Riprendiamo dalla newsletter di Pangea “da persona a persona” n.2/08 l’intervento di Simona Lanzoni, responsabile progetti, sulle motivazioni che hanno portato a far nascere il progetto che vuole estendere gli interventi di Pangea Onlus, già impegnata in vari paesi del mondo per i diritti delle donne, anche all’Italia, in particolare sostenendo progetti e attività nel campo della violenza contro le donne.
Donne, in Afghanistan, in Nepal, in India, in Congo…ogni volta, tornando a casa, i volti, le voci, le storie si confondono. Gli insegnamenti, invece, quelli rimangono indelebili, anzi, tornano indietro come un boomerang e “rompono” le finestre della propria casa, l’Italia.

{{Tornando in Italia}} dopo essere stata nei luoghi e con le donne dei progetti supportati da Pangea, in altre culture e in altre tradizioni, è entrata nel mio bagaglio sempre più pesantemente una domanda: “Perché non finanziare anche in Italia programmi simili a quelli che realizziamo all’estero?
{{Perché andare a fare la ‘lezione’ sull’emancipazione}}{{ e sui diritti delle donne, quando in casa nostra il divario salariale tra uomini e donne è tra i più alti d’Europa e quasi sette milioni di donne hanno subito violenza fi sica o sessuale (Rapporto dell’Istat 2006)?”.}} Sicuramente implementare progetti di cooperazione allo sviluppo in altre culture è importante e aumenta il nostro bagaglio di conoscenze, ma allo stesso tempo è anche {{uno specchio di ciò che non si riesce a far rispettare a casa propria.}}
{{In Italia}}, Paese tra gli otto più sviluppati del mondo, è sempre più evidente che {{c’è ancora molta strada da fare per le conquiste delle donne.}} Nel contempo arrivano da più parti segnali di regresso già sul piano del lavoro (in Italia riesce a lavorare solo il 46,3 % delle donne; sette milioni in età lavorativa sono fuori dal mercato del lavoro; al sud il tasso di occupazione crolla al 34, 7%. Alle donne è destinato uno stipendio inferiore di un quarto rispetto a quello del collega maschio. I dati sono della Presidenza del Consiglio, lo chiamano “differenziale retributivo di genere”, è pari al 23,3 %. Secondo il protocollo di Lisbona del 2000 (UE) l’occupazione femminile deve diventare il terzo ingrediente, insieme a produttività e retribuzioni, di una strategia nazionale che voglia davvero contrastare declino, disagio e impoverimento delle famiglie), sia su quello culturale, per es. aumento dei casi di bullismo tra i giovani, e di violenza di genere come ad esempio lo stalking. Inoltre, {{la presenza delle donne migranti}} ci pone di fronte a complessità culturali a cui non sempre sappiamo rispondere, ma ci obbliga a riflettere perché non si può chiedere solo il rispetto di certi doveri, bisogna anche garantire dei diritti, che a volte nei loro Paesi d’origine non sono riconosciuti o rispettati e forse, visto che immigrate, neanche lo sono qui.

{{Cominciare da sé, da dove si vive}}, dove Fondazione Pangea nasce, per poter essere un fattore di cambiamento positivo nelle relazioni tra uomini e donne, anche per le donne in Italia. Da questo pensiero nasce {{Pangeaprogettoitalia}}, che vuole essere una risposta a quella parte mancante del puzzle del nostro intervento; per agire concretamente tessendo il filo della solidarietà come metodo di riscatto individuale e collettivo al femminile, attraverso progetti di sviluppo ovunque nel mondo, anche in casa propria. Vogliamo creare{{ un ponte immaginario tra le donne che vivono situazioni difficili in Italia e le donne che vivono in luoghi e situazioni diffi cili nel resto del mondo,}} al fine di garantire l’accesso alla conoscenza dei propri diritti a tutte, le pari opportunità, la possibilità di riscattare la propria vita da impoverimento, violenza, guerra e aiutare la partecipazione delle donne alla vita sociale, economica e politica, alla leadership al pari degli uomini.

Nasce da questa riflessione l’idea di sostenere da un lato le organizzazioni che sul territorio italiano offrono servizi di prevenzione, tutela, cura e accompagnamento alla risoluzione della violenza contro le donne e dall’altro di sensibilizzare al problema, affinché si prenda coscienza che la violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica è una vera e propria piaga nella nostra società, a cui si deve dare una risposta tutte e tutti insieme. Abbiamo chiesto a quattro centri antiviolenza di creare {{un partenariato}}, Pangea finanzierà attività che non sarebbero state sostenute nel 2008 da enti pubblici o privati, attività rivolte sia al recupero e alla tutela di donne vittime di violenza, sia al rafforzamento della professionalità dello staff interno e della struttura dei centri.

Le competenze maturate sin dagli anni ‘80 dalle donne dei centri antiviolenza, spesso volontarie auto-organizzate, permette oggi di dare una risposta concreta a questo fenomeno che affonda le sue radici nella cultura patriarcale della società in cui viviamo. {{Noi di Pangea}} speriamo di poter contribuire con l’aiuto di tutte e tutti Voi al supporto di alcune attività dei centri antiviolenza, partecipando al cambiamento positivo di atteggiamenti sociali e culturali obsoleti sia tra gli uomini sia tra le donne, senza continuare a negare l’evidenza del fenomeno su cui tutti dovrebbero riflettere e prendere le dovute misure e distanze, per facilitare la vita alle nuove generazioni di donne come di uomini.

{Simona Lanzoni,
Responsabile Progetti}