Teresa Buonocore è l’ultima donna vittima di una lunga teoria di uccisioni, nella
quale la straordinaria coincidenza tra un evidente fare camorristico dei carnefici,
il mutismo dei testimoni occasionali e l’autodifesa in solitudine delinea la qualità
del patto sociale.
Teresa Buonocore è morta, uccisa da sconosciuti, dai soliti sconosciuti.
Abbracciare e solidarizzare coi figli, o aver plaudito al coraggio di Teresa nel
proteggere la sua bambina per proteggerne altre, è ed è stato doveroso, ma comunque
la cosa più comoda che si possa fare.

Si deve dire di più quando una donna muore essendo l’ultima vittima del coraggio di
lasciare, denunciare, ribellarsi.
Teresa Buonocore è l’ultima donna vittima di una lunga teoria di uccisioni, nella
quale la straordinaria coincidenza tra un evidente fare camorristico dei carnefici,
il mutismo dei testimoni occasionali e l’autodifesa in solitudine delinea la qualità
del patto sociale.

Come in molta parte della difesa dei diritti delle cittadine, sul femminicidio lo
Stato Italiano è flebilmente presente, e lo è per lo più solo dal punto di vista
comunicativo.
_ Si tratta di una comunicazione alla quale si sono piegati anche alcuni
media, sottolineando sempre ed ossessivamente “la necessità del coraggio da parte
delle vittime”.

Teresa ha avuto coraggio. Di più ha elargito dignità, pagando nei tribunali e fuori,
fino ad essere soppressa.
_ Noi dobbiamo avere fiducia negli inquirenti, perché con loro abbiamo costruito un
rapporto di collaborazione nel sostegno alle vittime che “hanno il coraggio di
denunciare”, un protocollo tra femminismo e questura di Napoli.

Abbiamo anche noi
avuto coraggio, a sperimentare una strada che nel 2005 sembrava impercorribile,
avviando il dialogo nei luoghi dove la violenza è intercettata: commissariati ed
ospedali.

{{Teresa ha avuto coraggio ed ha investito su una risposta che dallo Stato non è venuta}}.
_ Non si tratta di fatalità, come non lo è stata per Matilde Sorrentino, nemmeno a
dirlo, uccisa con modalità camorristiche, per aver difeso i figli di tutte dagli
orchi di Torre Annunziata.

C’è tanto da fare nel nostro paese, simbolicamente, a partire dai luoghi dove la
proprietà sui corpi e la pretesa del silenzio esibiscono l’affronto aperto alla
sovranità dello Stato di diritto.
_ Non si tratta solo del Sud, o almeno si tratta di
quel sud che è ovunque la comunità nazionale individua nella vittima “la colpa di
non aver avuto coraggio, ed insieme di averne avuto troppo”, cioè dovunque c’è una
cittadina di serie b, una donna.

In questi giorni {{Dacia Maraini}} ha affermato che la serie infinita dei femminicidi
mostra la scomposta reazione alla maggiore richiesta di libertà delle donne, merito,
ha detto, del femminismo.
_ Noi aggiungiamo che c’è un altro merito, taciuto ancora pervicacemente nella
categoria “le femministe dove sono?”, oltre la rivendicazione della sacrosanta
libertà, di tutti, dalle violenze contro le donne.

È il merito di aver promosso il
“tema culturale” del femminicidio, facendolo approdare tra le istanze di piena
responsabilità e competenza del potere politico.

Se i cittadini spettatori non parlano, se le vittime sono sole, se alle donne viene
chiesto il coraggio di morire, {{se lo Stato protesta come un comune cittadino e come
quello si rifugia nella retorica}}, vuol dire che manca qualcosa.

Nella difesa di
molti diritti manca qualcosa, ma quel qualcosa che manca nel caso delle uccisioni
sistematiche delle donne è la presenza simbolica dello Stato, che altrove si esprime
se pure in modo inefficiente.

{{Contro altri reati, lo Stato tiene a difendersi dalle accuse dei cittadini per i
suoi insuccessi}}. Questo perché il danno provocato dei reati camorristici,
comunemente detti, e corruttivi, comunemente detti, con leggi e provvedimenti, è
riconosciuto formalmente come danno allo stato ed alla comunità tutta.

Contro le violenze sulle donne e la loro uccisione, non è avvenuto nulla di più che
l’introduzione di una parola, che sembra uno sport (stalking, che come dice Maraini
andrebbe sostituita con persecuzione) e la diffusione di {{uno spot che reclamizza un
prodotto che non si vende e non è a disposizione dello Stato}} : il coraggio delle
donne.
_ Il dolore che di nuovo proviamo è pieno di rabbia.