Si è tenuta oggi, nella Sala Stampa del Senato, una conferenza stampa indetta dalle parlamentari di Rifondazione Comunista/Sinistra Europea, Comunisti Italiani, Sinistra Democratica e Verdi sulla proposta recentemente avanzata di innalzare a 65 anni l’età pensionabile delle donne.Hanno preso la parola le onorevoli Daniela Alfonzi, Loredana De Petris, Marilde Provera, Giovanna Capelli e Daniela Dioguardi: quest’ultima particolarmente furente, ha concluso gli interventi con toni tutt’altro che concilianti e un piglio particolarmente combattivo. Ma, in generale, le varie parlamentari hanno fatto sentire il loro forte dissenso a una sola voce, contro la ventilata ipotesi di un provvedimento inviso a milioni di donne lavoratrici nel nostro Paese, poiché avvertito come particolarmente ingiusto. Importante l’intervento di una giovane lavoratrice precaria, Silvia Ferrante, che la pensione la vede come un miraggio e ha portato all’attenzione l’altrettanto grave problema del precariato che coinvolge tantissime donne italiane.

{{Sen. Daniela Alfonzi:}} “Abbiamo ritenuto che fosse indispensabile fare il punto su un dibattito che ci è un po’ capitato tra capo e collo, negli ultimi giorni. Noi pensiamo che debbano sempre essere le protagoniste a raccontare le proprie esperienze di vita. Io inviterei a fare proposte, non solo alle ministre, come la Bonino. Vorremmo chiedere ad altri esponenti dell’Unione, ad esempio, di interloquire con le donne, scendere in piazza e ascoltarle: parlando con loro, non per loro! Quest’idea di innalzare l’età minima pensionabile per le donne a 65 anni è una provocazione inaccettabile e irricevibile, perché non tiene conto delle vite reali delle donne. Finora era stato l’unico aspetto di riconoscimento del {{lavoro di cura}} che ancora oggi le donne svolgono: senza di esso, la nostra società non starebbe in piedi.
_ A guardare i regolamenti dei nidi, ad esempio, si vede quanti pochi bambini abbiano i requisiti per essere ammessi. Le donne in pensione, quasi sempre, accudiscono proprio i bimbi che non hanno servizi (oppure sono altre donne, straniere, sottopagate, a fare questi altri lavori).
_ Da un sondaggio recente è risultato che una percentuale attorno all’83% degli uomini si dichiara {{non contraria}} all’innalzamento dell’età pensionabile per le donne. E’ un segnale del {{mancato riconoscimento}} e della {{mancata riconoscenza}} per il lavoro delle donne dalla cultura patriarcale di questo Paese”.

{{Sen. Loredana De Petris:}} “Anche il Senatore Dini recentemente si è molto concentrato sul problema, rimettendo la questione in un contesto avulso da tutto il resto, sulla scia di un’astratta idea di parità. Si fanno paragoni con Paesi come la Germania, dove però il Welfare è completamente diverso dal nostro. In Italia, circa il 60% delle pensioni minime, sono di donne. Per non parlare della fastidiosa questione dei {{“contributi persi”}}: quelli maturati, cioè, da donne che hanno lavorato anche per anni e poi hanno dovuto lasciare il lavoro (per accudire i figli o i genitori, magari… ). Guardate, sono tantissime! E’ un argomento scomodo per chi non ha dimestichezza con la verità, in questo Paese.
_ La brutalità della proposta è stata incredibile: senza fare una discussione seria sull’argomento nel suo complesso, si è parlato solo della necessità di far quadrare i conti!
Gli ultimi dati Eurispes mostrano come sempre più famiglie vivano ormai sulla soglia di povertà: e la situazione sarebbe ancora più drammatica, senza il lavoro delle donne”.

{{On. Marilde Provera:}} “La lettera delle lavoratrici della {“Lear”} di Grugliasco (TO), che {“Repubblica”} ha scelto di non pubblicare, dimostra l’atteggiamento colpevole dei mezzi di comunicazione. Quella lettera è lo specchio fedele della situazione del 99,9% delle donne occupate in questo Paese. Certo, non della mia, o della Bonino, o di quella degli uomini…
_ Per una donna è bello andare al lavoro: socializzi, ti togli di dosso il pensiero del lavoro di casa. Ma poi, questo, te lo ritrovi puntuale al rientro. E se l’azienda ti butta fuori un po’ prima, rischi di essere troppo vecchia per trovarti un altro lavoro. E non è vero che il dopo-fabbrica sia uguale per uomini e donne. Le donne in pensione non entrano in crisi d’astinenza come molti intellettuali uomini. Eppure, il lavoro delle metalmeccaniche della Lear richiede intelligenza, per non morirci sopra…
_ La situazione è tragicamente peggiorata dal ’92, col primo ritocco delle pensioni. Poi, nel ’95 la “Riforma Dini” ha ulteriormente peggiorato le cose. Oggi, la pensione dei giovani è peggiore di quella dei padri, perché è diverso il {{sistema di conteggio}}. Da Amato a Dini in poi, abbiamo fatto diversi disastri. Ci sono diversi conteggi da fare su Assistenza e Previdenza: noi continuiamo a contare nei conti della Previdenza, anche quelli dell’Assistenza (a differenza che in Europa).
_ E poi, è sempre la politica dei due tempi: prima i tagli, poi le conquiste. Sarebbe il caso di provare un po’ a ribaltare i due momenti, invece”.

{{Silvia Ferrante:}} “Sono un’esemplare di donna giovane, precaria, e che lavora nel settore terziario delle cure. Io mi preoccupo perciò più del precariato, che della pensione. Con i miei 1.000 euro al mese (e sono anche fortunata!) devo mantenermi e, magari, provare ad avere anche un po’ di vita sociale, che per me è comunque importante. Quando sarà, avrò una pensione bassissima e nel frattempo non ho nemmeno i soldi da mettere da parte. In più, ho solo {{contratti a progetto}}, quindi non ho continuità lavorativa: ci sono mesi in cui sono senza lavoro e ritorno ad essere mantenuta dai miei. Essendo nel terzo settore, non percepisco neppure uno stipendio fisso… ”

{{Sen. Giovanna Capelli:}} “Negli ultimi giorni sono in atto tre operazioni politiche. La prima riguarda il tentativo, da parte della stampa, di dimostrare, attraverso alcune tabelle l’insostenibilità del nostro sistema pensionistico. La seconda è il tentativo di contrapporre i giovani precari ai pensionati. La terza idea è quella di imporre il concetto che per far quadrare i conti bisogni alzare l’età pensionistica delle donne. E qui, il grosso guaio, è che lo dicono Dini e la Bonino.
_ Ora, il fatto che le donne vadano in pensione prima degli uomini è {{l’unico elemento di riconoscimento}} (pallido) del lavoro delle donne, anche al di fuori del luogo professionale.
L’occupazione femminile ha un andamento intermittente per forza di cose. Noi oggi abbiamo indetto questa conferenza per far emergere tutta la nostra indignazione per simili iniziative”.

{{On. Daniela Dioguardi:}} “Il dato più triste in questa vicenda vergognosa è che la proposta venga da una donna e da una donna ministra, che invece di confrontarsi con le donne, vorrebbe capovolgere la realtà della situazione: le donne sarebbero costrette a svolgere i lavori di cura dal fatto che vanno in pensione! Le donne di oggi, invece, sono coscienti e autodeterminate, ma la società si comporta come se ciò non fosse vero.
_ Noi oggi abbiamo uno stato sociale inadeguato, mentre la spesa sociale è tra le più basse d’Europa. Oggi ascoltiamo la roboante retorica della famiglia e abbiamo il tasso di natalità più basso d’Europa: una scelta consapevole in molti casi, certo, ma anche il segnale che da noi qualcosa proprio non va in materia.
_ Oggi le posizioni che si dicono riformiste sono posizioni reazionarie. Le vere riformiste siamo noi qui, oggi. Bisogna fare di più per la spesa sociale. Perché, poi, gli anni di maternità non dovrebbero esser conteggiati nella pensione? In molti Paesi europei è già così. Come avveniva per l’anno di leva, che veniva conteggiato come un anno di lavoro.
Stamattina, poi, ho voluto fare un’indagine sui detenuti nel nostro Paese, e, dal rapporto numerico emerso tra uomini e donne, è venuto fuori che noi donne facciamo risparmiare allo Stato circa 6.000.000 di euro l’anno! Visto che si parla sempre di partire a risparmiare a spese delle donne… ”