La memoria è molto selettiva, si sa, e a volte gioca dei brutti scherzi.

hannah-arendt-2Così succede che di un film molto bello e molto “colto”, quello della Von Trotta su Hanna Arendt, mi si ripresenti subito alla mente, prima di tutte le altre sequenze, quella in cui la filosofa è sdraiata sull’ottomana (dopo pranzo?) nella sua casa di New York, fumandosi in santa pace una sigaretta, ripensando e mettendo in fila le cose della giornata (almeno, questo io penso che lei facesse). Ricaricava le batterie, e forse ciò la aiutava a “tenere il punto”, con la fermezza e l’ostinazione necessaria, in mezzo ai tanti che la criticavano ferocemente per la sua “non fedeltà” alle appartenenze, per il suo troppo libero giudizio.

E di Karol Wojtyla, il giorno dopo la sua discussa e discutibile canonizzazione, mi piace ricordare non tanto la sofferenza e il sacrificio troppo a lungo esibito, ma la passione per la montagna, che ha mantenuto finché ha potuto, non solo nei suoi “anni migliori”, ma finché un briciolo di forza glielo ha consentito, andando in incognito il martedì almeno un centinaio di volte sul Gran Sasso, mettendosi in fila con gli altri turisti all’impianto di risalita, munito di una mini-tenda per riposare, accendendo un falò per il pranzo al sacco.

Facendo insomma le cose che tutti dovrebbero fare, i piccoli piaceri della vita che aumentano la nostra resilienza. Resilienza di cui tutti, prima o poi, abbiamo bisogno, per noi stessi o per aiutare gli altri. E una bella pausa, alla peggio un bel ricordo – in questi casi – aiuta sempre.