Ruslan, Ramzan e Islam sono i protagonisti del bellissimo film di Masha Novikova, vincitore alla recente Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro del {“Premio Amnesty International”}. Le tragiche vicende parallele dei tre idealisti ragazzi ceceni, uniti da una salda amicizia fin dalla più tenera infanzia, vengono ripercorse in questo partecipe documentario: un legame, il loro, nato sui banchi di scuola e approfondito in seguito dalle ore trascorse insieme negli ampi cortili di gioco di Grozny, oltre che dalla comune passione per il cinema e la musica occidentale. I tre si confessano, difatti, fan entusiasti di gruppi mitici come {Led Zeppelin, Deep Purple, Pink Floyd} e {Beatles}. “Ascoltare musica occidentale era considerato un’attività anti-sociale dal regime comunista: la nostra era anche una forma di protesta” ricorda Islam. La pellicola della regista russa si apre e chiude proprio con le belle immagini di questo terzetto di amici che canta e scandisce il ritmo accelerato di celebri pezzi rock, godendosi il ritorno a casa in macchina in una qualsiasi notte di pace a Grozny. Un’istantanea dal malinconico fascino, che potrebbe venir applicata senza sforzo a qualunque altro gruppo di amici in un punto qualsiasi del globo. Qui, tuttavia, ci troviamo subito prima dello scoppio della prima guerra cecena e proprio tale consapevolezza acuisce il dolore per la perdita di quella stessa bellezza, di quel momento perfetto che finisce deturpato dall’improvvisa follia susseguente (è l’autunno del 1994).
_ La cineasta utilizza a più riprese brani musicali a definizione e commento di origine anglosassone (si riconoscono, fra gli altri, {Dire Straits, Michael Jackson, U2, Red Hot Chili Peppers}). Una scelta che vuole evidentemente {{“internazionalizzare” eventi purtroppo circoscritti anche nelle coscienze}}.
_ Ben altra musica, quella che saluta il capodanno del 1995, per i ceceni. Al posto dei festosi scoppi di fuochi d’artificio, a dare il benvenuto all’anno nuovo per le popolazioni colpite interviene il suono di esplosioni tutt’altro che allegre: sono i bombardamenti che hanno cominciato a mietere un numero impressionante di vittime fra i civili.

Il registro all’avvio scanzonato di {“Three Comrades”} si altera, dunque, impercettibilmente fino a pervenire alla progressiva presa di coscienza di un destino che non può essere altrimenti che tragico, in un simile contesto, per i due cameraman Ramzan e Ruslan.
_ Una sorte non molto migliore attende il terzo di loro, il medico Islam: incriminato per false accuse, è costretto a scontare dieci anni di carcere durissimo. E’ egli stesso a citare il {Sistema dei Gulag}, ancora, incredibilmente, operativo su suolo russo, senza che qualcuno, nel sempre più impassibile Occidente, abbia nulla da eccepire.
_ La regista attinge a piene mani al materiale di repertorio filmato dai due ardimentosi reporter. Se Ramzan e Ruslan possono essere “riportati in vita” solo tramite i videotape registrati, come struggenti presenze fantasmatiche nelle vite tormentate dal ricordo di chi è rimasto dietro di loro, la macchina da presa acquisisce il diritto di restare incollata proprio ai {{volti impietriti dal dolore e alle testimonianze delle mogli, le madri, le sorelle, le figlie}}. Qui, difatti, non può più sussistere alcun discorso di pudore: le famiglie dei due protagonisti sono perfettamente a loro agio di fronte alle telecamere, avvezze come sono a finire sotto il loro vigile occhio, e sono perfettamente consce dell’importanza testimoniale di quelle immagini registrate (tanto più che è proprio per riprendere i fatti così come avvenivano in quei giorni terribili che i loro cari hanno perso la vita). {{La sofferenza profonda che traspare nei racconti delle donne rimaste}} rappresenta quanto riempie maggiormente di sgomento, in questo necessario film-inchiesta che, temiamo, difficilmente vedrà la luce nelle nostre sale. Ma è l’ennesima crudeltà che la sorte ha in serbo per le popolazioni cecene: è proprio di film che scavano coraggiosamente alla ricerca di verità sepolte come questo, che c’è maggior bisogno, nel mondo d’oggi.