Una rarità assoluta. Anzi: un caso davvero più unico che raro. Così è stata presentata, al momento del suo debutto nel palinsesto televisivo, la “bruttina” Betty protagonista del telefilm omonimo.La serie tv, da poco in onda anche sulle nostre reti e già oggetto di culto negli USA, è divenuta in poco tempo un appuntamento fisso per i cosiddetti “nerd” (gli outcast della società statunitense: i giovani “sfigati” spesso riuniti in caste di fans di saghe, fumetti, o telefilm, appunto). Da noi fatica un po’ ad imporsi, invece, tanto da aver già cambiato collocazione: dal venerdì sera, Betty è stata fatta traslocare a un “meno impegnativo” mercoledì.

Spicca, dunque, per contrasto, questa inedita protagonista dell’universo della fiction. Anche in Italia dobbiamo fare un po’ l’abitudine a una star tanto poco attraente, che viola esplicitamente la prima legge occulta del medium televisivo: quella dell’“anche l’occhio vuole la sua parte”.

Ma chi è questa Betty? La ragazza non molto attraente è, per altro verso, una creatura sorprendentemente “bella dentro” (anche in maniera eccessiva, probabilmente): un concentrato di virtù un poco inverosimili. Orfana di madre, lei che ha solo 22 anni accudisce pazientemente il padre malato e mantiene la famiglia sulle spalle (anche un fratellino e un’altra sorella), facendosi largo nel mondo dell’alta moda newyorkese grazie al suo talento personale. L’ennesima riproposizione della favola di “Pretty Woman”, insomma. La variante è tutta lì: nel suo non essere particolarmente “pretty”. Ma lo slittamento semantico è fondamentale.

Il mondo della moda, una come lei, può solo spiarlo dall’esterno, certo: ma dalla porta d’ingresso privilegiata di un blasonato e ultrapatinato settimanale femminile. Ad ogni istante, viene fatto di chiedersi: ma che ci fa, una così, là dentro?
_ Betty è la portatrice dello sguardo spettatoriale nel folle mondo della moda, di cui emergono man mano tutte le storture: i ritocchini al computer per correggere i presunti difetti di modelle bellissime, le invidie e le rivalità che regolano i rapporti umani. Tutto è descritto con sguardo feroce e particolarmente impietoso.

Il tono della serie, comunque, è prevalentemente satirico e si fa beffe ad ogni istante dei, purtroppo, non troppo improbabili, personaggi di contorno. Dal playboy-bamboccio, messo a capo della rivista dal potente papà, e che non riuscirebbe a sfangarla se non fosse per le dritte della segretaria Betty, all’esilarante direttrice creativa Wilhelmina Slater, 39 anni, ex modella, accudita premurosamente dall’assistente gay (più che un character, una macchietta). Il suo è il personaggio più interessante della serie, probabilmente.
_ Una donna matura, ancora molto affascinante, e molto in gamba. Ma perché mai si dovrebbe fare il tifo per il fatuo damerino figlio di papà, piuttosto che per lei?! Ecco servita la risposta: perché la manager, che non ha le spalle altrettanto protette, è una vera e propria vipera che non esita a compiere azioni subdole e meschine. Solo così ha potuto emergere e farsi strada nel settore, nonostante tutta la sua abilità personale.

I messaggi, insomma, sono ultra-realistici e a dir poco sconfortanti. Ma poi,{{ la tv torna ad assolvere alla sua missione consolatrice}} (tanto più qualora si rivolga ad un pubblico di “non eletti”) e, nonostante venga ripetutamente bersagliata dalla sorte, la “nostra” Betty esce puntualmente vittoriosa da tutte le traversie che incontra, grazie unicamente alla sua bontà e generosità d’animo.
_ La solidarietà è, insomma, un bene che Betty ritrova solo quando ogni sera rientra a casa, nei bassifondi a cui appartiene, e torna ad avere a che fare coi suoi “simili”.
_ Lì, finalmente, torniamo con lei a respirare, e ad avvertire distintamente Betty e il suo mondo come qualcosa di “piacevolmente normale”.