricia nell’informazione, e a Napoli, Avellino, Caserta, Salerno la fatica è quella che si fa Milano, Bologna, Roma, Palermo, Reggio Calabria, Bari.

Ci chiediamo sempre quando ricorriamo alla ennesima denuncia alla procura (per omissione d’atto dovuto), di fronte all’ultimo, in ordine di tempo, tentativo di negare l’applicazione della 194 all’ultima donna in ordine di tempo, se questo paese abbia mai imparato che i diritti delle donne sono diritti umani.

Al Moscati di Avellino Carla Ciccone lavora comprando medicinali, battendosi e denunciando “chi non fa il proprio dovere”. Per anni funzionarie regionali come Tina Licciardiello hanno dovuto preservare a monte la salute delle donne dai pressappochismi di chi riteneva quel lavoro un ingombro.

Adesso basta, lo pensano tutte le donne, e anche tanti uomini appassionati. Lo slogan è proprio il pensiero di chi sa che, se pure siamo ancora costrette a chiedere e rivendicare quotidianamente, il diritto a restare sane nel percorso tracciato dalle nostre facoltà sessuali e materne, è in corrispondenza di quello che viene nominato il “valore sociale della maternità”. La salute dipende in gran parte da questo percorso e naturalmente anche la democrazia.

Siamo state in tante da tutta la Campania, ed è stato chiaro che le bizzarrie del ministero della salute sono indotte da omissioni e mancati controlli di cui sono responsabili tutti coloro che come i sindaci “sono responsabili delle salute delle cittadine”,  come le regioni prime titolari dell’organizzazione sanitaria, come gli ospedali dove primari ed amministratori si comportano a volte come feudatari.

E stato ricordato che l’anno giudiziario per legge comprende la lettura della relazione sulla 194. Non possiamo che chiederci come se i dati del ministero e anche in molte Regioni risalgono al 2013.

È tanta la resistenza a dare alle cittadine ciò che si deve che perfino l’applicazione dei piani ministeriali, come il POMI (salute materno infantile) del 2000 e richiamato nel patto di stabilità del 2015 con decreto.

All’assessora Villani alle pari opportunità del comune di Napoli è stato ricordato che con le dimissioni della precedente assessora Pina Tommasielli è stato “dimissionato” anche il tavolo per l’applicazione della 194, mai più riconvocato.

(Napoli, 29 settembre 2016 )