“Un sinodo sulla donna”, hanno chiesto Liliana Cavani e Emma Fattorini. Sul finire dell’anno (Il Sole 24 ore, 27 dic.09) la regista e la storica hanno scritto un articolo per spiegare e chiedere che si riprenda a parlare delle donne in seno alla Chiesa Cattolica.Entrambe registrano che da più parti, credenti e non, si assiste stupefatte al silenzio protratto sulla donna. Convengono entrambe che si sta trascurando “la dimensione dell’esperienza, della relazione personale e in ultimo del corpo e della sua vita.”. Lamentano una teologia “troppo disincarnata che non vede la verità nell’esperienza religiosa fatta dall’incontro con Cristo come persona. La paura del soggettivismo–relativismo rischia di fare perdere la ricchezza spirituale che c’è nell’entrare in contatto con il Signore anche con il corpo, con le emozioni, con tutta la propria persona e non solo con la testa, non solo con il pensiero. E così si perde quell’unità della persona che deve unificare e non separare le diverse esperienze umane.”.
E ciò in una fase storica che vede grandi mutamenti di cui le donne saranno “il cuore” , cioè “la cartina di tornasole “ dei processi di umanizzazione.
Non chiedono “l’ennesimo riconoscimento retorico di una idealizzata e disincarnata essenza femminile, ma la sua concreta promozione nella società senza svisarne la sua intima identità.”. Non si tratta di rivendicare il sacerdozio femminile, perché ben altro chiedono le donne.

Vorrei riprendere il loro ragionare da questa precisazione: {{non si chiede il sacerdozio per le donne.}}In nome, mi pare di capire, di una differenza di ruoli data da sorta di naturalità fondante ? Non sottoposta alle evoluzioni culturali? Così come pensa in genere l’Islam?

{{Il sacerdozio è il Potere nella Chiesa.}} Impone una gerarchia di ruoli piramidale. Riconosce all’essere fisicamente maschio un rapporto di rappresentanza e interpretazione della Rivelazione specifico, privilegiato. Da vero, insindacabile monopolio.

Negli anni seguenti il Concilio Vaticano II molto si discusse sia sulla storicizzazione della interpretazione dei testi rivelati, sia sulla necessità di riconoscere i diritti del “popolo di Dio”: anche dei laici e dei consacrati donne e uomini, attraverso una cura dimagrante del potere sacerdotale celibatario.
Si sarebbe dunque potuto pensare anche a un allargamento alle donne del sacerdozio. Invece no, tutto si è di nuovo stabilizzato a partire dalla {{conferma del celibato dei preti.}} Una cosa di poco conto?

A leggere quanto scrive {{Stefano Ciccone}} ({Essere maschi,} Ed. Roserberg&Sellier, 2009) si può comprendere la dimenticanza progressiva della dimensione corporea, relazionale ed emotiva nella Chiesa dopo la fervida e straordinaria stagione conciliare.
Non certo però del corpo all’inizio e alla fine della vita. Su questi aspetti: del nascere da donna e del morire gli uomini di Chiesa pontificano continuamente.
L’essere celibi e casti , difficile disconoscerlo dopo l’avvento della psicoanalisi , costringe spesso a una una strenua difesa rispetto alle pulsioni vitali che portano alla relazione dei corpi anche nell’esperienza sessuale.

La politica, scrive {{Ciccone}} ( ma si può aggiungere anche la “politica” della Chiesa) “è stata (e per molti aspetti è) linguaggio e pratica eminentemente maschile. “.
_ E ancora: “(…) l’esperienza maschile è rimasta non detta, confusa con il sistema normativo patriarcale e con la sua rappresentazione storica che ne nega ( e ne occulta la parzialità. Vi è dunque un sapere maschile che ha ordinato la nostra realtà e la nostra identità, e vi sono oggi parole e sguardi femminili sul mondo che questo ordine hanno messo a critica. Oggi percepisco che quel sapere proprio del mio genere non mi permette di vedermi, di dare voce a domande che percorrono la mia vita e quella di altri uomini, di leggere cambiamenti che attraversano la nostra realtà.”.

Mi pare si possa dire che gli uomini di Chiesa sono dentro questa cultura e mentalità. Per dare voce alle donne gli uomini del Potere nella Chiesa, per la Chiesa, dovrebbero accogliere l’invito di Ciccone: “La riflessione critica sul maschile e nel maschile si rivela sempre più un nodo obbligato per una pratica di trasformazione e per una lettura delle tensioni del presente.”. Forse dopo, soltanto dopo, potrebbero raccogliere anche l’invito e il desiderio di Emma Fattorini e di Liliana Cavani.