Il 9 marzo, a Roma, in Campidoglio la Consulta permanente cittadina per i problemi penitenziari ha rievocato una parte della molteplice attività di Leda Colombini, ex parlamentare del Partito Comunista, deceduta a 82 anni, a dicembre, per un malore dentro il carcere di Regina Coeli : l’impegno nelle carceri, soprattutto accanto alle madri carcerate con bambini.Tutti i presenti, rappresentanti delle istituzioni, della amministrazione carceraria, dell’associazionismo, del volontariato, dei carcerati, che l’hanno incontrata hanno testimoniato come sia vissuta secondo una pratica che si individua immediatamente in {{alcune osservazioni scritte dalla stessa Leda: }}
“Viviamo in un periodo in cui parole come solidarietà, condivisione, uguaglianza, sembrano essere per pochi: forte è la tendenza a chiudersi nella difesa delle proprie scarse e precarie certezze, per chi ne ha. L’egoismo, dunque, da difetto morale individuale rischia di diventare il tratto distintivo della società”.

Il fare in lei precedeva sempre il dire. E il fare era legato alla contingenza, al contesto, fino a preoccuparsi “del cambio delle mutande del carcerato indigente che non le aveva” ricorda {{Simonetta Matone,}} Vice-Capo vicario del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria.

La stessa dottoressa Matone ne ha fatto {{una breve e suggestiva ricostruzione biografica}}: da poverissima bambina bracciante, partigiana a dodici anni, con studi interrotti alla quinta elementare e ripresi nel 1948 nei corsi di formazione organizzati dal Partito Comunista, alle più alte cariche pubbliche, emancipandosi da una condizione subalterna con un con un grande orgoglio di genere e con “umana bontà”, categoria di cui, a differenza della abusata “cattiveria umana”, ci vergogniamo di parlare perché sentita retorica, ma di cui lei era ricca e bisogna ricordarlo, perché questa alimentava anche la sua ideologia.

Così è stata capace di individuare anche{{ i nervi scoperti del carcere italiano}}: i bambini e le madri in carcere, la mancanza di spazi, di salute. Toccava questi fili capace di gestirne i rischi, imponendoli all’opinione pubblica, senza strumentalizzazione ideologica.
Al suo funerale, celebrato nel teatro del Carcere di Rebibbia, ha ricordato perfino il sindaco di Roma Alemanno, c’erano persone di tutte le parti politiche e di tutte le classi sociali.

Questa mattinata in Campidoglio, quindi, per molti operatori carcerari è stata {{ occasione di programmazione per una riforma carceraria assolutamente necessaria}}, per non continuare a considerare il carcere come luogo di separazione totale dalla società civile e di latitanza dello Stato. Si è parlato anche del {{progetto ICAM,}} Istituto di Custodia Attenuata, da costruire nel parco di Aguzzano, per madri con bambini di età inferiore ai tre anni.

Unica delusione: il pur motivato desiderio di parlare dei rappresentanti delle istituzioni, ha costretto in un breve momento finale le parole di {{una testimone preziosa, Graziella }} che, a sala semivuota, invitata al microfono ha concluso:
“ Sono una donna rom, nel carcere ho conosciuto Leda, ha aiutato me e le mie bambine, ora sono fuori, ho un lavoro, le bambine sono a scuola. Lo devo a lei”