L’iniziativa del 6 marzo nella sede della rappresentanza italiana al Parlamento Europeo a cura dell’AFFI sul tema{ Democrazia paritaria e riforma del sistema elettorale- L’impegno delle donne per una democrazia inclusiva } ripropone con un passo avanti il dibattito che nelle scorse settimane aveva animato i nostri siti. La [mozione lanciata a Trieste->https://www.womenews.net/spip3/spip.php?article9976], quasi alle soglie delle primarie per le candidature a sindaco in alcune città, ribadisce con fermezza uno dei presupposti- forse il principale- della democrazia: {{la presenza paritaria di donne e uomini nella formazione delle leggi}}.

Non si tratta di “quote rosa”- precisa la mozione- ma di una “necessità storica”: i soggetti sono due, di cui per secoli, uno- l’uomo – ha negato visibilità all’altro, la donna.

Di quel testo ho apprezzato il rigore intransigente e volentieri l’ho sottoscritto, anche se l’espressione “in tutti i luoghi in cui si decide” andrebbe a mio avviso depurata di un assolutismo generico che non mi sento di condividere
del tutto. Sono, ad esempio, d’accordo sotto questo aspetto con {{[Lidia Cirillo->https://www.womenews.net/spip3/spip.php?article9996],}}
quando afferma che il 50/50 non si sentirebbe di rivendicarlo nei luoghi decisionali della mafia, né in quelle che lei chiama “le burocrazie vaticane”, e avrei qualche incertezza a rivendicarlo nei Consigli di amministrazione di aziende private…. Si tratta di luoghi che nulla hanno a che fare con la democrazia ( papa Wojtyla l’ ha detto senza ambagi “ la Chiesa non è una democrazia”).

Io il 50/50 {{lo rivendico nelle candidature per le rappresentanze istituzionali}}: Parlamento nazionale ed europeo, Consigli regionali, assemblee consiliari degli Enti Locali, Organi collegiali elettivi a tutti i livelli…. le sedi, insomma, dove avviene la formazione di leggi e delibere che riguardano la {{qualità}} della nostra vita di cittadini e cittadine, e anche di coloro che vivono nel nostro paese e ancora non godono dei diritti di cittadinanza.

Dalle leggi nazionali in primo luogo, dalle leggi regionali, dalle delibere degli Enti Locali, dei Municipi…. e, addirittura-pensate!- dalle delibere degli Organi Collegiali delle scuole deriva la condizione del rispetto della libertà di coscienza, del diritto all’autodeterminazione di donne e uomini nei diversi momenti della vita, del riconoscimento dei diritti umani, civili, economici , sociali e culturali , insomma, il livello di democrazia di un paese fondato come la nostra Repubblica sulla democrazia costituzionale.

{{ Non penso che rivendicando una rappresentanza paritaria in tali luoghi, noi
inviamo un messaggio di affidamento a “questa” politica che riteniamo inaffidabile. Dovremmo essere folli per farlo!}}

Credo piuttosto che {{la “politica” non sia qualcosa di immodificabile,}} credo che dipenda da noi, dai movimenti che sono vivi- anche se insufficienti e frammentati a causa dei localismi e della tanta voglia di protagonismo- diffondere idee, aspirazioni che possono modificare gli orizzonti…

Abbiamo avuto più volte occasione di renderci conto che l’indebolimento dei movimenti femministi ( e non solo) non è tanto dovuto al fatto che rappresentanti dei movimenti sono entrate/i nelle sedi istituzionali, quanto{{ il loro farsi ceto politico}} non mantenendo un rapporto costante e costruttivo coi movimenti.
Ma non è questo un motivo sufficiente per rimandare sine die la nostra rivendicazione di una presenza paritaria nelle liste elettorali.!

Ritengo piuttosto che sia necessario {{distinguere due piani}}: quello della presenza paritaria nelle liste elettorali- che è- come dire- un atto dovuto- da quello di una politica formata dalle aspirazioni e dalle lotte dei movimenti delle donne, che ha altri luoghi per manifestarsi e consolidarsi, ma che potrebbe influenzare positivamente la “politica delle istituzioni” con una consistente presenza di donne in grado di sostenere diritti e ragioni prima del loro sprofondamento in una rassegnazione lontana dalla politica ma anche dalla speranza nella forza risolutiva dei movimenti…

A questo punto, si profila nel nostro percorso {{un altro fondamentale problema }} : non è detto – a meno che non si intenda subire il ricatto delle liste bloccate scelte “dall’alto”- che l’inserimento 50/50 nelle liste elettorali comporti l’elezione del 50/50 …

Un tentativo di soluzione è stato elaborato in questi ultimi anni dal gruppo di associazioni promotrici dell’{{[appello “Noi rete Donne”->https://www.womenews.net/spip3/spip.php?article9560]}}, un gruppo di lavoro che ha accomunato nella ricerca e nella proposta esperienze diverse ed ha portato all’elaborazione di un progetto di riforma paritaria, applicabile a qualsiasi sistema elettorale.

Cuore della proposta che verrà presentata dall’AFFI il 6 marzo è{{ la doppia preferenza di genere}}. Ciascun elettore/trice potrà indicare nella scheda un nominativo maschile e un nominativo femminile ( la libertà dell’elettore/trice non viene scalfita in quanto si può votare anche un solo nominativo, o nessun nominativo. Unica preclusione l’indicazione di due nominativi dello stesso sesso).

Si tratta nulla più che di un incentivo (altri ne sono previsti nella proposta di legge), ma io lo definisco “un passo avanti”, una sorta di prosecuzione di un 50/50 vittorioso, come “ un secondo tempo” in cui dalla candidatura “certa”, si possa passare a un’ elezione almeno “più probabile”…

Un passo avanti {{ancora insufficiente, ma importantissimo}}, se solo ci soffermiamo a scorrere i vari progetti di legge elettorale, nei quali- neppure in quelli elaborati da amici e compagni!- si fa mai cenno a una presenza paritaria…

Dovremmo batterci ( anziché ritrarci) perché donne che hanno condiviso, partecipato e sostenuto le nostre battaglie possano entrare a far parte di quel 50 e siano disposte a sostenere ( e a praticare) quello che è il punto forte della mozione di Trieste: o le donne in lista sono la metà, oppure non ce ne sarà nessuna.