Ridotto a una caricatura di se stesso, il potere maschile affonda nel fango ma non cede, perché una sotterranea e inconfessata alleanza di genere lo sostiene. A cosa attribuire altrimenti le invereconde recite che vediamo rappresentate sulla scena pubblica italiana? Cosa si giocano tra loro questi maschi che scivolano non sulle loro politiche razziste, autoritarie e classiste, ma su corpi di donne usati e violati? Riemerge con forza il vero punto di rottura continuamente negato, l’impari rapporto tra i sessi. Vediamo corpi di donne mercificati al centro della scena mediatica e della pruderie nazionale, mentre nei fatti si continua a ostacolare {{“le” }} donne nel diritto e nella capacità di contare, puntando sull’invisibilità di tutte quelle che non stanno in vetrina, e anche sul disgusto che le tiene lontane dall’idea di competere per avere potere in questi termini e in questo contesto.

Che cosa occorre per raggiungere a ogni livello di responsabilità una significativa presenza di soggetti femminili, e di punti di vista femminili in grado di influire davvero sul farsi della società?

Dati i tempi, queste {{sembrano domande che riguardano un altro pianeta.}} E almeno ci fosse, un altro pianeta da cui ricominciare, come nei fantastici libri di {{Ursula Le Guin}}! Invece, già sta sbiadendo persino in alcune aree femministe l’idea che questa lotta sia ancora da fare. In fondo, ragionano alcune, è una questione che sta alle nostre spalle, la divisione di genere fra donne e uomini rischia di essere una riduttiva dicotomia, una stereotipata polarizzazione, una rigida categorizzazione quasi essenzialista.

Certo, le nette divisioni di campo corrono questi rischi, ed è vero che sta emergendo un altro profilo del concetto di genere, {{un profilo nomade, fluido, in mutamento, non più precisamente definibile}}… ma la storia ci dice che ogni lotta ha dovuto inevitabilmente {{attraversare una fase “identitaria” per definirsi e definire i propri obiettivi}}: “il punto di vista dell’altro collettivo e concreto”, come dice {{Nancy Fraser}} (i neri, le donne…), che partendo dalla parzialità offre una nuova visione dell’insieme.

A obiettivi raggiunti, si può ipotizzare che la dicotomia si sciolga e sia possibile uscire dalla soffocante gabbia “rivendicativa” per {{vivere nuove, trasversali relazioni e lavorare sui nodi sensibili della dinamica sociale}}, mettendo in campo la potenza creativa di tutte le soggettività finalmente liberate.

Ma gli obiettivi sono stati raggiunti? O perlomeno se ne vede vicina la realizzazione? Mi piacerebbe tanto condividere l’ottimismo di alcune, però quando guardo alla situazione generale in cui ci troviamo, sento brividi corrermi per la schiena. {{Non per il silenzio “delle” donne – che inascoltate continuano a parlare nel deserto – ma per il silenzio “sulle” donne e su ciò per cui hanno lottato e lottano.}}

Qualcuna dirà che però sono aumentate le donne a capo di alcuni vertici, e che comunque le donne sono ormai dappertutto, e che bisogna avere pazienza, perché la trasformazione è ormai avviata…

Sbaglierò io, ma a me sembra che abbia ripreso forza – questo sì, a ogni livello – {{una cupa rappresentanza maschile neopatriarcale}} – questa sì, {{essenzialista}} – che si dibatte in una rovinosa ma eterna agonia. Luoghi privati e pubblici guidati da un grigio “clero” uniforme, pur se su sponde apparentemente opposte (quante volte li vediamo riuniti in tv e sui giornali, le immagini parlano), secondo un modello ereditato appunto da quelle religioni che all’origine della storia hanno decretato l’espulsione delle donne dallo spazio sacro e profano.

Penso che abbiamo ancora {{molto lavoro da fare per conquistarci un altro pianeta dove il femminile abbia piena cittadinanza,}} e gli uomini siano riusciti a vincere la volontà di dominio e le pulsioni distruttive che li portano a usare violenza contro le donne. Eterna guerra sempre rinnovata, perché il numero dei femminicidi su questo pianeta non si ferma, e addirittura aumenta.

Se provo a chiedermi cosa occorra per modificare profondamente lo stato delle cose, m’immagino allora {{una grande, travolgente onda d’urto }} simile al disgelo dei ghiacciai in primavera. Nei fatti, {{una forte ripresa del movimento e del pensiero femminista di base}}, rielaborato e aggiornato, com’è giusto che sia, grazie ad alcune nuove intuizioni delle giovani generazioni. E, se possibile, {{in confronto dialettico con quei rari gruppi di uomini che da anni, sollecitati proprio dal femminismo, s’interrogano}} su un possibile altro modo di essere maschi, perché se loro non cambiano difficilmente cambieranno le cose.