La sua intelligenza, la sua logica concreta, la difendeva dall’affidare al destino un possibile futuro. Il futuro era per lei un dovere da conquistarsi con le unghie e con i denti, come tutta la sua vita, la vita di chi ha lavorato, ha creduto ed ha ottenuto, senza tanti privilegi.Tra l’urlo e il silenzio abbiamo scelto la parola, questo pensiero ha aperto per anni il “Paese delle donne” al quale da sempre Mariuccia Masala collaborava. Oggi dopo la sua morte, l’urlo e il silenzio sono più fedeli al dolore della sua mancanza, che non ho ancora realizzato e a cui non posso e non voglio credere, perché alla morte non ci si prepara mai, ti spiazza forse solo come l’amore sa fare, ma quest’ultimo con esiti ben diversi.

Devo fare a meno all’improvviso della tua presenza, delle tue idee, del tuo sentire, dei tuoi consigli. Io e te ci capivamo, ci aiutavamo, ci valorizzavamo, ci divertiamo.
Il vuoto che quest’assenza genera non voglio riempire, neanche in questo giornale, da Mariuccia molto amato. Deve diventare parola anche il pianto, il dolore di chi ti come me ti ha voluto bene.

Ci chiedono di tacerla la morte, di elaborarla, forse, solo nel privato di chi è coinvolto in quella dura prova esistenziale. Senza strumenti nella cultura occidentale si rischia spesso di morire da soli. Trovare le parole più vicine possibili a quella esperienza, pare sia sconveniente se non scandaloso.
La paura, l’angoscia, non ha voce, eppure esorcizzare non serve, una mancanza come quella di Mariuccia non può essere compensata.

Mariuccia, più che proteggere se stessa, ha cercato di proteggere le persone a cui voleva bene. Per la vita fino alla fine. Presente a se stessa e agli altri, non si è mai sottratta. Ha lottato non perché credesse in un miracolo personale e privato, niente a che vedere con il raggiungimento di una vecchiaia serena, scompigliando la medicina ufficiale e non. Forse il miracolo di cui stava facendo conoscenza era interiore, dell’anima, di una forza che non teme la guerra con il corpo per ristabilire un equilibrio. Lei nonostante tutto ci ha dato segnali per vedere che questo è possibile.
Sapeva essere discreta e piena di segreti confessabili nell’essenza di rapporti profondi in cui credeva e a cui si dava senza riserve, senza economia, con una sincerita’ gioiosa.

La sua intelligenza, la sua logica concreta, la difendeva dall’affidare al destino un possibile futuro. Il futuro era per lei un dovere da conquistarsi con le unghie e con i denti, come tutta la sua vita, la vita di chi ha lavorato, ha creduto ed ha ottenuto, senza tanti privilegi.

Era questo coraggio, questa gioia di vivere che le faceva progettare il futuro per i prossimi cinquanta anni. La sua impronta nel mondo non l’aveva lasciata del tutto. Del mondo, lei ancora giovane, voleva conoscere, con altre donne ancora progettare.
Abbiamo condiviso “Madrigale”, la sua avventura a Milano nella sezione “Teresa Noce”, la pubblicazione di quell’esperienza “Signora Sezione” con la nostra casa editrice napoletana “Magistra”. Abbiamo pensato ed organizzato convegni nella nostra regione, confrontandoci nelle scelte di lavoro, in politica per cui aveva un’ autentica passione. Di piccoli fatti quotidiani parlavamo, come della sua malattia, al cui confronto non si è mai sottratta, mettendo in comunione le risorse , le speranze che aveva. Come facevi, mi sono chiesta tante volte, perché questa sfida senza cedimenti visibili? Solo adesso comincio a capire, la vita per te non era solo un fatto privato; alla vita attribuivi un valore più grande, eri capace di percepire il desiderio dell’altra che apriva nell’incontro con te un nuovo orizzonte di relazione.

Grazie Mariuccia perché nel buio più feroce sapevi scoprire qualcosa che valeva la pena di essere vissuto, qualcosa di nuovo, intenso. difficile, come la conoscenza non solo di sé ma anche della natura, del mare; di cui non sapevi più fare a meno in sintonia con una solitudine che inventa sempre, ed ancora oggi, nuove speranze.
Hai preso per adesso congedo da noi. Il nostro amore, in una nuova vita possibile, ti sia vicino e se oggi non esistono preghiere, per te sola ne inventerò una nella lingua che io e te conosciamo.

{Da Il foglio del paese delle donne n. 35/36 2003}